L'assegnazione dell'immobile allo Stato come "serio ristoro"

se l’asta dell’agente della riscossione va a vuoto per 3 incanti, l’immobile esecutato non può essere assegnato allo Stato a prezzo di saldo

Disco rosso per l’assegnazione all’Erario del fabbricato per un prezzo pari alla somma da recuperare. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 281/10/2011 depositata il 17 ottobre scorso ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 85, c. 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede che, se il terzo incanto ha esito negativo, l’assegnazione dell’immobile allo Stato ha luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, anziché per il prezzo base del terzo incanto.

 

Ambito normativo

Il terzo comma dell’articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, titolato “Assegnazione dell’immobile allo Stato” dispone che a seguito della fissazione della vendita all’asta, se il terzo incanto ha esito negativo, il concessionario, nei dieci giorni successivi, chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra:

  • il prezzo base del terzo incanto e

  • la somma per la quale si procede,

depositando nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli atti del procedimento.

Il giudice dell’esecuzione dispone l’assegnazione, secondo la procedura prevista dall’articolo 590 del codice di procedura civile. Il termine per il versamento del prezzo per il quale è stata disposta l’assegnazione non può essere inferiore a sei mesi.

In caso di mancato versamento del prezzo di assegnazione nel termine, il processo esecutivo si estingue se il concessionario, nei trenta giorni successivi alla scadenza di tale termine, non dichiara, su indicazione dell’ufficio che ha formato il ruolo, di voler procedere a un ulteriore incanto per un prezzo base inferiore di un terzo rispetto a quello dell’ultimo incanto. Il processo esecutivo si estingue comunque se anche tale incanto ha esito negativo.

In sostanza, se il prezzo base fissato dal Giudice per il terzo incanto è pari, poniamo, ad € 400.000,00 e la somma iscritta a ruolo in carico al concessionario della riscossione riferita a crediti tributari, sanzioni, aggi di riscossione ed interessi è pari ad € 256.000,00, l’immobile pignorato diventa di proprietà dello Stato, nonostante l’importo sia più basso rispetto alla base d’asta del terzo incanto.

 

Sentenza n. 281/10/2011 della Consulta

Il fatto – Ordinanza di incostituzionalità del comma 3 dell’articolo 85 del Dpr n. 602/73

Nel corso di una procedura di riscossione coattiva di crediti tributari effettuata mediante espropriazione immobiliare e promossa nei confronti di un contribuente dalla competente EQUITALIA, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario con ordinanza depositata il 2 agosto 2010, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, questioni di legittimità dell’art. 85, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) − “nella parte in cui prevede che l’assegnazione allo Stato abbia luogo “per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede”, anziché “per il prezzo base del terzo incanto””.

Il Giudice dell’esecuzione rimettente riferiva tra l’altro che:

a) la s.p.a. EQUITALIA aveva promosso «esecuzione esattoriale» immobiliare per crediti tributari dello Stato, pari ad € 59.466,41, risultanti dagli estratti di ruolo prodotti in giudizio;

b) la procedura di riscossione si era svolta regolarmente con la trascrizione dell’avviso di vendita dell’immobile, la sua notificazione al debitore e l’effettuazione di tre incanti andati deserti;

c) la base d’asta del terzo incanto era stata di € 79.454,67;

d) l’agente della riscossione aveva chiesto, ai sensi dell’art. 85 del D.P.R. n. 602 del 1973, l’assegnazione dell’immobile pignorato allo Stato per il prezzo costituito dall’importo dei sopra indicati crediti tributari dello Stato, inferiore alla base d’asta del terzo incanto.

 

Prezzo del terzo incanto

L’assegnazione dell’immobile allo Stato, in quanto sostitutiva della vendita, può avvenire solo con il versamento del prezzo ribassato che funge da base d’asta del terzo incanto (anche a tener conto delle particolari esigenze pubblicistiche sottostanti all’esecuzione esattoriale) e non certo del prezzo corrispondente alla misura del credito tributario per il quale si procede; ammontare, questo, che costituisce una «variabile indipendente dal valore dell’immobile […] neppure indirettamente collegata» con esso.

