Agire eticamente conviene: l’impatto dei fattori ESG sul rischio del credito

In un mondo in cui il richiamo alla sostenibilità si fa sempre più sentire, siamo arrivati al punto in cui agire eticamente conviene sempre, non solo in ambito aziendale ma anche nel settore finanziario. Esaminiamo come i fattori ESG (Environmental, Social e Governance) interagiscono nelle decisioni creditizie e nella valutazione dei relativi rischi connessi. A cura di Luca Bonfè

Agire in modo più etico conviene: i modelli ESG (Environmental, Social e Governance)

fattori esgIl mondo odierno è sempre più spesso chiamato ad affrontare importanti sfide legate alla sostenibilità e, dopo anni di incertezze, pare essere arrivati ad un punto di svolta: ora agire in modo più etico conviene. La parola che racchiude questo concetto è ESG, acronimo di Environmental (fattore ambientale), Social (fattore sociale) e Governance (fattore di governance); fino a qualche anno fa era oscura alla maggior parte di noi, oggi invece è la sigla distintiva che meglio incarna ogni operazione di rilancio aziendale.

Non è solo una questione di marketing o di Greenwashing (come vedremo successivamente), ma si tratta di un approccio molto più profondo che ha origine nel ripensamento dei principi alla base di ogni sviluppo solido e duraturo nel tempo indipendentemente dal settore di appartenenza.

L’azienda che si approccia ai modelli ESG deve passare da un sistema che:

“consuma materia, energia, tempo e competenze” ad un sistema che invece “gestisce una relazione responsabile con la materia, l’energia, il tempo e le competenze”.

 

I progetti di ecosostenibilità in ambito finanziario

Nel settembre 2015 le Nazioni Unite procedettero alla sottoscrizione dell’Agenda 2030 e nel dicembre dello stesso anno anche l’Unione Europea decise di avviare il percorso di inclusione delle tematiche ecosostenibili nel mondo finanziario.

Da questo momento in poi l’UE si impegna nella transizione verso modelli di crescita che includano tematiche ambientali e nel marzo 2018 vi fù l’approvazione del Piano d’Azione volto a finanziare la crescita sostenibile con l’obiettivo di incrementare notevolmente gli investimenti in progetti sostenibili e di promuovere l’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nella valutazione e gestione dei rischi finanziari da parte delle banche.

In un mondo sempre più interconnesso qualunque attività imprenditoriale atta a promuovere uno sviluppo aziendale nel rispetto delle parti interessate, otterrà sicuramente un maggior numero di consensi sul mercato e di conseguenza facilitazioni nell’accesso ai servizi di credito, agevolazioni e incentivi pubblici.

L’importanza dei fattori ESG non emerge, quindi, solo in riferimento all’aspetto etico, in quanto l’attenzione del comparto finanziario a tali elementi è in costante crescita poiché molte analisi hanno dimostrato che le aziende con le migliori valutazioni ESG sono anche quelle che ottengono maggiori performance e che affrontano meglio i rischi legati a emergenze o situazioni di crisi.

Questo rappresenta lo snodo più rilevante per tutte le imprese che intendano spingere verso una ripresa economica usufruendo dei fondi di supporto previsti.

Prova di ciò sono, ad esempio, i fondi del PNRR.

La manovra italiana prevede finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse interne, da impiegare entro il 2026.

In termini percentuali, il 27% dei fondi sarà dedicato alla digitalizzazione, il 40% agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e oltre il 10% alla coesione sociale.

Non a caso, sempre più spesso si sente, infatti, parlare di “finanza sostenibile” ovvero un modello di intermediazione finanziaria volto a sostenere la crescita economica riducendo allo stesso tempo le pressioni sull’ambiente e tenendo conto degli aspetti sociali e di governance.

Entrando più nel dettaglio e focalizzandoci sul significato dei termini che compongono l’acronimo ESG, possiamo così definirli:

 

I Fattori ESG

Fattore Environmental

Fa riferimento a tutto ciò che concerne il rispetto ambientale e considera rischi legati ai cambiamenti climatici, alle emissioni di CO2 (biossido di carbonio), all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, agli sprechi e alla deforestazione.

