E’ assoggettabile ad Irpef la somma prelevata da un conto cointestato perché il denaro versato sullo stesso da un coniuge non appartiene necessariamente anche al coniuge “poi” prelevante.
Conto cointestato tra coniugi e prova dell’animus donandi
Nel conto cointestato tra coniugi ciò che conta è la prova dell’animus donandi del coniuge che dona le somme di denaro.
Questo è il responso della Corte di Cassazione.
La vicenda traeva origine da un caso in cui un contribuente era stato condannato dal giudice civile al risarcimento dei danni subiti dal coniuge per l’arbitraria appropriazione della somma depositata sul conto corrente cointestato, perciò considerata provento derivante da fatto illecito (e come tale soggetto a tassazione per accertamento Irpef) da parte del competente ufficio dell’Agenzia Entrate, non essendo stato ravvisato alcun indizio dell’esistenza di un animus donandi al momento del versamento del danaro di sua esclusiva pertinenza.
I proventi da fatti illeciti
Questo in ragione del fatto (riconosciuto fondato dalla Suprema Corte) che, in tema di imposte sui redditi, i proventi derivanti da fatti illeciti, rientranti nelle categorie reddituali di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, devono essere assoggettati a tassazione anche se il contribuente è stato condannato alla restituzione delle somme illecitamente incassate ed al risarcimento dei danni cagionati o se in capo all’autore del reato sussisteva l’intenzione di non trattenere le ricchezze percepite nel proprio patrimonio, ma di riversarle a terzi (tra le altre: Cassazione, Sez. V, 5 giugno 2000, n. 7511; Cass., Sez. 6-5, 24 ottobre 2019, n. 27357).
A seguito del contenzioso incardinato dallo stesso contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana riformava la decisione di prime cure, sul