Costituzionalmente illegittima la norma che prevedeva l'inefficacia delle azioni esecutive sull'abitazione del debitore

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma del decreto Ristori che prevedeva l’inefficacia di azioni esecutive (pignoramenti) sull’abitazione (prima casa) del debitore.

azioni esecutive abitazione debitoreCade sotto un colpo di scure della Corte Costituzionale, segnato dalla sentenza n. 87 del 4 aprile 2022, l’art. 4 del D.L. n. 137/2020 (decreto c.d. “ristori”) nella parte (il secondo periodo) in cui prevede(va) l’inefficacia di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore effettuata dal 25 ottobre 2020 al 25 dicembre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto).

Come si ricorderà, nella fase emergenziale del fenomeno pandemico covid-19, oltre la disposizione richiamata un’altra norma (anche essa evidentemente finalizzata a tutelare i soggetti colpiti dalle conseguenze del virulento diffondersi dei contagi) ebbe a riguardare le procedure esecutive sull’abitazione principale del debitore.

Si tratta dell’ art. 54-ter del D.L. n. 18/2020 che disponeva la sospensione per sei mesi di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 c.p.c avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il 29 aprile 2020.

Tale disposizione era però già approdata alla attenzione del Giudice delle leggi, poiché oggetto di due proroghe.

La prima era fissata al 31 dicembre 2020 e la seconda, dichiarata incostituzionale con la decisione n. 128/2021, fino al 30.6.2021.

 

I dubbi di costituzionalità sollevati dal Tribunale di Treviso

Quanto al provvedimento della Consulta in rassegna, deve ricordarsi che esso è originato dal fatto che – con ord. del 18 marzo 2021 – il Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale ordinario di Treviso sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, nella parte in cui prevede(va) che:

“È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’art. 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”,

ossia al 25 dicembre 2020.

L’illegittimità costituzionale  della norma che prevedeva l’inefficacia delle azioni esecutive sull’abitazione del debitore

Le argomentazioni della Corte Costituzionale

Ebbene, le questioni di legittimità costituzionale sinteticamente descritte, sono state ritenute fondate in riferimento a entrambi i parametri evocati.

 

Con riferimento all’art. 24 Costituzione

Con riguardo alla denunciata violazione del diritto alla tutela giurisdizionale, la Consulta ha ribadito che il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall’art. 24 Cost. (ex multis, sentenza n. 225 del 2018).

L’azione esecutiva è, invero, fattore complementare e necessario dell’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, sentenze n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002, n. 333 del 2001 e n. 321 del 1998).

In linea generale, quindi, la fase di esecuzione forzata delle decisioni giudiziarie, in quanto intrinseco ed essenziale connotato della funzione giurisdizionale, è costituzionalmente necessaria (sentenze n. 213 e n. 128 del 2021), mentre eccezionali sono le deroghe al principio, espresso dall’art. 2740 cod. civ., per cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (ex multis, sentenza n. 506 del 2002).

Alla luce di queste premesse la Corte ha rammentato come, in riferimento ad altre disposizioni dettate nel contesto della legislazione emergenziale da COVID-19, erano state dichiarate ammissibili limitazioni al diritto del creditore di agire in sede esecutiva solo se fondate su circostanze eccezionali e se circoscritte nel tempo (sentenze n. 236, n. 213 e n. 128 del 2021).

Di contro, una previsione come quella censurata, sia pur limitatamente al breve periodo di due mesi, limita(va), ad avviso della Consulta, oltre modo il diritto del creditore finanche a cautelarsi con il pignoramento dell’immobile a fronte del rischio di possibili atti di disposizione da parte del debitore.

Inizialmente, il regime della sospensione dell’esecuzione, di cui all’art. 54-ter del D.L. n. 18 del 2020, come convertito, comportava che comunque il pignoramento era possibile, ma l’esecuzione, appena iniziata con il pignoramento, era destinata ad essere subito sospesa.

In tal modo il legislatore aveva realizzato un bilanciamento, nella eccezionale situazione di emergenza sanitaria conseguente alla pandemia da COVID-19, tra l’interesse del debitore a veder temporaneamente arrestata l’esecuzione forzata dopo il pignoramento dell’immobile destinato a sua abitazione principale e quello del creditore procedente a conservare il regime di inopponibilità degli eventuali atti di disposizione dell’immobile già pignorato.

Inoltre, contestualmente il debitore si giovava altresì – quanto alle procedure esecutive prossime a conclusione, nelle quali avrebbe potuto essere emesso dal giudice il decreto di trasferimento del bene espropriato e l’ingiunzione di rilasciare l’immobile (art. 586, comma secondo, cod. proc. civ.) – della generale sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili di cui all’art. 103, comma 6, del D.L. n. 18 del 2020, come convertito.

