Quanto precede è contenuto nella Risoluzione n. 250 del 17 giugno 2008 emanata dall’Agenzia delle Entrate in cui quest’ultima, in risposta ad una istanza di interpello, ha chiarito che la tariffa di igiene ambientale come corrispettivo per lo svolgimento del servizio raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani deve essere assoggettata ad IVA e che la devoluzione delle liti in materia di detta imposta al giudice tributario (Cass. 9 agosto 2007, n. 17526) non può valere, di per sé, ad escluderne la natura di corrispettivo con conseguente inapplicabilità dell’imposta (1).
La tariffa in esame, istituita dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
L’imponibilità della Tia, secondo la tesi ministeriale, permane anche dopo il pronunciamento della giurisprudenza che ne ha sancito la sua natura tributaria. I giudici di legittimità hanno affermato la natura tributaria della tariffa in esame valutando in primis la devoluzione delle relative controversie in materia di debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti al giudice tributario a seguito della modifica apportata dall’art. 3-bis, d.l. n. 203 del 2005 all’art. 2 dlgs n. 546 del 1992. Gli stessi giudici comunque, nel riconoscere il carattere tributario alla Tia atteso il suo collocamento come entrata nel sistema tributario voluta dal legislatore, hanno ritenuto che
La tariffa rappresenta invece una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava un beneficio, non risultando comunque sul piano individuale una corrispondenza costi-benefici (ad esempio, i contributi consortili) (2).
In effetti i due aspetti evidenziati dalla Corte di Cassazione nella sentenza di cui trattasi appaiono in contraddizione, anche alla luce della pregressa collocazione dei tributi locali nella giurisdizione tributaria prima dell’entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 203 del 2005 ciatto a supporto dalla stessa Suprema Corte.
Del resto quest’ultimo orientamento deve ritenersi ormai superato da successivi pronunciamenti in cui viene affermato che per la copertura dell’onere economico di una attività o di un servizio pubblico il legislatore può ricorrere sia ad una tassa sia utilizzare altri moduli estranei al regime fiscale (entrate non tributarie) in un’ottica più moderna di defiscalizzazione di taluni prelievi tributari e della loro sostituzione con tariffe, canoni o prezzi pubblici. E’ necessario, pertanto, distinguere tra tassa, da un lato, che condivide la natura tributaria delle imposte e, dall’altra, canoni, tariffe, diritti speciali e prezzi pubblici che rientrano nella categoria delle entrate patrimoniali pubbliche extratributarie speciali, prescindendo dalla decisione fatta dal legislatore di devolvere la competenza al giudice tributario. Un tassa è tale ove questa qualificazione sia espressamente assegnata dal legislatore ad un’entrata pubblica e con il decreto legislativo n. 546 del 1992 (art. 2, recante “Oggetto della giurisdizione tributaria”) quest’ultimo ha voluto porre in essere tale logica ovvero che le tasse in generale, in quanto tributi, radicano la giurisdizione del giudice tributario, mentre le controversie aventi ad oggetto i canoni (o tariffe o diritti) o prezzi speciali sono devolute al giudice ordinario e talora al giudice amministrativo (3).
Enzo Di Giacomo
26 Luglio 2008
NOTE
(1) Cfr. Circ. n. 25/E del 5 febbraio 2003 dell’Agenzia delle Entrate.
(2) Cass. 9 agosto 2007, n. 17526.
In tal senso CTP di Treviso, sez. II, n. 87 del 20 dicembre 2004. I giudici tributari, nell’evidenziare la natura di imposizione fiscale della Tia, hanno affermato che gli elementi che la connotano ex art. 49 d lgs n. 22/97, spiegano il suo carattere generale erga omnes e di obbligazione, non riconducibile ad una volontà contrattuale bensì fondata su norme di legge.
(3) Cass , SS.UU. , 7 dicembre 2007, n. 25551