Secondo una recente ordinanza della Cassazione, le liberalità indirette collegate ad una compravendita di azienda o di immobile, e quindi non tassate come atto gratuito, per legge, non sono soggette all’istituto del coacervo, e conseguentemente non concorrono a ridurre l’importo della franchigia spettante per le donazioni e successioni.
Le liberalità indirette collegate ad una compravendita di azienda o di immobile, e quindi non tassate, per legge, non sono soggette all’istituto del coacervo, e conseguentemente non concorrono a ridurre l’importo della franchigia spettante per le donazioni e successioni.
Tesi da tempo da noi sostenuta (da ultimo, “Le liberalità indirette: aspetti fiscali”, ne Commercialista Telematico, 29 settembre 2020), in contrapposizione alla interpretazione data dall’Agenzie delle Entrate.
E la nostra tesi trova ora conferma dalla Cassazione.
Le donazioni indirette
Per liberalità, o donazione indiretta si intendono quelle attribuzioni patrimoniali gratuite mediante le quali viene raggiunto lo stesso effetto della donazione tipica (art. 769 codice civile), e quindi arricchimento del donatario e correlato depauperamento del donante, senza la forma dell’atto pubblico.
Per una analisi di vari aspetti, vedasi “Le donazioni indirette” del Prof. Avv. Marco Allena, relazione per il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, programma di formazione per giudici tributari del 2021.
Per quanto concerne la forma per tali donazioni, la dottrina si è prevalentemente dichiarata a favore di una tesi liberale, tesi più volte avallata dalla Cassazione (Cassazione 16 marzo 2004, n. 5333; Cass. 29 marzo 2001, n. 4623 e molte altre precedenti).
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5333/2004, ha chiarito che:
“la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento; realizzazione dunque che può venire attuata anche mediante un collegamento tra più negozi, ossia un preliminare e il pagamento del prezzo, procurando in tal modo al destinatario della liberalità il diritto di rendersi intestatario del bene, non essendo necessaria la forma dell’atto pubblico prevista per la donazione, ma bastando l’osservanza della forma richiesta per l’atto da cui la donazione indiretta risulta.
Non costituiscono ingiuria grave verso il donante, al fine della revoca della donazione per ingratitudine ai sensi dell’articolo 801 del c.c., né il rifiuto di acconsentire alla richiesta del donante di vendita di immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo a una pretesa di restituzione del bene legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi della stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall’ordinamento) tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla”.
Le donazioni indirette sono anch’esse soggette alle norme sulla collazione (art. 737 c.c.) e alla revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, come pure alla azione di riduzione (art. 809 c.c.).
Il caso più frequente
Il caso più frequente di donazione indiretta è quello dei genitori che pagano il prezzo dovuto dal figlio per comprare un immobile.
Un dettagliato elenco di tutti i casi in cui la donazione indiretta può realizzarsi lo fornisce la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza del n. 18.725 del 27 luglio 2017 a Sezioni Unite:
- il cosiddetto contratto a favore di terzo: ad esempio quando si versa una somma su un conto cointestato e, quindi, in sostanza, si arricchisce il cointestatario che beneficia dell’altrui versamento;
- il pagamento di un debito altrui (si pensi al padre che paga una o più rate del mutuo intestato al figlio);
- il pagamento di un prezzo dovuto da altri (si pensi al genitore che paga il prezzo dell’appartamento che viene intestato al figlio);
- la vendita di un ben