Chiusura delle liti minori: gli ultimi chiarimenti

le istruzioni per i contribuenti che intendono aderire (entro il prossimo 2 aprile) alla sanatoria delle liti pendenti alla data del 31 dicembre scorso, di importo inferiore ad € 20.000

L’art.29, c. 16-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha apportato alcune modifiche all’art. 39, c. 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, in Legge n.11 del 15 luglio 2011, ridisegnando in parte – come precisa la circolare n. 7 del 15 marzo 2012 – il perimetro applicativo della definizione delle liti minori.

Restando confermati i precedenti documenti di prassi – C.M. n.48/2011 e R.M. n.107/2011 – prendiamo le mosse dal nuovo dettato normativo – art. 39, c. 12, del D.L. n. 98/2011, come risultante dalla recente modifica – secondo cui “Al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e quindi concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita gestione del procedimento di cui al comma 9 le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289”. A tale fine, si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 16, con le seguenti specificazioni: le somme dovute ai sensi del presente comma sono versate entro il 31 marzo 2012in unica soluzione…”.

 

In pratica, la novella, da un lato, modifica dal 1° maggio al 31 dicembre 2011 la data entro cui deve risultare “pendente” la lite per poter accedere alla definizione agevolata, dall’altro proroga dal 30 novembre 2011 al 2 aprile 2012 il termine entro cui versare le somme dovute.

Per effetto della modifica risulta in primo luogo ampliato l’ambito delle liti definibili, ricomprendendovi anche le controversie introdotte con ricorsi alla Commissione tributaria provinciale (di seguito, CTP), notificati nel periodo 2 maggio – 31 dicembre 2011, a parità delle altre condizioni già richieste dall’art. 39, c. 12, del D.L. n. 98/2011.

Ovviamente, restano definibili le liti per le quali già ricorrevano i presupposti previsti dalla norma prima della recente novella, per le quali risulta riaperto il termine per effettuare il versamento.

Precisa la C.M. n. 7/2012 che la modifica in commento non estende la definizione alle controversie interessate da giudicato, né comunque alle controversie concluse con una decisione che risulti definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Effetti sulla sospensione delle liti e dei termini

l differimento del termine di pendenza comporta che anche per tutte le nuove liti definibili operi la sospensione dei giudizi fino al 30 giugno 2012, secondo quanto stabilito dall’art. 39, c. 12, lett. c, del D.L. n. 98/2011.

La sospensione riguarda gli atti e le attività successivi al 28 febbraio 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 216/2011), mentre restano salvi e validi gli atti e le attività compiuti nel processo precedentemente.

Oltre alla sospensione dei giudizi, la citata lettera c del comma 12 dell’articolo 39, ha previsto anche la sospensione dei termini “… per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio”.

La sospensione dei termini riguarda anche tutte le liti relative a ricorsi in CTP notificati nel periodo 2 maggio – 31 dicembre 2011, sempre che i suddetti termini non fossero già scaduti alla data di entrata in vigore della legge n. 14 del 2012.

Precisa la C.M. N .7/2012 che “ la sospensione dei termini è giuridicamente subordinata alla potenziale definibilità della lite e, dunque, soltanto a seguito dell’estensione della definizione alle liti pendenti al 31 dicembre 2011 può ritenersi operante la sospensione. Ad esempio, un ricorso in CTP notificato in data 20 maggio 2011, depositato in data 5 giugno 2011, deciso con sentenza depositata il 30 ottobre 2011, notificata il 14 novembre 2011 e non impugnata, non beneficerà della sospensione del termine per proporre appello, che risulta spirato il 13 gennaio 2012, dunque prima dell’entrata in vigore il 28 febbraio 2012 della legge che ha esteso la definizione, con l’ulteriore conseguenza che, essendosi realizzato il giudicato, la lite non risulterà definibile”.

 

Prorogadel versamento

Il nuovo termine del 2 aprile 2012 per il versamento di quanto dovuto riguarda sia le controversie entrate nella definizione per effetto della modifica normativa, sia quelle già pendenti alla data del 1° maggio 2011, per le quali alla data di entrata in vigore dell’art. 29, c. 16-bis, del D.L. n. 216/2011, non sia intervenuta una decisione definitiva.

