Se il servizio di raccolta, sebbene istituito, non viene svolto nella zona di residenza o di dimora dell’immobile a disposizione, il tributo è dovuto appunto in misura ridotta, non superiore al 40% della tariffa.
Normativa di riferimento
La tariffa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani era disciplinata dal D. Lgs n. 507/1993 che nel corso degli anni è stata rivisitata più volte dal legislatore, rilevando che la Tarsu è stata modificata dalla TIA (tariffa di igiene ambientale) prevista dall’art. 49 del D.Lgs n. 22/1997 (decreto Ronchi), quest’ultima è stata sostituita dalla TARES (tributo comunale sui servizi) di cui al d.l. n. 201/20, poi sostituita dalla TARI.
La Tarsu era dovuta, ai sensi dell’art. 62, comma 1, del d. lgs n. 507/1993, per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e dunque per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie ad abitazione.
Le deroghe indicate dal comma 2 e le riduzioni delle tariffe stabilite dal successivo art. 66, non operano in modo automatico, atteso che sul contribuente grava l’onere della prova.
A prescindere dalla sua specifica destinazione (sia esso residenziale, commerciale, industriale, etc.), l’immobile oggettivamente inutilizzabile ed in quanto tale non interessato dalla fruizione del connesso servizio pubblico di nettezza urbana non paga la tariffa in parola.
Restano poi escluse dal tributo le aree scoperte pertinenziali o accessorie, quelle non operative e le aree comuni condominiali, purché non detenute o occupate in via esclusiva.
Il soggetto passivo del tributo è il possessore ovvero il detentore dell’immobile suscettibile di produrre rifiuti urbani.
La Tari, come la TIA, ha natura tributaria quale entrata pubblica costituente "tassa di scopo” che ha come obiet