Il versamento del secondo acconto è pari alla metà circa delle imposte e dei contributi previdenziali dovuti in un anno e l’esborso di ingenti importi in una unica rata ha spesso messo in difficoltà finanziaria tanti contribuenti. Perchè non permettere la dilazione? L’ISTAT ha chiarito che la rateizzazione non inciderebbe sui conti dello Stato!
Finalmente! Da tempo CommercialistaTelematico si è attivato per porre all’attenzione del mondo politico la norma che obbliga i contribuenti ad affrontare il pagamento del secondo acconto delle imposte, quello del 30/11 (ragionando per semplicità dei contribuenti con esercizio solare e non a cavallo di anno), con un unico versamento senza possibilità di rateizzazione, a differenza del primo acconto che invece si può diluire fino a sei distinti versamenti.
Semplificando, il versamento del secondo acconto è pari alla metà circa delle imposte e dei contributi previdenziali dovuti in un anno, e l’esborso di ingenti importi in una unica rata ha spesso messo in difficoltà finanziaria tanti contribuenti.
Come si sopperisce in questi casi alla mancanza di liquidità?
I tantissimi che non riescono ad affrontare questo adempimento valutano generalmente due diverse soluzioni allo scopo di crearsi una auto-rateizzazione:
- l’apertura di un debito bancario: in questo caso la banca anticipa l’importo delle imposte e contributi dovuti, in modo che il contribuente riesce a rispettare la scadenza e il rimborso all’istituto avviene attraverso il pagamento di sei rate mensili;
- l’utilizzo dell’istituto del ravvedimento operoso: il contribuente suddivide l’importo dovuto per il secondo acconto in sei parti e ogni mese versa un sesto, aggiungendo all’importo dovuto le sanzioni ridotte e gli interessi.
Questi due stratagemmi hanno naturalmente dei costi diretti (interessi, sanzioni) ed indiretti (perdite di tempo, possibilità di errori in particolare con i ravvedimenti, burocrazia: spesso a distanza di uno/due anni si viene chiamati dall’Agenzia delle entrate perchè non risultano caricati gli F24 pagati) per cui sarebbe corretto e necessario che lo Stato intervenisse.
Come detto da tempo stiamo chiedendo ai rappresentanti politici che intervengano per modificare questa norma (per citare solo gli ultimi solleciti: incontro avvenuto a Roma nel mese di settembre 2020, alla presenza tra gli altri dell’On. Massimo Bitonci e dell’On. Alessio Villarosa, e incontro on line dell’aprile scorso alla presenza di rappresentanti dei diversi gruppi parlamentari) in modo da replicare la possibilità di rateizzazione già prevista per il primo acconto, per permettere a chi ne ha la necessità di pagare le imposte sostanzialmente con dodici versamenti mensili di pari importo.
In tal modo si avvicinerebbe anche il sistema dei pagamenti delle imposte da parte “del popolo delle partite IVA” a quello dei dipendenti.
Rateizzazioni naturalmente facoltative.
Il mondo politico ha preso atto del problema
Finalmente i suggerimenti – nostri e di tanti altri – sono arrivati a destinazione, sono stati presi in esame e valutati:
- il Gruppo della Lega ha presentato un emendamento al decreto Sostegni-bis ora all’esame della commissione Finanze di Montecitorio e sembra che vi sia convergenza di vedute con i rappresentati dei Gruppi di Italia Viva e del Movimento 5 Stelle (prima ancora, in data 4 marzo 2021, aveva presentato una proposta di legge allo scopo);
- nel frattempo gli onorevoli Alberto Gusmeroli e Luigi Marattin, rappresentanti della Commissione Finanze alla Camera dei Deputati, hanno chiesto ufficialmente all’ISTAT se l’eventuale dilazione del pagamento dell’acconto di novembre possa influire negativamente sui conti dello Stato (che notoriamente ha il costante e stringente problema di raggiungere un certo quantitativo annuo di entrate).
La risposta dell’ISTAT
Contrariamente a quanto in tanti credevano l’ISTAT ha invece confermato che lo spostamento dell’acconto di novembre non crea problemi al Bilancio dello Stato, con questa motivazione:
“Versamento del secondo acconto entro il 31 gennaio dell’anno t+1 ovvero in sei rate mensili di pari importo da gennaio a giugno dell’anno t+1.
