Data la novità del fenomeno legato all’emergenza da Coronavirus e ai suoi impatti, si è indotti a pensare che, in questi tempi, ciò che conti prioritariamente per il management sia l’arte di apprendere e di far apprendere. Esaminiamo due modelli utili per spiegare i processi di apprendimento, che hanno nel tempo convinto per la loro utilità.
L’arte di apprendere e i processi di apprendimento
Premesso che per aiutare gli altri ad apprendere è necessario aver “capito ciò che si desidera insegnare”, ecco che la situazione nella quale ci troviamo a dover lavorare è così nuova da richiedere necessariamente un elevato sforzo e poi un impegno sul piano dell’apprendimento.
Così, un imperativo per coloro che non hanno, da tempo, più tempo per apprendere è: trovare invece il tempo per tornare a farlo.
Certo, questo richiede, come suggerisce Edgar Morin, una disponibilità che non è di tutti e che è quella di “riapprendere ad apprendere”.
Ebbene, uno dei passaggi per riattivare il circuito virtuoso dell’apprendimento è quello di ispirarsi a ciò che il Tao definisce lo “spirito della valle”, “riceve tutte le acque che in essa si riversano”.
Tra i vari modelli proposti per spiegare i processi di apprendimento, ce ne sono due che mi hanno nel tempo convinto per la loro utilità.
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Management e arte di apprendere
L’apprendimento esponenziale: il modello di David Kolb
Il modello di David Kolb sull’apprendimento esperienziale con i suoi 4 step sequenziali che rappresentano le attività che portano ad apprendere dai fatti, dall’implementazione delle decisioni prese.
L’apprendimento organizzativo: il modello di Chris Argirys
C’è poi il contributo di Chris Argirys (Harvard University) che, nel libro pubblicato con Donald Schon (MIT) dal titolo Apprendimento Organizzativo (A.Guerini & Associati, Milano 1998), ha riproposto il double loop dell’apprendimento, distinguendo:
- l’apprendimento che porta all’innovazione che è tipicamente rivolto all’analisi di fattori di ambiente esterno;
- l’apprendimento conservativo che spinge per comportamenti migliorativi e che è concentrato su variabili interne all’azienda.
L’analisi dinamica dei sistemi (System Dynamics)
Ma sul piano dell’approccio ai fenomeni e della loro comprensione, quella che ha consentito, attraverso la ricerca delle relazioni di causa-effetto tra variabili, costruttivi momenti di apprendimento, sia per le persone che per le organizzazioni, è stata l’analisi dinamica dei sistemi (Systems Dynamics).
Quest’approccio, originariamente proposto da Jay Forrester (1965), docente del Massachusetts Institute of Technology di Boston, oggi è diventata una scuola.
Ne sono importanti esponenti Donella Meadows e Peter Senge, che ha proposto al mondo quest’approccio come The fifth discipline.
In particolare, tra i vari lavori della Meadows è stato pubblicato di recente anche in Italia, quello che risulta l’ultimo suo lavoro.
Il titolo è “Pensare per sistemi” (Guerini Next, Milano 2019), con una nota del curatore dell’edizione italiana: Stefano Armenia, Presidente del System Dynamics Italian Chapter, Associazione parte della System Dynamics Society che opera a livello internazionale.
Nella parte finale di questo volume si può anche trovare una Bibliografia ragionata per macro ambiti di ricerca in cui è stato applicato il System Dynamics e tra questi vi è anche il mondo delle imprese.
In Italia alcuni studiosi si sono avvicinati a questa Scuola. Fra questi si ricordano: Carmine Bianchi (Università di Palermo), Vittorio d’Amato (prima Bocconi e poi Liuc-Università Cattaneo), Piero Mella (Università di Pavia), Alberto de Toni (Rettore Università di Udine), Vittorio Coda e Eduardo Mollona.
Di questi diversi studiosi si citano due contributi: Vittorio Coda “L’analisi delle relazioni di causa-effetto nel governo delle imprese” (articolo pubblicato in “Finanza Marketing e Produzione” Numero 2 1983) e Carmine Bianchi “Modelli di System Dynamics per il miglioramento della performance aziendale” (Collana Management, Ipsoa Milano 2009).
Questa è una Scuola alla quale sicuramente avvicinarsi, poiché le potenzialità in termini di apprendimento derivanti dalla ricerca delle relazioni di causa-effetto fra variabili gestionali è molto elevata.
Così, si ricorda, solo per i meno attenti, che anche la “Mappa Strategica” elaborata in fase di definizione della Balanced Scorecard richiede di applicare i modelli di System Dynamics.
Si deve effettuare una ricerca delle relazioni di causa-effetto per individuare tra le innumerevoli variabili di gestione operativa, quelle poche a forte valenza strategica in quanto ad alto “impatto strategico”.
A cura di Alberto Bubbio
Mercoledì 16 settembre 2020
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