Al via i rimborsi sull'IVA per la Tariffa rifiuti

con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha sancito che non era soggetta ad IVA la TIA1 (tariffa rifiuti ex art. 49 DLGS 22/1997), riaprendo le chance di richiesta di rimborso per i contribuenti

La Cassazione, con la sentenza n. 3756 del 9 marzo scorso, conferma la non assoggettabilità ad IVA della Tariffa rifiuti e boccia la tesi sostenuta dal Dipartimento delle politiche fiscali che, con la circ. n. 3 del 2010, aveva cercato (per la verità, un po’ forzatamente) di bloccare le numerose istanze di rimborso avanzate dai contribuenti.

 

In effetti, la problematica dell’applicabilità o meno dell’IVA alla Tariffa di Igiene Ambientale, introdotta dall’art. 49 del D.Lgs. n. 22/1997 (cosiddetta TIA1, per distinguerla dalla TIA2, di cui all’art. 238 del D. Lgs. n. 152/2006) sembrava essere stata definitivamente risolta dall’importante intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 238 del 24 luglio 2009, ne aveva autorevolmente sancito la natura tributaria, con due significative conseguenze:

a) della devoluzione delle controversie alla cognizione delle Commissioni tributarie;

b) della mancata soggezione della TIA1 all’IVA, considerata l’inesistenza di un nesso diretto (sinallagma) tra il servizio svolto e l’entità del prelievo.

 

A tale conclusione il giudice delle leggi era pervenuto sottolineando, fra l’altro, le evidenti analogie fra la TARSU (artt. da 58 a 80 del D. Lgs. n. 507/1992) e la TIA1, così sintetizzabili:

  • in relazione al fatto generatore dell’obbligo di pagamento: muovono entrambi dallo stesso presupposto, individuato dall’art. 49 del D.lgs. 22/1997 in “chiunque occupi oppure conduca locali o aree scoperte a uso privato, non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”; eguale è anche l’ambito soggettivo, considerato che la TIA si applica ai medesimi utenti già individuati come soggetti passivi della TARSU. In ogni caso, precisa la Corte Costituzionale che “il fatto generatore dell’obbligo di pagamento è legato non all’effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e alla effettiva fruizione del servizio di smaltimento, ma esclusivamente all’utilizzazione di superfici potenzialmente idonee a produrre rifiuti ed alla potenziale fruibilità del servizio di smaltimento”;

  • in relazione alla struttura autoritativa e non sinallagmatica dei prelievi, che si rinviene:

a) nell’obbligatorietà di istituzione del servizio da parte dei Comuni;

b) nell’obbligo di pagamento per gli utenti che non vi si possono sottrarre, anche se scegliessero di non volersene servire;

c) nella mancanza della volontarietà delle parti nel rapporto fra gestore e utente del servizio.

 

Ne’ assume significatività – precisa sempre la Corte Costituzionale – la diversità del soggetto attivo (il Comune nella TARSU e il soggetto gestore del servizio nella TIA1, con ciò intendendosi colui che la applica e la riscuote), che, per entrambe le entrate, si identifica con il Comune “e ciò anche nel caso in cui il regolamento comunale affidi a terzi l’accertamento e la riscossione dei due prelievi e la legittimazione a stare in giudizio”. Egualmente indifferente è l’assenza, nel dettato normativo istitutivo della TIA1 di specifiche disposizioni in ordine all’accertamento, alla liquidazione ed all’aspetto sanzionatorio del prelievo, trattandosi di lacuna che ben può essere colmata dal potere regolamentare, attribuito agli enti locali dall’art. 52 del D.Lgs. 446/1997.

Ma la conclusione più interessante cui perviene la Corte Costituzionale – nonché ulteriore elemento di analogia tra la TIA 1 e la TARSU – è costituito dal fatto che “entrambi i prelievi sono estranei all’ambito di applicazione dell’IVA1.

Al riguardo deve rilevarsi che, mentre la chiara natura tributaria della TARSU ne ha sempre impedito la riconducibilità all’IVA, in mancanza di un’esplicita disposizione che renda soggetta al tributo tale prestazione di servizio, come invece previsto dall’art. 4, c. 5, lett. b., del DPR 633/1972 con riferimento all’erogazione di acqua e servizi di depurazione, fognatura, gas, energia elettrica e vapore, ancorché svolti da enti pubblici, la soggezione ad IVA della TIA1 conseguirebbe, secondo l’Agenzia2, alla sua configurazione come corrispettivo per lo svolgimento del servizio.

 

In un primo tempo era sembrato che l’intervento della Corte Costituzionale avesse finalmente posto fine alla vexata quaestio sulla natura giuridica dell’entrata comunale, questione che aveva ripetutamente interessato dottrina, prassi e giurisprudenza fin dall’istituzione del prelievo, rendendo così legittime le richieste di rimborso dell’imposta indebitamente addebitata dai gestori del servizio a tutti i contribuenti che ne avessero fatto richiesta nei termini di legge.