 

Principio di uguaglianza disapplicato tra contribuenti

Inoltre, prosegue il medesimo giudice, la disciplina denunciata è irragionevole, perché «premia» il contribuente che ha un debito tributario di ammontare superiore alla base d’asta, mentre sfavorisce il contribuente debitore di tributi per un ammontare complessivo inferiore a detta base, il quale, a séguito dell’assegnazione del suo immobile allo Stato, subisce, «oltre alla perdita dell’immobile, anche l’ulteriore falcidia rappresentata dalla differenza tra base d’asta e tributo insoluto».

D’altra parte la fissazione del prezzo di assegnazione dell’immobile in base al criterio della minor somma tra base d’asta del terzo incanto e credito tributario per cui si procede, pur non avendo la funzione di sanzionare l’inadempienza del contribuente, tuttavia impone a quest’ultimo – nell’evenienza, meramente casuale, che il debito tributario sia inferiore al prezzo base del terzo incanto – di subire un sacrificio patrimoniale superiore (per la misura pari alla differenza tra la base d’asta ed il debito tributario) a quello commisurato alla sua capacità contributiva e, quindi, a quello corrispondente all’obbligazione tributaria (e relativi accessori), come accertata e risultante dall’estratto di ruolo.

 

Inapplicabilità del principio del “serio ristoro”

L’assegnazione dell’immobile allo Stato ad un prezzo pari all’ammontare del credito tributario e, quindi, inferiore al prezzo base del terzo incanto, non costituisce il «serio ristoro» che la giurisprudenza costituzionale richiede per l’indennizzo da corrispondersi in caso di espropriazione per pubblica utilità ai sensi del terzo comma dell’art. 42 Cost. (cita, in proposito, le sentenze di questa Corte n. 348 del 2007 e n. 5 del 1980).

Il principio «del serio ristoro», secondo il giudice a quo, pur se previsto per l’indennizzo a séguito di espropriazione per pubblica utilità o di altri atti ablatori disposti dalla pubblica amministrazione, è applicabile anche nell’ipotesi del trasferimento coattivo della proprietà privata di cui al caso di specie, perché «quando lo Stato esercita la potestà, con determinazione unilaterale e fuori da un contesto negoziale, di acquistare un bene privato, il corrispettivo dello scambio deve essere “congruo, serio ed adeguato” ossia deve assumere a parametro – pur potendo discostarsene al ribasso per contemperare interessi pubblici e privati – “il valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali fatte palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso” (Corte cost. 30.1.1980 n. 5) e non può legittimamente basarsi su “elementi del tutto sganciati da tale dato” (Corte cost. 24.10.2007 n. 348)».

 

Le ragioni della Corte Costituzionale

Tempestività dell’azione di riscossione

Nell’interpretazione della Consulta la disciplina speciale della riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde all’esigenza della pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato ed è, per tale ragione, improntata a criteri di semplicità e speditezza della procedura (sentenze n. 351 del 1998, n. 415 del 1996, n. 444 del 1995 e n. 358 del 1994; ordinanze n. 158 del 2008, n. 217 del 2002 e n. 455 del 2000).

Coerentemente con tale finalità di tempestiva riscossione dei crediti tributari, il legislatore, nel caso in cui sia risultato impossibile vendere l’immobile esecutato nel corso di tre incanti ha previsto, con l’art. 85 del d.P.R. n. 602 del 1973, che il bene sia assegnato allo Stato.

Questa soluzione – piú di altre astrattamente ipotizzabili, quali lo svolgimento di ulteriori incanti o l’amministrazione giudiziaria del bene (nella prospettiva di una futura vendita o di una assegnazione a condizioni piú favorevoli) – risponde alla ratio di accelerare il procedimento di riscossione coattiva, assicurando che l’espropriazione possa ugualmente avere termine in modo rapido con la realizzazione di un ricavo, anche nel caso di incollocabilità dell’immobile sul mercato.

