L'utilità di un trust ai fini delle imposte dirette

Analisi dell’impatto fiscale di un trust ai fini delle imposte dirette: vantaggi e profili di elusione-evasione.

Inquadramento normativo

Il trust nell’ambito dei sistemi giuridici di “common law”, in cui il ruolo della giurisprudenza è fondamentale e le leggi non sono codificate, è uno dei più importanti istituti e serve a regolare una molteplicità di rapporti giuridici, soprattutto in materia di successioni, di diritto societario e diritto tributario. Negli ordinamenti giuridici di “civil law” quale quello italiano, dove ogni legge, regolamento o interpretazione è codificata, invece, tale strumento non ha avuto diffusione poichè non si ammetteva la separazione della proprieta dall’effettiva gestione dei beni (la cosiddetta dual ownership), almeno fino alla ratifica della Convenzione dell’A.I.A. adottata nel 1985.

L’istituto, fondamentalmente, palesa un rapporto giuridico tramite il quale un soggetto disponente, trustor o settlor, trasferisce la proprietà di uno o più beni ad un soggetto fiduciario, detto trustee, il quale dispone e amministra, tali diritti reali acquisiti, per realizzare uno scopo predeterminato o nell’interesse di un beneficiary titolare di un diritto personale, cui potranno trasferirsi in piena proprietà i beni alla fine del trust. Alla costituzione ed alla gestione del trust intervengono generalmente tre soggetti, ma si può avere un trust anche quando i soggetti coinvolti siano in numero inferiore come, appunto, nei trust di scopo (in alcune legislazioni questi tre soggetti possono anche coincidere). Il trustee dispone dei beni secondo l’atto di trust, ma è comunque obbigato a gestirli nell’interesse dello scopo (ad es. beneficenza) o dei beneficiari individuati dal settlor:

Punto cardine che qualifica un trust è la piena separazione ed il totale distacco del patrimonio conferito dalla sfera giuridica del disponente per passare in piena proprietà al trustee. In quest’ottica, il negozio si presta magnificamente a costituire ed a fornire garanzia patrimoniale di ottimo livello, poichè i beni in trust sono messi al riparo da eventuali pretese di :

  • creditori del disponente, poiché non sono più di sua proprietà;

  • creditori personali del trustee, poiché lo stesso, seppur proprietario, li detiene solo per il trust e non a titolo personale;

  • creditori dei beneficiari o loro eredi, che potranno operare una vendita solo con la cancellazione del trust e il trasferimento della proprietà.

 

Obiettivi dell’utilizzo del trust possono essere:

  • protezione e separazione del patrimonio familiare da vicende imprenditoriali o familiari;

  • tutela dei minori e dei soggetti incapaci, in deroga alle restrizioni previste dalle disposizioni testamentarie che prevedono godimenti limitati dei beni;

  • destinazione in successione di parti specifiche del patrimonio, quali immobili assegnati ad eredi specifici o a persone estranee alla famiglia

  • gestione separata del patrimonio con investimenti in fondi comuni di investimento (trust fund anglosassoni).

 

Aspetti tributari

La fattispecie giuridica del Trust, è stata introdotto nell’ordinamento tributario, dalla Legge finanziaria 296/06 che ha modificato l’art. 73 del Titolo II, Capo I del T.U.I.R. ampliando il novero dei soggetti passivi. Il sistema normativo previgente, pur riconoscendo efficacia giuridica a trust regolati da legislazioni di Stati esteri (in linea con la Convenzione dell’A.I.A. adottata nel 1985) non era mai intervenuto sull’imposizione dei proventi e dei frutti derivanti da “beni in trust”, né tantomeno in ordine al trattamento fiscale delle erogazioni promanate dagli stessi a favore dei beneficiari.

Le caratteristiche di ogni singolo Trust, definite dalla prassi amministrativa e dagli orientamenti dottrinali di specie, distinguono ed analizzano la tassazione dei flussi reddituali per ricondurli, a seconda dei casi, nell’alveo degli enti commerciali ex art. 73, co. 1, lett. b), degli enti non commerciali ex art. 73, co. 1, lett. c), D.P.R. 917/1986, oppure deglii enti non residenti nel territorio dello Stato ex art. 73, co. 1, lett. d), D.P.R. 917/1986;

 

E’ possibile differenziare:

  1. Trust trasparenti, con beneficiari di reddito “individuati”, i cui redditi vengono imputati per trasparenza agli stessi beneficiari

  2. Trust opachi, senza beneficiari di reddito “individuati”, i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo.

 

Il trust è tassato per trasparenza, come stabilito dalla C.M. del 6 agosto 2007, n. 48/E, soltanto nei casi in cui siano individuati i beneficiari del reddito ed, inoltre, è possibile che un trust sia al contempo trasparente ed opaco, quando parte del reddito è accantonata a capitale e parte è attribuita ai beneficiari. I flussi di reddito del trust soggetti a tassazione sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, avendo assolto tutti gli obblighi tributari, non scontano ulteriore imposizione né in capo al trust stesso né in capo ai beneficiari. Esempi possono essere interessi, premi, obbligazioni e titoli similari assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 12,5% o 27%, a seconda dei casi, o redditi diversi di natura finanziaria assoggettati ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi.