Nulla di tutto questo è, invece, accaduto anche perché il Dipartimento delle Finanze, con la circ. n. 3/DF dell’11 novembre 2010, è nuovamente intervenuto sulla questione, alla luce dell’ulteriore intervento normativo disposto con l’ art. 14, comma 33, del D.L. 78/2010 e con il quale il Legislatore, giocando d’anticipo, ha emanato una norma interpretativa con la quale ha affermato la natura non tributaria della Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani, introdotta con l’art. 238 del d. lgs. 238/2006 (c.d. TIA 2), con conseguente applicabilità alla stessa dell’IVA. Con la medesima disposizione sono state devolute alla competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria “le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”, nel solco della giurisprudenza di legittimità che vuole attratti alla giurisdizione speciale solo i tributi di ogni genere e specie comunque denominati.

Il predetto intervento normativo trae forza e legittimazione dal fatto che la sentenza della Corte Costituzionale n. 238/2009 ha limitato lo scrutinio di legittimità costituzionalesolo alla TIA1 “e non anche di quelle relative alla debenza della tariffa integrata ambientale, prevista dall’art. 238 del d.lgs. 152 del 2006”. Pertanto, il legislatore è potuto intervenire in via preventiva sulla natura giuridica della (nuova) prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti, al fine di evitare l’ampio contenzioso oggi esistente sulle richieste di rimborso dell’IVA indebitamente pagata sulla TIA1.

 

Nella circolare n. 3/DF/2010 l’amministrazione finanziaria elenca subito le tre conclusioni cui intende pervenire, affermando:

  1. la validità dei regolamenti approvati dai Comuni che, dalla TARSU, sono passati alla TIA1 in via sperimentale e che, secondo le Finanze “possono essere adattati all’evoluzione interpretativa della normativa vigente”;

  2. la possibilità di poter introdurre la TIA2, anche in mancanza del regolamento di attuazione previsto dall’art. 238, c. 6, del D. Lgs. n. 152/2006, essendo scaduta il 30 giugno 2010 la moratoria introdotta dall’art. 5, c. 2-quater, del D.L. n. 208/2008 e succ. mod.;

  3. l’estensione anche alla TIA1 delle nuove disposizioni recate dall’art. 14, c. 33, del D.L. n. 78/2010, con il quale il legislatore ha affermato la natura non tributaria della TIA2, con conseguente applicabilità alla stessa dell’IVA, nonché la devoluzione delle controversie al G.O..

Le prime due conclusioni sono sicuramente condivisibili e compatibili con le norme vigenti, ma anche con quelle mancanti.

Non ha convinto, invece, questo ritorno (decisamente forzato) delle Finanze ad una questione – applicabilità dell’IVA alla TIA1 – che si riteneva ormai ampiamente risolta (e finalmente!) con la sentenza della Corte Costituzionale n. 238/2009, anche in considerazione del fatto che la circolare non fa nessun riferimento (e nè potrebbe farne, ovviamente) all’intervento del giudice delle leggi, volutamente ignorandone il pronunciamento.

 

Oggi la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3756/2012 ritorna prepotentemente sull’argomento, sancendo (speriamo definitivamente) la non assoggettabilità ad IVA della TIA 1 e rendendo così (ulteriormente) ammissibili le istanze di rimborso dei contribuenti.

La sentenza afferma non solo che l’IVA pagata sulla tassa di smaltimento rifiuti non è dovuta da ora in poi, ma che i cittadini hanno diritto ad essere rimborsati retroattivamente fino a 10 anni, qualora sia possibile dimostrare il pagamento dell’IVA non dovuta.

 

19 marzo 2012

Valeria Fusconi

1 Seppure per motivi diversi, anche la Corte di Cassazione (sentenza n. 17526/2007) aveva in precedenza ritenuto che la TIA non è soggetta ad IVA, rinvenendo nelle sue caratteristiche una somiglianza molto stretta con la TARSU e, quindi, una analoga natura tributaria che si rinviene: a) nella coattività della prestazione, alla quale il cittadino non può sottrarsi; b) nella scarsa correlazione fra l’importo pagato e la qualità della prestazione erogata dall’ente pubblico; c) nella regolamentazione normativa del servizio rifiuti che nulla concede alla libera volontà contrattuale delle parti.

2 Cfr. Ris. n. 250 del 17/06/2008, ma alle medesime conclusioni l’amministrazione finanziaria era già pervenuta con la ris. n. 25/E del 5 febbraio 2003, confermando l’orientamento già espresso con circolare n. 111/E del 21 maggio 1999.