In questo contesto di protezione già ampia del debitore, mirata ad evitare che egli potesse in alcun caso essere costretto a rilasciare l’immobile in cui aveva fissato la sua abitazione principale, l’ulteriore tutela della radicale inefficacia della procedura esecutiva, estesa quindi al pignoramento dell’immobile, ha fatto venir meno – come sottolineato dalla Consulta – la possibilità per il creditore di iniziare l’esecuzione forzata, pur destinata ad essere sospesa ex lege, al fine di assicurare quanto meno l’inopponibilità degli eventuali atti di disposizione dell’immobile, oggetto dell’abitazione principale del debitore, e in ipotesi pregiudizievoli della garanzia patrimoniale del credito.

Ciò ha compromesso la tutela giurisdizionale in executivis del creditore, con conseguente vulnus all’art. 24 Cost.

La disposizione censurata, contemplando la sanzione dell’inefficacia per i pignoramenti immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore se eseguiti nel periodo ricompreso tra il 25 ottobre e il 25 dicembre 2020, ha compromesso in via definitiva il diritto al soddisfacimento in sede esecutiva dei creditori chirografari, in quanto, a seguito della declaratoria di inefficacia, non si sono prodotti gli effetti di cui agli artt. 2913 e seguenti cod. civ., con conseguente opponibilità anche al creditore procedente (nonché ai creditori eventualmente intervenuti) degli atti di disposizione del bene posti in essere dal debitore dopo il pignoramento.

Opponibilità non rimediabile altrimenti, perché la produzione degli effetti di cui all’art. 2913 cod. civ. è condizionata non solo al compimento del pignoramento, ma anche al suo permanere, sicché, se per qualunque ragione il pignoramento viene meno (ed è ciò che si verifica a causa della “inefficacia” sancita dalla disposizione censurata), cessa automaticamente ogni ostacolo all’opponibilità dell’atto di disposizione al creditore; né quest’ultimo potrebbe ricostituire la propria posizione con un nuovo pignoramento che sarebbe posteriore all’atto e troverebbe una situazione patrimoniale ormai definitivamente modificata.

 

In riferimento all’art. 3 Costituzione

La norma censurata è stata ritenuta incompatibile, inoltre, con l’art. 3 Cost., poiché, allo scopo di tutelare il diritto di abitazione del debitore esecutato, contempla una conseguenza eccessivamente pregiudizievole per il creditore, che non si pone in necessaria correlazione con siffatta finalità di tutela.

Infatti il predetto diritto, certamente meritevole di speciale protezione, costituendo esso un “diritto sociale” incluso nel catalogo dei diritti inviolabili (sentenza n. 128 del 2021), per un verso non viene meno per effetto della sola apposizione del vincolo del pignoramento e, per l’altro, era già adeguatamente tutelato, nello stesso periodo, dalla proroga della sospensione delle relative procedure esecutive, prevista dall’art. 54-ter del D.L. n. 18 del 2020, come convertito, oltre che dalla sospensione dell’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’immobile, contemplata dall’art. 103, comma 6, dello stesso D.L. n. 18 del 2020.

Il bilanciamento tra i diritti coinvolti è stato così operato dal legislatore, che pure gode in questa materia di ampia discrezionalità, in maniera manifestamente irragionevole, con la previsione, in danno del creditore, di una sanzione processuale (l’inefficacia di “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare“) che, rispetto alla finalità perseguita, comprime il diritto del creditore procedente in misura eccessiva (art. 3, primo comma, Cost.), oltre che – come si è già rilevato – incompatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale (ex multis, sentenze n. 253 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 e n. 50 del 2010 e n. 221 del 2008; ordinanza n. 141 del 2011).

Il difetto di ragionevolezza della disposizione censurata è ancor più marcato se si considera la sua (pur limitata, quanto inspiegabile) portata retroattiva relativamente a pignoramenti, già efficaci secondo la disciplina previgente, divenuti inefficaci ex post per effetto della disposizione censurata (si tratta dei pignoramenti eseguiti tra il 25 e il 28 ottobre 2020, ossia prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 137 del 2020, come convertito).

La conclusione della Corte Costituzionale

Alla luce di queste osservazioni, la Corte Costituzionale ha così dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del D.L. n. 137 del 2020, come convertito, nella parte in cui prevede che:

È inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto“.

Rimane fermo, in questo stesso periodo, il regime di sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore di cui all’art. 54-ter del D.L. n. 18 del 2020, come convertito e successivamente prorogato nella sua vigenza.

 

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A cura di Antonino Russo

Giovedì 28 aprile 2022