Le problematiche delle società non operative

dal 2012 le società che risulteranno essere non operative subiranno una penalizzazione fiscale; vediamo con alcuni esempi numerici cosa cambierà… (Filippo Gagliardi)

Nel corso degli ultimi anni la disciplina delle società non operative, introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 30 della Legge n. 724/1994, è stata più volte oggetto di interventi da parte del legislatore.

In primis il D.L. n. 233 del 4 luglio 2006, con l’articolo 35 comma 5, successivamente la Legge Finanziaria per il 2007 e poi quella per il 2008 hanno apportato numerose novità, modificando, il più delle volte in peius per i contribuenti, la disciplina in commento.

Da ultimo, come vedremo, il D. L. n. 138/2011, pur non intervenendo direttamente sull’articolo 30 della Legge n. 724/1994, ha apportato sostanziali novità, prevedendo, da un lato, una maggiorazione dell’aliquota IRES del 10,5%, dall’altro nuove presunzioni di non operatività per quelle società in perdita sistematica ovvero con bassa redditività.

Il citato articolo 30, cuore della disciplina delle società non operative, considera di “comodo”, salvo prova contraria, le società che non superano il “test di operatività”, ossia quelle il cui ammontare di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi ordinari imputati a conto economico risulti inferiore al valore dei ricavi “figurativi”, calcolati mediante l’applicazione di prestabiliti coefficienti a determinati assets patrimoniali.

Come illustrato dall’Amministrazione finanziaria con la Circolare n. 5/E del 02/02/2007, la ratio di tale disciplina risiede nel contrastare le c.d. società di comodo e, in particolare, di disincentivare il ricorso all’utilizzo dello strumento societario come schermo per nascondere l’effettivo proprietario di beni, avvalendosi delle più favorevoli norme dettate per le società.

In sostanza, la richiamata disciplina intende penalizzare quelle società che, al di là dell’oggetto sociale dichiarato, sono state costituite per gestire il patrimonio nell’interesse dei soci, anziché per esercitare un’effettiva attività commerciale.

La disciplina, infatti, riguarda le società di capitali e le società di persone residenti in Italia nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Non rientrano nell’applicazione della norma, in quanto non espressamente previsti dal legislatore, gli enti commerciali e non commerciali residenti, le società cooperative e di mutua assicurazione e le società consortili, le società e gli enti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia.

Al contrario, il legislatore, al comma 1 dell’art. 30, ha escluso dall’applicazione della disciplina alcuni soggetti che si trovano in particolari situazioni. A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, si ricorda che sono stati esclusi i soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta, le società con un numero di soci non inferiore a 50, le società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità, le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore, nonché le società in amministrazione controllata o straordinaria o soggette a procedure concorsuali.

L’Amministrazione finanziaria, inoltre, con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 23681/2008, ha previsto alcune situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo, senza necessità di presentare istanza di interpello.

I soggetti che rientrano nell’ambito applicativo della disciplina, infatti, ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 30 della Legge 23 dicembre 1994 n. 724, possono sottrarsi all’applicazione della stessa, dimostrando all’Amministrazione finanziaria, mediante apposita istanza di interpello disapplicativo, le situazioni oggettive che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto.

Nel caso in cui non fosse possibile presentare istanza di interpello, in assenza delle situazioni oggettive ovvero in caso di diniego all’istanza di interpello disapplicativo, il contribuente avrebbe l’obbligo di effettuare, nella propria dichiarazione dei redditi, il c.d. “test di operatività”.

Il test di operatività non risulta superato quando l’ammontare complessivo di ricavi, di incrementi di rimanenze e di proventi ordinari imputati a conto economico è inferiore a quello dei ricavi figurativi determinati mediante l’applicazione a determinati assets dei coefficienti previsti al comma 1, lettere a), b) e c) dell’articolo 30 della Legge n. 724/1994.

Il mancato superamento del test di operatività comporta l’obbligo di dichiarare, sia ai fini IRES che ai fini IRAP (seppur con modalità leggermente diverse), un reddito non inferiore a quello minimo presunto, calcolato applicando i coefficienti di legge ai valori di determinati beni patrimoniali, nonché forti limitazioni all’utilizzo del credito IVA.

E veniamo ora alle novità introdotte dal D.L. n. 138/2011.

In primo luogo, l’articolo 2, comma 36-quinquies, del D.L. n. 138/2011 ha previsto per le società e gli enti non operativi un maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota ordinaria IRES.

Tale maggiorazione è dovuta da tutti i soggetti passivi IRES, considerati non operativi per non aver superato il citato test di operatività ovvero in presenza delle nuove presunzioni di non operatività che verranno illustrate nel prosieguo del presente lavoro.