La dilazione dei termini di pagamento del secondo acconto, nelle modalità da voi descritte, non modificherebbe l’anno di registrazione delle imposte (anno t).
La registrazione per competenza (anno t) dei versamenti del secondo acconto nell’anno t+1 è legata alla disponibilità delle informazioni necessarie per la stima degli importi.
In particolare, il versamento di gennaio in un’unica soluzione non farebbe insorgere difficoltà poiché la sua rilevazione avverrebbe in tempo utile per la stima del conto consolidato dell’anno t da trasmettere alla Commissione Europea con la Notifica di aprile.
Per quel che attiene il pagamento a rate, potrebbero emergere dei profili di criticità; tuttavia, il pagamento mediante sei rate di uguale importo consentirebbe, attraverso l’osservazione degli importi relativi alla rata di febbraio (che non si sovrapporrebbe con il pagamento del secondo acconto in un’unica soluzione), di disporre degli elementi informativi necessari per una stima dell’ammontare complessivo del secondo acconto da imputare all’anno t.
La dilazione dei termini di pagamento del secondo acconto non avrebbe effetti sulla distribuzione temporale delle entrate nell’anno e di conseguenza sulle stime trimestrali dell’indebitamento”.
Una svolta epocale l’hanno definita gli On. Alberto Gusmeroli e Massimo Bitonci, che consentirà – se approvata – di procedere a costo zero per lo Stato e con una enorme iniezione di liquidità per 5,5 milioni di contribuenti.
Ci auguriamo che la proposta possa essere rapidamente approvata perché rappresenterebbe un importante passo della Pubblica Amministrazione nell’agevolare i contribuenti nel pagamento delle imposte.
Poi Commercialista Telematico continuerà le altre sue piccole battaglie, quali ad esempio:
- la riforma del processo tributario
- la non tassabilità dei conferimenti di studi professionali, singoli o associati, in S.T.P., che potrebbe incentivare tantissimo l’aggregazione degli studi professionali che attualmente in Italia sono per la maggior parte formati da singoli professionisti e dove invece è sempre più necessario unirsi per creare studi multidisciplinari, multipersonali e con i dovuti investimenti; lo Stato ne trarrebbe solo vantaggi e non si capisce invece perchè questo passaggio venga avversato (anche considerando che la stessa operazione fatta nel mondo imprenditoriale non è soggetta a tassazione);
- le modifiche alle norme sulle cosiddette società di comodo e/o in perdita sistemica (e la non applicazione almeno per gli anni 2020 e 2021);
- la non tassabilità dei canoni di locazione non abitativa non incassati.
Arrivando a pagare le imposte in dodici rate mensili di pari importo si potrebbe poi ragionare anche dell’abolizione delle ritenute d’acconto a professionisti e intermediari del commercio. In particolare i professionisti dovendo scontare una ritenuta del 20% sugli incassi, se non hanno redditi molto elevati chiudono sempre la dichiarazione annuale a credito e devono attendere anni per ricevere il rimborso dei propri denari; la compensazione “semplice” è ammessa solo fino a 5.000 euro. Ogni ritenuta d’acconto comporta un elevato grado di burocrazia: l’azienda che opera la ritenuta d’acconto deve organizzarsi per la predisposizione del modello F24 e poi del relativo versamento, rilasciare la Certificazione Unica al percettore, inviarla all’Amministrazione Finanziaria, predisporre il modello 770. Tutto questo avviene per ogni singola ritenuta, pensiamo a quanti milioni e milioni di questi adempimenti potrebbero essere eliminati e quanto tempo in più si libererebbe…
Senza voler affrontare i grandi temi della riforma del Fisco quali l’equità verticale e orizzontale, la neutralità finanziaria, la determinazione della pressione fiscale, la redistribuzione del carico fiscale, la necessità di allargare le tematiche a livello europeo (e mondiale, vedi ad esempio tassazione delle multinazionali digitali) ma rimanendo al livello di “piccoli” (?), mirati interventi, altri opportuni ed aupicabili interventi del Legislatore riguardano lo Statuto del Contribuente, l’abuso del diritto, la ristretta base azionaria, ne riparleremo.
A cura di Roberto Pasquini
Lunedì 21 giugno 2021