Entro la stessa data dovranno essere versate eventuali integrazioni dovute nell’ipotesi in cui successivamente al pagamento e prima della presentazione della domanda sia intervenuta una decisione che abbia reso necessario un versamento integrativo.

 

Sentenze definitive

Possono essere definite anche le controversie interessate da sentenza già emessa alla data in cui si intende chiedere la definizione purché i relativi termini di impugnazione – anche per effetto di sospensione – alla stessa data non siano scaduti. Pertanto, occorre riscontrare volta per volta che – alla predetta data – non siano decorsi i termini per impugnare la sentenza emessa dalle Commissioni tributarie provinciali, regionali, centrale, dai Tribunali o dalle Corti d’appello.

Le cause pendenti innanzi alla Corte di cassazione possono essere oggetto di definizione soltanto se alla data di presentazione della domanda non sia stata depositata la sentenza o l’ordinanza decisoria di cassazione. Infatti, la pubblicazione della sentenza/ordinanza presso la cancelleria costituisce la fase terminale del processo, salvo che la Suprema Corte non abbia disposto il rinvio.

A seguito del deposito della sentenza, la stessa assume la natura di “giudicato” per le parti che, in quanto tale, rende definitivo il rapporto tributario.

L’eventuale estensione della definizione anche alle sentenze pronunciate dalla Corte di cassazione (nonché a tutte le sentenze ormai passate in giudicato per inutile decorso dei termini di impugnazione) violerebbe, invero, il principio della intangibilità del giudicato, principio di rilevanza costituzionale non superabile in assenza di specifiche statuizioni legislative di natura eccezionale.

 

Perfezionamento, efficacia e validità della definizione

La definizione si perfeziona con il versamento dell’intera somma dovuta nonché con la presentazione della relativa domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.

Restano confermate le precedenti indicazioni di prassi, secondo cui il pagamento va effettuato con modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, qualunque sia il tipo di tributo cui la lite si riferisce, con l’indicazione del codice tributo “8082”, istituito con risoluzione del 5 agosto 2011, n. 82/E.

Qualora i tributi oggetto della lite da definire si riferiscano ad anni anteriori al 1972, nello spazio “anno di riferimento” del modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” va inserito l’anno 1972.

La domanda di definizione deve essere presentata esclusivamente in via telematica, compilando il modello conforme a quello approvato con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 13 settembre 2011 attraverso l’ausilio dell’apposito software reso disponibile per gli utenti abilitati in ambiente “Entratel” o “Fisconline”.

Per quanto concerne le modalità di trasmissione telematica della domanda di definizione, restano valide le precedenti indicazioni fornite con la circolare n. 48/E del 2011.

Non è consentito il versamento in forma rateale degli importi dovuti, che devono essere, pertanto, integralmente effettuati entro il 2 aprile 2012. L’omesso versamento, entro tale termine, dell’importo dovuto comporta l’inefficacia della sanatoria.

I termini relativi a tutti gli altri adempimenti previsti originariamente dall’articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011 rimangono immutati.

Pertanto, ai sensi della lettera d della citata disposizione, “gli uffici competenti trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio 2012, un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Entro la stessa data deve essere comunicato e notificato l’eventuale diniego della definizione”.

Se la data di trattazione della lite era stata già fissata nel periodo compreso tra la data del 28 febbraio 2012 di entrata in vigore della legge n. 14 del 2012 (di conversione del D.L. n. 216 del 2011) ed il 15 luglio 2012 il contribuente può chiederne la sospensione, rappresentando la volontà di avvalersi della definizione ovvero di essersene avvalso. La richiesta di sospensione non potrà più formularsi qualora il contribuente non abbia effettuato il versamento di quanto dovuto entro il 2 aprile 2012 o, nel caso in cui non sia dovuto alcun versamento, qualora non abbia presentato domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.