Se da un lato i rischi ambientali devono essere intesi come i rischi finanziari generati da esposizioni di una banca nei confronti di controparti che possono influenzare o essere influenzate da forme di degrado ambientale, dall’altro i rischi legati al clima sono definiti come quei rischi finanziari che si originano da esposizioni di una banca nei confronti di controparti che possono influenzare o essere influenzate dai cambiamenti climatici.

Nelle Linee Guida la BCE precisa che i due rischi possono essere strettamente collegati fra di loro in quanto il cambiamento climatico ha come conseguenza il degrado ambientale.

 

Fattore Social

Fa riferimento alle cosiddette politiche di genere (uguaglianza tra i lavoratori), ai rapporti con i clienti, diritti umani, standard lavorativi e sindacali (condizioni lavorative e salariali) ecc.

Un importante fattore sociale che può avere un impatto sulle controparti delle banche è rappresentato, ad esempio, dai diritti che dovrebbero essere garantiti a ciascun lavoratore quali orario di lavoro, salario minimo, salute e sicurezza sul luogo di lavoro.

 

Fattore di Governance

Fa riferimento principalmente ad assetti/scelte di governance delle controparti delle banche, che possono comportare rischi, quale ad esempio quello reputazionale, in conseguenza di un codice di condotta inadeguato o mancata azione contro il riciclaggio di denaro che può ostacolare la capacità di generare rendimenti positivi.

Qualora, quindi, una società dovesse adottare un codice di condotta poco chiaro, clienti ed investitori potrebbero perdere fiducia nella società in questione con conseguente riduzione di capacità della stessa di condurre affari nel lungo termine.

Partendo dal presupposto che le imprese per effettuare i propri investimenti (solitamente) ricorrono a finanziamenti (generalmente erogati da banche) è facile intuire come la graduale transizione verso una “green economy” e i fattori ESG stiano cambiando profondamente il rapporto banca – impresa.

 

Fattori ESG e rapporti banca – impresa

Le banche infatti in tale contesto, essendo gli intermediari creditizi per eccellenza, sono in grado di indirizzare i comportamenti e le scelte delle imprese verso obiettivi desiderabili.

Tale aspetto è connesso ad attività peculiari dell’intermediazione creditizia e finanziaria quali l’attività di Screening (controllo ex ante: ovvero verificare che il mutuatario rispetti tutti i requisiti necessari al fine di considerare la sua attività produttiva come ecosostenibile e quindi idonea a ricevere finanziamenti green) e l’attività di Monitoring (controllo ex post: ovvero, una volta concesso il finanziamento, verificare e valutare periodicamente se quanto prestato in modo agevolato venga impiegato appropriatamente senza dispersione di valore) per la concessione di finanziamenti ad un tasso agevolato e/o una maggior quantità di credito concesso e nell’attività di investimento.

 

I rischi dell’intermediazione creditizia e finanziaria

Lo svolgimento dell’attività bancaria tradizionale implica inevitabilmente l’assunzione di alcuni rischi finanziari a carico dell’impresa che li esercita in quanto la banca ha un obbligo di restituzione delle somme ricevute dai risparmiatori che è slegato dal fatto che i soggetti finanziati adempiano nei termini previsti ai propri obblighi di restituzione del prestito ricevuto e questo è uno degli aspetti più rilevanti riguardo la fragilità delle banche stesse.

La possibilità che il debitore non assolva alle proprie obbligazioni (pagamento degli interessi e rimborso del capitale) previste dal contratto di debito è una possibilità molto concreta.

Una variazione inattesa del merito creditizio della controparte implica che le aspettative formulate nel momento di concessione del prestito si rivelino errate per errori di valutazione e/o per l’insorgere di eventi economici che vanno ad influire sulla situazione della controparte.