 

Irragionevolezza del comma 3 dell’articolo 85 del D.p.r. n. 602/73

La norma censurata, prevedendo che l’immobile sia assegnato allo Stato per il prezzo costituito dalla somma per la quale si procede, soddisfa certamente tale esigenza di speditezza, ma pone una disciplina palesemente irragionevole.

L’irragionevolezza discende dal fatto che la norma, nello stabilire il prezzo del trasferimento immobiliare:

  1. fissa un ammontare che prescinde da qualsiasi collegamento con il valore del bene e che può essere anche irrisorio;

  2. non tiene conto che il trasferimento immobiliare abbia effettivamente la finalità di trasformare il bene in denaro per il soddisfacimento dei creditori e non certo di infliggere una sanzione atipica al debitore inadempiente.

L’ammontare del credito tributario per cui si procede – sia esso superiore o inferiore al prezzo base del terzo incanto – dipende, in effetti, da circostanze contingenti e meramente casuali, non correlate al valore dell’immobile, e non può essere assunto, pertanto, quale criterio di determinazione del prezzo da corrispondere in sede di espropriazione forzata.

 

Applicazione del prezzo fissato per il terzo incanto

La soluzione, secondo la Corte Costituzionale, al fine di porre rimedio all’irragionevolezza della disposizione censurata, risiede nella possibilità che l’immobile esecutato sia assegnato allo Stato al prezzo corrispondente alla somma per la quale si procede. L’unica via percorribile è quella di far venir meno il cosiddetto “criterio del minor prezzo” e di estendere a tutte le ipotesi di assegnazione dell’immobile allo Stato (nel caso di deserzione del terzo incanto) l’applicazione dell’altro parametro di determinazione del prezzo di assegnazione previsto dallo stesso art. 85, c. 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, cioè quello del prezzo base del terzo incanto.

Tale prezzo, infatti, ove si tenga conto anche dell’esito negativo dei tre esperimenti d’asta, si pone in rapporto non irragionevole con il valore dell’immobile; e ciò ancorché sia notevolmente inferiore a quello del primo incanto (due ribassi di un terzo ciascuno rispetto alla precedente base d’asta) e muova da una base d’asta originaria di valore assai contenuto (in quanto determinata, come visto, con riferimento al triplo della valutazione catastale aggiornata con i coefficienti di legge). Del resto, è lo stesso legislatore che ha individuato nel prezzo base del terzo incanto il prezzo di assegnazione dell’immobile (art. 85, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973), sia pure limitatamente all’ipotesi in cui il credito tributario sia superiore alla base d’asta del terzo incanto.

L’accoglimento della questione di legittimità nei termini indicati non esclude, come è ovvio, che il legislatore possa, nell’esercizio della sua discrezionalità, stabilire parametri di determinazione del prezzo di assegnazione dell’immobile allo Stato diversi rispetto al prezzo base del terzo incanto, purché essi siano in ragionevole rapporto con il valore del bene pignorato.

 

Le conclusioni dei Giudici

In conclusione, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza, dell’art. 85, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui prevede che, se il terzo incanto ha esito negativo, l’assegnazione dell’immobile allo Stato ha luogo «per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede», anziché per il prezzo base del terzo incanto.

 

Considerazioni finali

Nella frenesia di procedere ad iscrizioni di ipoteche, pignoramenti ed esecuzioni immobiliari gli Agenti di riscossione dovrebbero valutare, anche allo scopo di semplice auditing interno, gli esiti delle aste pubbliche di vendita. In un quadro economico di sostanziale illiquidità del sistema, e quindi di aste andate deserte, sempre più spesso, i concessionari chiederanno l’assegnazione degli immobili sottoposti alla vendita all’incanto allo Stato penalizzando i contribuenti con carichi iscritti a ruolo di importo inferiore al valore dell’immobile.

Fortunatamente la sentenza della Consulta pone giustamente il problema della irragionevolezza dell’assegnazione coattiva di un prezzo che prescinda dal valore reale del bene, che danneggia – lo ripetiamo – quei contribuenti proprietari di immobili aventi un valore di mercato più elevato rispetto alle iscrizioni a ruolo che hanno dato origine al procedimento di espropriazione.

 

12 gennaio 2012

Antonino Romano