La cessione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare è una pratica sempre più diffusa, ma può avere conseguenze fiscali diverse a seconda della struttura dell’operazione. L’efficacia nei confronti del venditore richiede la sua autorizzazione, mentre il trattamento fiscale dipende dal cedente e dal corrispettivo ricevuto. La gestione di caparre, acconti e imposte indirette e dirette rende cruciale comprendere rischi e opportunità prima di procedere.
La cessione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare è un’operazione sempre più frequente, nella realtà operativa. Perché sia efficace anche nei confronti del venditore, è necessaria la sua autorizzazione, che ben può essere anche preventiva.
Tale cessione può avere effetti fiscali diversi a seconda di come venga strutturata. L’Amministrazione finanziaria se ne è occupata, anche se non in modo diffuso.
Cessione del contratto preliminare: la prassi del Fisco
Un primo approfondimento in merito alle problematiche della cessione preliminare immobiliare lo si ha nel 2015, con la Risoluzione n. 6/E del 19 gennaio 2015, in risposta ad un interpello.
Un contribuente, privato, desiderava conoscere il trattamento tributario della cessione di un contratto preliminare per un corrispettivo maggiore dell’acconto versato in sede di stipula del contratto.
Il richiedente, peraltro con non molta determinazione, suggeriva all’agenzia delle entrate di non considerare reddito la eventuale differenza di valore tra quanto versato come acconto e quanto ricevuto.
Non essendo la fattispecie riconducibile ad alcuna specifica norma impositrice vigente e non essendo consentita, alcuna interpretazione analogica, per i tributi, ne derivava che l’unica conclusione possibile era quella di non far concorrere l’eccede