I beneficiari dei redditi sono tassati per trasparenza se, oltre ad essere individuati, sono titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza. Tali redditi sono inclusi tra i redditi di capitale ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. g-sexies del D.P.R. 917/1986, tuttavia, come precisato dalla Circolare 48, gli stessi sono tassati per competenza e non per cassa. il comma 2 dell’articolo 73 del TUIR prevede che: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazioni individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.

I trust opachi, invece, sono tassati in base ai redditi prodotti e non possono essere successivamente tassati in capo ai beneficiari

 

Apposite disposizioni antielusive sono state, inoltre, introdotte al fine di determinare la residenza fiscale di trust istituiti in paesi che non consentono lo scambio di informazioni. In particolare, è stata prevista una presunzione relativa di residenza fiscale in Italia a carico dei trust istituiti in un Paese non rientrante tra quelli con cui l’Italia ha un adeguato scambio di informazioni, individuati nel decreto del Ministero delle finanze 4 settembre 1996, e successive modifiche (cd. “white list”) qualora:

  • almeno un disponente e un beneficiario siano fiscalmente residenti in Italia;

  • ovvero, siano posti in essere da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia a favore del trust atti di trasferimento del diritto di proprietà su beni immobili, di costituzione o di trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, ovvero di vincoli di destinazione sugli stessi;

 

Chiarimenti di prassi dettati dalla circolare 61/E/10

Il riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico dei trust costituiti in base alla legislazione di uno Stato estero, nonché di quelli “atipici” costituiti in Italia, opera esclusivamente per quelli riconducibili allacitata Convenzione A.I.A..

I beni facenti parte del patrimonio del trust non possono, quindi, essere a disposizione del disponente o dei beneficiari, perché realizzano una mera interposizione nel possesso dei beni dei redditi.

Se, pertanto, il potere di gestire e disporre dei beni permane in tutto o in parte in capo al disponente e ciò emerge non soltanto dall’atto istitutivo del trust ma anche da elementi di fatto e non si verifica, quindi, il reale spossessamento di quest’ultimo, il trust deve considerarsi inesistente dal punto di vista dell’imposizione dei redditi da esso prodotti. In altri termini, in tali casi il trust viene a configurarsi come struttura meramente interposta rispetto al disponente, al quale devono continuare ad essere attribuiti i redditi solo formalmente prodotti dal trust. Ciò comporta che tali redditi saranno assoggettati a tassazione in capo al disponente secondo i principi generali previsti per ciascuna della categorie reddituali di appartenenza.

 

Sono da ritenere inesistenti in quanto interposte le seguenti tipologie di trust ( circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009):

_ trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;

_ trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento sé stesso come beneficiario;

_ trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può esercitarli senza il suo consenso;

_ trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust, designando sé stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a termine”);

_ trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee;

_ trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato;

_ trust in cui il disponente può modificare nel corso della vita del trust i beneficiari;

_ trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti dallo stesso individuati;

_ ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari.

 

La lettera g-sexies), comma 1, dell’articolo 44 del TUIR chiarisce, in ogni caso, che sono considerati redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti”. Fatte salve le ipotesi di interposizione del trust nelle quali il beneficiario può conseguire redditi di diversa natura secondo le categorie previste dall’articolo 6 del TUIR, ai sensi della citata lettera g-sexies) il reddito imputato dal trust a beneficiari residenti è imponibile in Italia in capo a questi ultimi quale reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto o meno nel territorio dello Stato.

Laddove il reddito imputato ai beneficiari residenti sia stato prodotto dal trust in Italia e quivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo ai beneficiari. In tal modo viene assicurato che il trust estero venga assoggettato a tassazione analogamente ai trust italiani e, in particolare, ai trust opachi con riferimento all’eventuale reddito prodotto in Italia ed imputabile al trust medesimo, nonché ai trust trasparenti con riferimento alla quota di reddito imputabile al beneficiario italiano.

Tale regime evita il conseguimento di indebiti risparmi di imposta (circolare n. 48/E del 2007) che potrebbero essere conseguiti, ad esempio, nell’ipotesi di trust opachi costituiti in giurisdizioni straniere a regime fiscale agevolato. In tal caso, infatti, alla tassazione ridotta in capo al trust corrisponderebbe, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente secondo il regime del citato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del TUIR.

 

Nel caso di beneficiari non residenti di trust italiani trasparenti o misti il reddito loro imputato va considerato prodotto in Italia ai sensi del principio generale sancito dall’articolo 23, lettera b), del TUIR. Tale disposizione prevede, come noto, l’imponibilità nei confronti di soggetti non residenti dei redditi di capitale “corrisposti ” dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni in Italia di soggetti esteri. La circolare 60 precisa che “dal momento che la lettera g-sexies) sopra richiamata ha definito una nuova tipologia di reddito di capitale che assume rilevanza per effetto della sola imputazione, si ritiene che, in forza della specialità della norma, tale criterio prevalga su quello della corresponsione previsto in linea generale dalla predetta lettera b), comma 1, dell’articolo 23. Conseguentemente, i redditi imputati da trust residenti a beneficiari non residenti sono tassabili a prescindere dalla loro effettiva corresponsione”.

 

23 febbraio 2011

Cosimo Turrisi