D’altra parte, se la perdita fosse attesa già nel momento di concessione del prestito, verrebbe già inclusa nel calcolo del rating (verrebbe attribuito un rating più basso per indicare una maggior rischiosità del cliente in questione) e non sorgerebbero problemi successivamente.

 

Fattori ESG e valutazione del merito creditizio

Come detto, quindi, il primo passo che una banca solitamente compie prima di concedere finanziamenti ad un soggetto richiedente è la valutazione del merito creditizio di ques’ultimo (o attribuzione del cosiddetto rating creditizio).

Tale processo avviene attraverso tre fasi di seguito elencate:

  • stima della probabilità di default (probability of default, PD);
  • stima della perdita in caso di default (loss given default, LGD);
  • e stima dell’esposizione della controparte al momento del default (exposure at default, EAD)

Al fine di operare una mitigazione del rischio di credito, i fattori ESG alla base delle politiche e strategie aziendali possono agire in due modi:

  • influenzando i flussi di cassa dei debitori;
  • influenzando la stima della probabilità di default dell’impresa in questione

Possiamo quindi affermare che tali fattori impattano sui credit ratings delle società e le imprese che dimostrano di essere più compliant con i criteri ESG otterranno rating più elevati.

Il fatto di ottenere un rating migliore comporta, infatti, vantaggi evidenti sia per le banche che per le imprese.

Per quanto riguarda le banche, la possibilità di concedere finanziamenti ad imprese considerate a “minor rischio default” consente loro di svolgere la propria attività tipica (raccolta di denaro ed erogazione di credito) fronteggiando un rischio inferiore e di conseguenza riuscendo a meglio ottemperare alle sempre più stringenti normative europee in materia di vigilanza prudenziale (RAF e processo SREP).

Inoltre, grazie ai dati raccolti e ai minori accantonamenti necessari per impieghi nei confronti di aziende sostenibili sarà possibile suddividere le imprese per gruppi progettando e realizzando prodotti ad hoc strettamente collegati alle esigenze di transizione ecologica.

Tale operazione trova la sua ratio nell’obiettivo degli istituti bancari di ridurre al minimo gli stock di crediti deteriorati.

 

Le linee guida dell’EBA (European Banking Authority)

Per quanto riguarda le imprese, invece, il fatto di svolgere la propria attività produttiva essendo ESG compliant, consente loro di avere accesso al credito a condizioni più favorevoli in termini di tasso di interesse più basso e/o una maggior quantità di credito concesso.

La crescente attenzione del mondo finanziario alle tematiche ESG, come detto poc’anzi, deriva dal fatto che il potenziale impatto positivo di queste ultime sul rischio di credito, può ridurre notevolmente l’ammontare di NPL che una banca può detenere in pancia.

A tal proposito l’EBA (European Banking Authority) si è mossa pubblicando ufficialmente (il 30 giugno 2021) dopo anni di incertezze le cosiddette EBA Guidelines su Loan Origination e Monitoring aprendo la strada verso una prospettiva Forward Looking, ovvero intervenire prima che il credito si deteriori e non quando è già deteriorato.

Le EBA Guidelines sono, quindi, la parte terminale di un processo iniziato nel 2008 in seguito al fallimento di Lehman Brothers.

All’epoca, infatti, l’EBA non aveva delle linee guida in vigore che potessero essere adottate in situazioni simili e la prima modifica che queste introdussero fù l’aumento dei coefficienti patrimoniali delle banche.

Basti pensare alla Grecia che nel 2009/2010, anno in cui scoppiò la grave crisi del paese in seguito alle dichiarazioni del primo ministro il quale affermò che i bilanci pubblicati erano stati appositamente falsificati per consentire alla Grecia di entrare nella Zona Euro; in quel periodo le banche greche avevano un NPL Ratio intorno al 60%, mentre l’Italia intorno al 22,5%.

In periodi successivi, ma comunque sia abbastanza recenti, numerose banche fecero aumenti di capitale proprio perché avevano in pancia un elevato numero di NPL e le EBA Guidelines operano proprio in una prospettiva Forward Looking al fine di evitare che i crediti concessi vadano in default.

