A seguito dell’emergenza derivante dall’epidemia/pandemia da Covid-19, che sta segnando questa prima metà del 2020, sono stati emanati atti e provvedimenti finalizzati a sostenere imprese e lavoratori, con rilevanza sia strettamente economica che sociale, nonché a promuovere una maggiore tolleranza verso comportamenti indotti non dall’intento di commettere violazioni e scorrettezze, bensì da un oggettivo stato di difficoltà conseguente alla situazione in atto.
In particolare, il presente contributo si soffermerà sulle disposizioni in materia di inadempimento del debitore, che incidono sull’ordinaria disciplina civilistica.
Dall’emergenza da Covid-19 all’inadempimento dei contratti: inevitabilmente l’emergenza in atto ha generato ritardi nell’esecuzione delle prestazioni, rendendole impossibili o eccessivamente onerose, a causa di un mutamento delle condizioni di “esercizio” accompagnato dai provvedimenti restrittivi delle autorità.
Al riguardo, si segnala che il D.P.C.M. 11.03.2020, attuando quanto previsto dal D.L. n. 6/2020, ha disposto la sospensione di attività commerciali al dettaglio, di servizi alla persona, dei servizi di ristorazione, e anche delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione.
A ciò si aggiungono gli effetti di una situazione di “limitato esercizio” emergenziale dei diritti di libera circolazione delle persone, che condiziona fortemente la domanda di beni e servizi sul mercato (nonostante sia salvaguardato il commercio elettronico B2C).
Inadempimento dei contratti: aspetti generali
Perentoriamente, il codice civile – art. 1218 – stabilisce che:
“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Dispone poi l’art. 1223 del codice che:
“Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta” (danno emergente + lucro cessante).
Ordinariamente, quindi, l’inadempimento dei contratti o il “carente adempimento” da parte del debitore richiede il risarcimento del danno all’altro contraente.
Queste previsioni civilistiche di base, nell’attuale frangente, devono essere integrate con la normativa emergenziale. In particolare, con il D.L. 17.03.2020, n. 18 (art. 91), è stato introdotto il nuovo art. 6-bis del D.L. 23.02.2020, n. 6 (convertito con modificazioni dalla legge 05.03.2020, n. 13), il quale dispone che:
“Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Si tratta, come è evidente, di contromisure intese a contrastare fenomeni purtroppo divenuti molto attuali come il crollo del fatturato e degli incassi delle imprese, la conseguente crisi di liquidità, e quindi il mancato adempimento dei debitori a fronte delle scadenze previste.
Il decreto ora innovato, emanato nella fase iniziale dell’epidemia, contiene misure urgenti – poi integrate e attuate con diversi D.P.C.M., per assicurare il contenimento del contagio, in considerazione delle quali si è ritenuto di rendere “scusabile” il ritardato o il mancato pagamento del contraente “avente causa”, a condizione che questo sia conseguenza delle misure autoritative per il contenimento dell’epidemia.
Si segnala, comunque, che queste previsioni sono accompagnate – nel medesimo D.L. n. 6/2020 – da altre che riguardano rapporti contrattuali specifici, prevedendo ad esempio una moratoria nel pagamento di rate di mutui e leasing, il divieto di riduzione degli affidamenti bancari, la sospensione d