Qualora il contribuente non si avvalga della definizione agevolata, la sospensione cessa il 30 giugno 2012, con la conseguenza che i termini processuali riprenderanno a decorrere dal 1° luglio 2012.

 

Le impugnazioni strumentali: non definibilità della lite concernente il ricorso proposto oltre i termini di decadenza dell’impugnazione

Con sentenza 27 settembre 2011, n. 19693, la Cassazione, seppure con riferimento all’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha indicato i presupposti necessari affinché una determinata lite possa considerarsi pendente.

Nella fattispecie esaminata dalla pronuncia, un contribuente, dopo circa sei anni dalla notifica dell’avviso di accertamento e dopo che erano già state emesse le relative cartelle di pagamento, impugnava tardivamente l’avviso di accertamento, eccependo di non averne mai avuto conoscenza, nonostante l’evidente prova contraria costituita dalla presentazione di una richiesta di autotutela anteriormente al ricorso. Nel caso di specie, appariva evidente la volontà di instaurare la controversia al solo fine strumentale di configurare una “lite pendente” che, ai sensi del predetto articolo 16, potesse dare accesso alla definizione agevolata dell’atto impositivo.

A tal proposito la Suprema Corte ha affermato che“… una lite può considerarsi “pendente” (anche ove si possa prospettare inammissibile il ricorso introduttivo di quella) allorché essa possa considerarsi “reale”, e sia, cioè, provvista di un margine di incertezza, tanto che permanga l’interesse, non solo del contribuente ma anche dell’amministrazione, a definirla”.

Una diversa interpretazione, secondo la Cassazione, anziché deflazionare il contenzioso in conformità con la ratio dell’istituto di definizione delle liti fiscali pendenti, lo alimenterebbe attraverso impugnazioni strumentali con l’intento di includere “… oltre ogni limite temporale, atti impositiviormai da tempo divenuti definitivi e perciò non più ‘litigiosi”, avendo presente che nel caso di specie “…sono mancate di certo le condizioni perché la lite potesse considerarsi pendente, essendosi ormai maturato il convincimento della definitività del provvedimento impositivo anche da parte dello stesso contribuente, siccome emerge dal contenuto della istanza di autotutela a cui fa riferimento la sentenza qui impugnata…”. Secondo la Corte in tema di condono vige il principio generale secondo cui “… l’impugnazione tardiva a fini meramente strumentali (e cioè per creare artificiosamenteun contenzioso che permetta il pagamento di una minore imposta rispetto a quanto accertato, grazie a provvedimenti premiali di cui si abbia anticipato sentore), non può sortire l’effetto voluto”.

Sul punto, la circolare n. 48/E 2011, ha affermato che “… sono ammesse … alla definizione anche le liti instaurate mediante ricorsi – in sé inammissibili – proposti oltre i termini prescritti dalla legge ovvero privi dei requisiti di forma e di contenuto previsti dall’articolo 18 del d.lgs. n. 546 del 1992 (quali, ad esempio, la sottoscrizione), purché prima del 6 luglio 2011 non sia intervenuta pronuncia definitiva di inammissibilità”.

Tuttavia, osservano gli estensori dell’ultimo documento di prassi – C.M.n.7/2012 – la predetta affermazione va correttamente intesa, alla luce di quanto enunciato dalla Suprema Corte, “dovendosi ritenere comunque necessario, ai fini della definibilità della controversia, che questa sia stata instaurata per tutelare un obiettivo interesse ad agire, diverso dalla mera aspettativa della definizione. In concreto, non possono ammettersi alla definizione domande riferite a controversie tardivamente instaurate ove, sulla base di elementi oggettivi desumibili dalla complessiva vicenda giudiziaria e amministrativa, da indicare tassativamente nella motivazione del diniego, si possa ritenere fondatamente che il contribuente abbia precostituito la pendenza della controversia al solo fine di beneficiare della definizione”.

 

Definibilità ruoli relativi a redditi soggetti a tassazione separata

Come è noto, le modalità di liquidazione e riscossione delle imposte relative ai redditi soggetti a tassazione separata, disciplinate dall’articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, avviene ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e, dunque, secondo le regole proprie dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni.

