La forza probatoria dei valori OMI

in caso di accertamento sul valore di un atto di compravendita immobiliare, assumono importanza fondamentale i valori OMI: analisi della loro forza probatoria come presunzione del prezzo minimo di cessione dell’immobile (Giovambattista Palumbo e Fabiola Bigiarini)

Il fatto

La Commissione Tributaria Regionale di Firenze, con la sentenza n. 1834/13/14 del 29 settembre 2014, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza di primo grado in materia di rettifica del valore di beni ex art. 51 e 52 DPR 131/86.

Nella fattispecie trattavasi di un’unità immobiliare ad uso commerciale posta nel Comune di Forte dei Marmi, in zona centrale e molto apprezzata dal mercato immobiliare; l’Agenzia delle Entrate, sulla base di una perizia appositamente redatta dall’Agenzia del Territorio a seguito di verifica dei dati catastali, sopralluogo esterno e comparazione con il prezzo di vendita di un altro immobile poco distante da quello in esame, rettificava il valore dell’immobile da € 1.650.000,00 come dichiarato ad € 2.016.000,00.

Difatti nella perizia si dava atto dei seguenti elementi:

  • descrizione e riferimenti catastali dell’immobile, sviluppato su due livelli e composto da locali di servizio posti al piano interrato ed ampio vano destinato all’esercizio dell’attività al piano terra, oltre ad un cortile ad uso esclusivo, per una superficie lorda complessiva di circa 240 mq ragguagliata, in applicazione degli specifici coefficienti di ragguaglio, a 168 mq.

  • sopralluogo esterno, che aveva consentito di apprezzare taluni elementi caratteristici dell’immobile poi riportati nella perizia con dovizia di particolari.

  • Indagine conoscitiva con riferimento ad immobili analoghi situati nella medesima zona e successive valutazioni in relazione alle specifiche condizioni dei beni in esame (ubicazione, consistenza, tipologia costruttiva, vetustà, stato di manutenzione, pertinenze ecc.)

  • Confronto con una compravendita effettuata nello stesso anno, nella medesima località ed avente ad oggetto un altro immobile commerciale situato a soli 350 metri di distanza da quello per cui è causa, venduto al prezzo di € 27.500,00/ mq.

L’Agenzia del Territorio, a seguito degli elementi raccolti in esito all’attività istruttoria, aveva assegnato all’immobile in esame un valore unitario di € 12.000,00/ mq. (mentre il valore dichiarato in atti era di € 9.820,00/mq.); valore peraltro confermato dal confronto con la compravendita immobiliare menzionata nella perizia che, avendo ad oggetto un immobile pressoché adiacente ma con una migliore ubicazione ed una minore consistenza di quello peritato, rendeva verosimile il valore di € 12.000,00/mq assegnato a quest’ultimo di gran lunga inferiore (oltre la metà) rispetto al valore dichiarato in atti per la vendita dell’immobile adiacente.

I contribuenti (venditore e acquirente) impugnavano, con distinti ricorsi poi riuniti, l’avviso di rettifica e liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate per il recupero delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute dalle parti sulla base del valore dell’immobile accertato.

I ricorrenti eccepivano l’illegittimità dell’avviso per congruità del corrispettivo dichiarato, considerata anche la sua conformità ai valori OMI relativi ad immobili commerciali dello stesso tipo e situati nella medesima zona, e comunque per carenza probatoria sulla congruità del valore rettificato. Di poi, veniva contestata l’illegittimità dell’avviso impugnato per carenza di motivazione, data dal mero richiamo alla perizia dell’Agenzia del Territorio che, secondo i ricorrenti, oltre a non esporre il criterio di calcolo per la determinazione del nuovo valore dell’immobile compravenduto era altresì errata laddove poneva a confronto due immobili in verità incomparabili per consistenza (minore nell’uno e maggiore nell’altro) ed ubicazione (migliore nell’uno e peggiore nell’altro).

L’ufficio si costituiva in giudizio rilevando la legittimità dell’avviso di rettifica e liquidazione sia dal punto di vista della motivazione, poiché faceva espresso riferimento alla perizia di stima del Territorio debitamente allegata, sia nel merito poiché gli elementi addotti dai ricorrenti a sostegno della congruità del valore dichiarato e, per converso, a dimostrazione dell’inattendibilità della stima dell’Agenzia del territorio, in verità erano già stati debitamente considerati nella perizia ai fini dell’attribuzione del nuovo valore all’immobile.