Le nuove linee guida, nella sezione 4 degli ordinamenti, includono i rischi ESG con particolare riferimento al rischio climatico nell’ambito degli elementi rilevanti da prendere in considerazione nel momento di erogazione di un prestito.

 

Fattori ESG: lo studio empirico

L’analisi è stata effettuata su un campione di riferimento composto da 71 banche commerciali europee quotate (di queste solo 46 presentavano gli scoring ESG) i cui dati di bilancio vanno dal 2006 al 2020.

È stato scelto come anno di partenza il 2006, in quanto prima di tale anno i bilanci venivano redatti in base al D.Lgs. n. 87 del 1992 (antecedente l’introduzione degli IAS/IFRS) e quindi sarebbe stato difficoltoso fare delle comparazioni tra bilanci redatti secondo principi contabili differenti.

Nello studio effettuato sono state utilizzate variabili in parte ricavate direttamente dai dati di bilancio delle banche costituenti il campione e in parte create appositamente per cercare di migliorare la nostra analisi (in particolare variabili inerenti a Stato Patrimoniale, Conto Economico e alcuni indicatori di sintesi che è possibile osservare nella tabella sottostante).

Infine è stata svolta una regressione.

L’obiettivo era appunto quello di valutare l’impatto dei fattori ESG sul rischio di credito.

L’esito della nostra analisi è stato del tutto inatteso in quanto pare che tra ESG e NPL/LLP (proxy del rischio di credito utilizzate per svolgere la regressione) vi sia una relazione diretta come si evince dalla tabella sottostante (ovvero all’aumentare del valore ESG, aumentano NPL e LLP) e quindi un impatto negativo degli ESG sul rischio di credito.

Tabella 1: risultati regressioni per l’intero campione ponendo come variabili dipendenti LLP e NPL
 
Variabili dipendenti
Variabili indipendenti
LLP
Segno atteso
NPL
Segno atteso
LLP / /
NPL / /
SIZE -1,125067*** -1,742786***
CAPITAL RATIO -0,3057318*** -0,581642***
NON_TRAD_INCOME -1,060436** -2,706824**
ROAA -1,380364*** -2,977921***
COST_INCOME 0,0024028 0,678102**
GROSS_LOANS 3,820463* 12,14164***
ESG_SCORE 0,0633067*** 0,1023576***
n. osservazioni 430 429
n. banche 71 71
periodo 2006-2020 2006-2020
F Test 5,09 3,51

* = significatività al 10% (p-value < 0,1);

** = significatività al 5% (p-value < 0,05); *** = significatività all’1% (p-value < 0,01)

 

Tale risultato ottenuto è ovviamente in antitesi con quanto affermato poc’anzi e una delle possibili spiegazioni cui si è pervenuti risiede nel fatto che fino a quel momento non vi fossero linee guida univoche da seguire riguardo all’inclusione dei fattori ESG nei rating creditizi, che hanno portato gli istituti di credito ad utilizzare criteri differenti talvolta più consoni alla propria realtà aziendale.

La conseguenza di ciò è il cosiddetto fenomeno del Greenwashing o ecologismo di facciata, fenomeno quantomai comune alla luce anche del sempre maggior rilievo che le tematiche ESG stanno assumendo all’interno della nostra società e considerati i criteri stringenti per essere considerati ESG compliant, sia banche che imprese potrebbero aver adottato strategie alternative per distogliere l’opinione pubblica da eventuali effetti negativi e allo stesso tempo sfruttarne tutti i benefici annessi.

L’entrata in vigore delle Linee Guida EBA rappresentano però, il primo passo verso una standardizzazione che possa aiutare da un lato gli istituti di credito nella valutazione ed inclusione di questi fattori al fine consentire uno svolgimento dell’attività creditizia il più sicura possibile, e dall’altro le imprese per sapere quali siano i requisiti necessari al fine di poter avere un accesso al credito a condizioni agevolate per aver avere un equo ritorno dal punto di vista finanziario e raggiungere gli obiettivi preposti.

 

A cura di Luca Bonfè