Si tratta di un’attività di liquidazione che non porta all’emanazione di un atto impositivo definibile, secondo quanto chiarito con la circolare n. 48/E del 2011. In particolare, la nozione di “atto impositivo” che rileva per la definibilità della lite presuppone la rettifica della dichiarazione, mentre il ruolo emesso per la tassazione separata dei redditi è atto ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto d’imposta nella dichiarazione.

L’imposta relativa ai redditi in questione non è liquidata, come invece per la tassazione ordinaria, dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi, ma è determinata dall’Amministrazione finanziaria sulla base delle informazioni indicate dallo stesso contribuente o dal sostituto nella propria dichiarazione.

Pertanto, l’Ufficio provvederà a notificare al ricorrente e a depositare presso l’organo giurisdizionale il diniego della domanda di definizione della lite fiscale pendente dopo che saranno rese disponibili le funzionalità informatiche di controllo delle domande presentate.

Diversamente, nei casi in cui il contribuente con il ricorso, tramite l’impugnazione del ruolo, abbia contestato l’eventuale rettifica dei dati indicati in dichiarazione operata in attuazione dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 assume rilievo la natura impositiva dell’atto sicché la lite rientrerebbe nel novero di quelle definibili.

 

Definibilità avvisi di liquidazione adottati ai sensi dell’articolo 12 del D.L. n. 70 del 1988

La circolare n. 48/E del 2011 (paragrafo 4.4.), in merito alla definibilità della lite avente ad oggetto avvisi di liquidazione, di cui all’art. 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, stabilisce che “… in generale non sono definibili l’avviso di liquidazione e il ruolo, considerato che tali atti, … non sono riconducibili alla categoria degli “atti impositivi”’. Tuttavia, l’avviso di liquidazione diviene oggetto di definizione allorquando possa essere assimilato ad un atto impositivo in quanto “…destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, in via provvisoria, al momento della richiesta di registrazione…”.

Per le Entrate, “l’avviso di liquidazione di cui al citato articolo 12 assume natura di atto impositivo ed è, quindi, definibile ai sensi dell’articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, a condizione che contestualmente e/o separatamente sia stato impugnato anche l’atto “presupposto” di attribuzione della rendita catastale”.

 

Determinazione dell’aliquota da applicare all’importo dovuto per la definizione della lite, in caso di pronuncia di rinvio emessa dalla Corte di cassazione

Da più parti è stata riproposta la questione concernente l’aliquota da applicare (10, 30 o 50 per cento) per definire una lite pendente a seguito di pronuncia di rinvio della Cassazione che ha annullato la precedente sentenza della Commissione tributaria regionale favorevole all’Ufficio.

Sul punto la circolare 48/E del 2011 (paragrafo 8.2) ha precisato che “In caso di rinvio al giudice di primo grado, le somme dovute per la definizione sono pari al 30 per cento del valore della lite, considerato che la pronuncia di rinvio fa venir meno quelle precedenti”. In questo caso si ritiene, quindi, sempre applicabile l’articolo 16, comma 1, lettera b, n. 3 che, similarmente a quanto avviene a seguito di pronuncia di rinvio, prevede l’ipotesi in cui “… non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio”.

In sintesi, come sostenuto nella menzionata circolare n. 48/E del 2011, viene ribadito che in caso di cassazione con rinvio per la definizione deve essere applicata l’aliquota del 30%, prevista dall’articolo 16, comma 1, lettera b, numero 3 delle legge n. 289 del 2002, che, per effetto del rinvio operato dall’articolo 39, comma 12, del D.L. n. 98 del 2011, trova applicazione anche per la definizione delle liti “minori”.

L’applicazione dell’aliquota del 30% può peraltro desumersi dal dato letterale della norma nella parte in cui stabilisce che “le liti fiscali pendenti … anche a seguito di rinvio possono essere definite”, con il pagamento del 30% nel caso in cui “… non sia stata già resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare sul merito ovvero sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio”.

 

20 marzo 2012

Roberta De Marchi