Le gestione fiscale del contributo è complessa: pur non rientrando nei limiti del Temporary Framework, essendo stato introdotto per limitare gli effetti della pandemia come altri similari contributi, dovrebbe essere considerato non tassabile, nonostante la sua diretta riconducibilità all’originaria agevolazione “Resto al Sud” che, invece, è aiuto tassabile
Il contributo a fondo perduto della disciplina “Resto al Sud”, pur essendo stato introdotto per combattere gli effetti della pandemia da Covid, rimane pur sempre un aiuto “de minimis” e, come tale, escluso dai limiti di applicazione del Temporary Framework.
Tuttavia, pur non rientrando nei limiti del Temporary Framework, essendo stato introdotto per limitare gli effetti della pandemia, come altri similari contributi, dovrebbe essere considerato non tassabile, nonostante la sua diretta riconducibilità all’originaria agevolazione “Resto al Sud” che, invece, è aiuto tassabile.
L’agevolazione “Resto al sud” ordinaria
“Resto al Sud” è la misura introdotta dall’art. 1 del decreto legge n. 91/2018, la cui gestione è stata affidata a Invitalia, che sostiene la creazione e lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali (escluse le attività agricole e del commercio) e professionali in alcune aree svantaggiate del Paese (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia).
In particolare, la misura è destinata al finanziamento integrale delle seguenti spese:
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ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili (per un massimo del 30% del complessivo programma di spesa);
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macchinari, impianti e attrezzature nuovi;
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programmi informatici e servizi per le tecnologie, l’informazione e la telecomunicazione;
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spese di gestione (materie prime, materiali di consumo, utenze, canoni di locazione, canoni di leasing, garanzie assicurative), per un massimo del 20% del complessivo programma di spesa.
Il contributo spetta nelle seguenti misure:
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per un massimo di 50.000 euro per ogni richiedente, elevabili a 60.000 nel caso di imprese in forma individuale a seguito delle modifiche introdotte dal decreto Rilancio;
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nel caso di società, si tiene conto del numero dei soci per un massimo di