Una società di capitali non operativa, pertanto, applica l’aliquota IRES del 38% (27,5% ordinaria + 10,5% di maggiorazione) al reddito minimo presunto se superiore al reddito effettivo prodotto ovvero al secondo nel caso fosse superiore al primo.

 

Esempio n. 1

La società di capitali X è non operativa. Essa ha prodotto un reddito effettivo pari a 100 e calcolato il reddito presunto pari a 120. Ha l’obbligo di applicare ai fini IRES l’aliquota del 38% sul reddito di 120.

Viceversa, se il reddito presunto fosse pari a 120 e quello effettivo pari a 150, dovrebbe calcolare l’imposta, applicando l’aliquota del 38% al reddito effettivo di 150.

 

Discorso diverso per le società di persone non operative.

Come è noto, le società di persone tassano il proprio reddito secondo le modalità di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 917/1986 e, pertanto, l’analisi deve essere effettuata spostando l’attenzione sulla posizione dei soci.

L’aliquota maggiorata, infatti, viene applicata ai soli soci soggetti ad IRES e limitatamente alla quota imputata per trasparenza, mentre, in caso di soci persone fisiche, il reddito imputato per trasparenza dalla società di persone non operativa sconta l’aliquota progressiva prevista per la tassazione ai fini Irpef.

 

Esempio n. 2

La società di persone X, non operativa, è partecipata, in misura paritetica, dalla società di capitali Y e dalla persona fisica Z.

La società di persone calcola il reddito minimo presunto pari a 120, imputandolo per 60 alla società di capitali e per 60 alla persona fisica.

Il socio società di capitali calcola l’IRES, applicando l’aliquota del 38% al reddito imputatogli per trasparenza (pari a 60), e l’aliquota del 27,5% sul proprio reddito prodotto.

Il socio persona fisica, invece, applica la sua aliquota progressiva ai fini Irpef sia sul proprio reddito che su quello imputatogli per trasparenza dalla società di persone non operativa (pari a 60).

 

Nel caso in cui i soci della società di persone non operativa fossero soggetti IRES anch’essi non operativi, applicherebbero l’aliquota maggiorata non solo sul reddito ricevuto per trasparenza ma anche sul proprio.

 

Esempio n. 3

La società di persone X, non operativa, è partecipata, in misura paritetica, dalla società di capitali non operativa Y e dalla società di capitali operativa Z1.

La società di persone calcola il reddito minimo presunto pari a 120, imputandolo per 60 alla società di capitali non operativa Y e per 60 alla società di capitali operativa Z.

Il socio società di capitali Y calcola l’IRES, applicando l’aliquota del 38% sia al reddito imputatogli per trasparenza (pari a 60) che al proprio reddito minimo (se superiore a quello prodotto).

Il socio società di capitali Z, operativa, calcola l’IRES, applicando l’aliquota del 38% al reddito imputatogli per trasparenza (pari a 60) e l’aliquota ordinaria del 27,5% al proprio reddito prodotto.

 

La tassazione per trasparenza, regime naturale per le società di persone, è stata estesa dalla riforma IRES anche alle società di capitali come regime opzionale (artt. 115 e 116 del T.U.I.R.).

Nel caso in cui la società “partecipata” trasparente fosse non operativa dovrebbe liquidare e versare la maggiorazione IRES del 10,5% (art. 2, comma 36-octies). Resta a carico della partecipante liquidare e versare l’imposta ordinaria nella misura del 27,5%. Diverso, pertanto, è il trattamento fiscale rispetto alla trasparenza delle società di persone, dove, si ribadisce, la maggiorazione è liquidata e versata dai soci (solo se società di capitali).

 

Esempio n. 4

La società di capitali X, non operativa, è partecipata, in misura paritetica, dalla società di capitali Y e dalla società di capitali Z.

La società di capitali X calcola il reddito minimo presunto pari a 120, imputandolo per 60 alla società di capitali Y e per 60 alla società di capitali Z.

La società di capitali X tassa il proprio reddito di 120, con aliquota ai fini IRES del 10,5%.

Il socio società di capitali Y calcola l’IRES, applicando l’aliquota del 27,5% sia al reddito imputatogli per trasparenza (pari a 60) che al proprio reddito prodotto.

Stesso comportamento assume il socio società di capitali Z.

 

Nel caso in cui, invece, la società partecipante trasparente fosse non operativa dovrebbe liquidare e versare l’intera imposta, calcolata, con aliquota ordinaria al 27,5% e maggiorazione al 10,5%, sul proprio reddito prodotto, indipendentemente dalla quota di reddito ricevuto per trasparenza dal soggetto partecipato.

 

Esempio n. 5

La società di capitali X, operativa, è partecipata, in misura paritetica, dalla società di capitali Y, non operativa, e dalla società di capitali Z, operativa.