Il giudizio davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana

La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con la sentenza n.151/20/12, accoglieva i ricorsi ritenendo che gli elementi su cui aveva operato fossero “deboli e non tali da giustificare la rettifica”; condannava altresì l’ufficio ad un consistente rimborso delle spese processuali.

L’Ufficio proponeva appello avverso la decisione della Commissione Tributaria Provinciale, sostenendo che il percorso logico-argomentativo dei primi giudici fosse del tutto contraddittorio e comunque non sufficientemente chiaro e preciso nell’esporre le ragioni per cui avevano ritenuto illegittimo l’atto dell’ufficio, sì che la sentenza risultava evidentemente viziata sotto il profilo motivazionale.

In pratica si rimproverava alla CTP di non aver tenuto conto, nella brevissima motivazione della sentenza emessa, che gli elementi di fatto contestati dai ricorrenti (caratteristiche specifiche dell’immobile compravenduto e diversa consistenza ed ubicazione rispetto all’immobile preso a confronto), sulla cui base i Giudici avevano ritenuto di annullare l’avviso di rettifica dell’ufficio, erano proprio quelli già valutati dall’Agenzia del Territorio, peraltro espressamente indicati nella perizia di stima, sulla cui base l’organo tecnico era pervenuto alla nuova determinazione del valore dell’immobile.

La Commissione Tributaria Regionale di Firenze, con la sentenza n. 1834 sopra citata, in accoglimento dell’appello dell’ufficio, ha dunque innanzitutto qualificato come “meritevole di considerazione” il motivo con cui si denunciava la contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza.

La CTR ha infatti ritenuto che le considerazioni del Giudice di primo grado sulla “debolezza” degli elementi su cui si era basato l’ufficio finanziario, “non tengono conto della puntuale analisi condotta dall’Agenzia del territorio nella perizia che ha dato fondamento alla rettifica contestata, redatta successivamente ad apposito specifico sopralluogo che, ancorché limitato all’esterno, ha potuto fare riferimento alla consistenza dell’immobile, la sua ubicazione e quindi compararne il valore in rapporto al territorio”. Al contrario, come riconosciuto dalla CTR, “la perizia dell’Agenzia del territorio muove da un’accurata analisi nella quale sono stati presi in considerazione – oltre alla destinazione commerciale – lo stato esterno dell’immobile, la collocazione nel territorio (sito in una via facente parte della zona centrale del comune di Forte dei Marmi, molto apprezzata dal mercato immobiliare), la superficie, la consistenza, le caratteristiche costruttive,la vetustà, lo stato di manutenzione, le pertinenze)”.

Con specifico riferimento, poi, alla incomparabilità dell’immobile compravenduto con quello preso a confronto dall’Agenzia del Territorio, la CTR ha condiviso le osservazioni dell’ufficio che, nell’atto di appello, aveva messo in evidenza come l’organo tecnico avesse già preso in considerazione – facendone espressa menzione in perizia – la diversa metratura ed ubicazione degli immobili confrontati (ovvero quegli elementi che i ricorrenti sottoponevano all’attenzione del Collegio giudicante come di ostacolo alla comparazione e di inutilizzabilità del campione utilizzato) sì da ridurre a meno della metà il valore a mq. accertato per l’immobile compravenduto rispetto a quello dichiarato in atti per l’altro immobile.

La CTR ha così riconosciuto che “tale verifica, come giustamente rileva l’appellante, si fa appunto carico delle diverse caratteristiche dell’immobile ad uso commerciale acquistato dai ricorrenti rispetto a quello contiguo preso a confronto, il cui valore a mq. accertato per la zona in occasione dell’acquisto avvenuto nello stesso anno è stato infatti congruamente ridotto (da 27.500,00 euro al mq. a 12.000,00 a mq.) proprio per la diversa metratura dei due immobili messi a confronto”.

Per quel che concerne, infine, il riferimento ai valori OMI, sulla cui base i ricorrenti intendevano dimostrare la congruità del corrispettivo dichiarato, secondo la Commissione Tributaria Regionale “non appare un argomento dirimente in presenza di una valutazione basata su un’analisi comparativa diretta”.

