La Riforma del Fallimento propone a carico di amministratori e sindaci (in particolar modo dei sindaci) l’obbligo dell’allerta della crisi d’impresa: vi è il rischio che tale allerta debba essere assai preventiva….con tutte le conseguenze negative del caso in caso di mancato adempimento.
Approfondiamo la questione dell’allerta preventiva.
La Legge Delega 19 ottobre 2017 n. 155 (pubblicata sulla G.U. n. 254 del 30 ottobre 2017) rimanda al Governo l’onere di dare attuazione alla riforma della disciplina della crisi di impresa.
Uno dei principi generali sanciti dalla Legge Delega e che dovrà caratterizzare l’azione di Governo una volta data attuazione, mediante intervento normativo, a quanto stabilito dalla L. n. 155/2017 è rappresentato dal concetto di “crisi” e di “insolvenza”, nonché l’introduzione delle “procedura di allerta e di composizione della crisi” (art. 4), volte a garantire la “ripresa” delle aziende in crisi e ad evitare la fine più “drastica” identificabile con le procedure fallimentari, in un’ottica di ristrutturazione e risanamento aziendale.
In tale prospettiva, un ruolo fondamentale è previsto per gli organi preposti al “controllo” societario, nonché ai c.d. “creditori qualificati”, chiamati a svolgere un ruolo “attivo” e “propositivo” per una risoluzione tempestiva dello stato di crisi.
Il concetto di Crisi d’Impresa dopo la Riforma: i risvolti sul piano contabile
L’art. 2, comma 1, lett. c) della legge delega ha previsto l’introduzione di una nuova definizione dello stato “crisi” intesa come “probabilità di futura insolvenza”, anche tenendo conto delle elaborazioni della scienza aziendalistica e in linea con la definizione di “insolvenza” che si evince dall’art. 5 dell’attuale legge fallimentare.
Come evidenziato anche dal CNDEC (Linee guida per l’informativa e valutazione della crisi d’impresa del 30 ottobre 2015) non esiste nel nostro ordinamento una definizione “giuridica” di crisi di impresa, poiché il nostro ordinamento disciplina esclusivamente il concetto di “stato