La società di capitali X produce il proprio reddito effettivo di 120 e lo imputa per 60 alla società di capitali Y e per 60 alla società di capitali Z.

Il socio società di capitali Y calcola l’IRES, applicando l’aliquota del 38% sul proprio reddito minimo presunto (se superiore al proprio reddito effettivamente prodotto) e l’aliquota ordinaria del 27,5% sul reddito imputatogli per trasparenza (pari a 60).

Il socio società di capitali Z, invece, applica l’aliquota ordinaria del 27,5% sia sul proprio reddito che su quello imputatogli per trasparenza dalla società X.

 

Norme particolari (art. 2, cc. 36-sexies e 36-septies) sono state previste dal legislatore in caso di opzione per la tassazione di gruppo di cui all’art. 117 del T.U.I.R.

È stato previsto che la società consolidata non operativa assoggetta il proprio reddito alla maggiorazione IRES, liquidando e versando la relativa imposta. A carico della consolidante operativa resta l’obbligo di liquidare e versare l’imposta ordinaria al 27,5% sul reddito “trasferito” dalla consolidata non operativa.

 

Esempio n. 6

La società di capitali X, operativa, in qualità di consolidante, partecipa al 51% la società di capitali Y, consolidata non operativa.

La consolidata non operativa calcola il reddito minimo, superiore al proprio reddito effettivo, pari a 120 e su tale importo liquida e versa la maggiorazione IRES del 10,5%.

La consolidata trasferisce, comunque, il proprio reddito alla consolidante che, in considerazione del proprio risultato di esercizio nonché dei redditi/perdite trasferiti dalle altre consolidate, applica l’aliquota ordinaria del 27,5%.

 

In caso di consolidante non operativa, invece, essa stessa liquiderebbe e verserebbe l’imposta ad aliquota del 38% sul proprio reddito.

 

Esempio n. 7

La società di capitali X, non operativa, in qualità di consolidante, partecipa al 51% la società di capitali Y, consolidata.

La consolidante non operativa calcola il reddito minimo, superiore al proprio reddito effettivo, pari a 120 e su tale importo liquida e versa l’IRES con aliquota del 38%.

Sul reddito trasferito dalla consolidata Y operativa, la consolidante liquida e versa l’IRES ad aliquota ordinaria del 27,5%.

 

Oltre la maggiorazione del 10,5%, il legislatore ha previsto un’altra importante novità per le società di comodo; trattasi di due “nuove” presunzioni di non operatività che prescindono totalmente dal confronto tra i ricavi effettivi e quelli presunti e, pertanto, dall’utilizzo del c.d. test di operatività.

Ai sensi dell’art. 2, comma 36-decies del citato Decreto, i soggetti, che presentano dichiarazioni fiscali in perdita per tre periodi di imposta consecutivi, sono considerati non operativi.

 

Esempio n. 8

Una società presenta per gli esercizi 2009, 2010 e 2011 perdite fiscali come di seguito riportate. Nel periodo di imposta 2012, pertanto, indipendentemente dal test di operatività, viene considerata, salvo prova contraria, non operativa.

Esercizio

2009

2010

2011

Risultato fiscale

(12.000)

(15.000)

(10.000)

 

Ai sensi del successivo comma 36-undecies, inoltre, sono considerati non operativi i soggetti (società ed enti) che per due periodi di imposta sono in perdita fiscale ed in uno abbiano dichiarato un reddito effettivo inferiore a quello minimo di legge.

 

Esempio n. 9

Una società presenta per gli esercizi 2009 e 2011 perdite fiscali come di seguito riportate e nell’esercizio 2010 un reddito positivo ma, comunque, inferiore al minimo previsto mediante l’applicazione della normativa sulle società non operative. Nel periodo di imposta 2012, pertanto, indipendentemente dal test di operatività, viene considerata, salvo prova contraria, non operativa.

Esercizio

2009

2010

2011

Risultato fiscale

(12.000)

10.000

(10.000)

 

Restano valide, per espressa previsione di legge, le cause di esclusione e disapplicazione automatiche previste dalla disciplina.

I contribuenti, inoltre, anche in presenza delle nuove presunzioni, possono richiedere all’Amministrazione finanziaria la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo, mediante presentazione di apposita istanza di interpello disapplicativo nei termini di legge.

Quanto alla decorrenza delle nuove disposizioni, esse si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge; vale a dire, dal 2012 per i contribuenti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare.

 

11 ottobre 2011

Filippo Gagliardi

1 Per semplicità si suppone che non vi siano soci persone fisiche, tenuto conto che in tal caso il trattamento fiscale è stato già analizzato nell’esempio precedente.