Conclusioni

Detta sentenza è significativa laddove conferma che non esiste un unico metodo, certo ed univoco, per verificare la congruità del valore dichiarato in atti dei beni compravenduti; è possibile quindi effettuare detta verifica mediante confronto con i valori OMI, così come può essere preferibile, in altri casi e date le particolarità della fattispecie concreta, procedere con il metodo comparativo.

Ma la sentenza è ancor più significativa se si considera che i Giudici hanno “invertito” i termini dell’annosa questione relativa al cd. valore normale (di solito utilizzato dagli Uffici per la rettifica del valore immobiliare, inferiore, dichiarato in atti) e, basandosi sulla natura di presunzione semplice che la Cassazione ha oramai riconosciuto ai valori OMI, hanno ritenuto che neppure per il contribuente fosse sufficiente il riferimento ai predetti valori per dimostrare la congruità del valore dell’immobile dichiarato in atti.

A proposito della banca dati e dei valori OMI, infatti, una volta venute meno le disposizioni introdotte dal cd. decreto Bersani, che elevarono al rango di presunzione legale l’accertata differenza tra il valore normale del bene (ovvero il valore considerato “di mercato” come desunto dai dati esposti dall’Osservatorio del mercato Immobiliare) ed il corrispettivo che le parti dichiaravano in atti, la Suprema Corte di Cassazione si è più volte espressa per confermare la natura di presunzione semplice del cd. valore normale.

In pratica i valori OMI che fossero maggiori rispetto al valore dichiarato in atti non bastano da soli a giustificare la rettifica di quest’ultimo ma è necessario che a detta presunzione semplice si aggiungano ulteriori elementi.

Allo stesso modo la CTR di Firenze ha dunque ritenuto che quella stessa natura di presunzione semplice dei valori OMI impedisca loro di poter essere ritenuti decisivi per la dimostrazione della congruità del prezzo dichiarato in atti, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse conforme ai predetti valori; a maggior ragione in un caso come quello in esame in cui l’analisi diretta, anche comparativa, della compravendita lasciava ragionevolmente presumere che il valore dell’immobile compravenduto fosse superiore al dichiarato.

Dice infatti la Commissione fiorentina che “le quotazioni OMI sono basate su indicazioni di valori di massima e vanno calate nella realtà della fattispecie concreta per cui non può riconoscersi a tali quotazioni attendibilità certa. Ciò comporta che il risultato che scaturisce da tale quotazione non possa acquisire i requisiti di precisione e concordanza tale da valere come presunzione legale, bensì solo quella di presunzione semplice”. E di conseguenza i Giudici contestano ai contribuenti di non aver fornito alcuna prova concreta della congruità del valore dichiarato in atti, “basandosi prevalentemente – e quindi genericamente – sulla quotazione astratta dei valori della banca dati OMI”.

In conclusione la CTR di Firenze, attesa la molteplicità dei metodi per la verifica della congruità dei valori immobiliari, ha ritenuto preferibile, a dimostrazione del più probabile valore di mercato attribuibile al bene compravenduto, il criterio dell’analisi diretta, specifica e per di più comparativa del bene compravenduto rispetto ai soli valori OMI.

Tali valori dunque hanno un’efficacia meramente indiziaria e di presunzione semplice, sia per l’Amministrazione che per il contribuente.

E’ noto del resto che ai fini dell’imposta di registro quel che rileva è il “valore” del bene, per cui il fatto che le parti, possano avere in ipotesi pattuito un prezzo effettivo divergente da quel parametro non ha alcun rilievo.

E’ addirittura ovvio che, ai fini della determinazione del reddito ai fini delle imposte dirette (quando il corrispettivo di una vendita immobiliare concorra alla determinazione del reddito) quel che rileva non è un valore astratto del bene, ma il corrispettivo effettivamente pattuito ed incassato, ma è altrettanto ovvio che, invece, ai fini del registro, quel che rileva è il valore oggettivo del bene, come desumibile, per espressa previsione del DPR 131/86, da qualsiasi elemento disponibile.

Tra questi, mentre i valori OMI rappresentano un elemento “generico”, l’analisi diretta, specifica e per di più comparativa del bene compravenduto rappresenta invece un elemento “specifico”, certamente più attendibile.

La questione insomma è solo di ordine probatorio.

28 novembre 2014

Giovambattista Palumbo

Fabiola Bigiarini