Le notifiche nel contenzioso tributario (parte II)

continuiamo l’analisi delle notifiche nel contenzioso tributario: in questa seconda parte ci dedichiamo ad approfondire il contestato tema della notifica postale diretta degli atti tributari.

 

NOTIFICHE NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO

(Se non lo hai già fatto, puoi leggere la prima parte)

 

Modalità della notifica postale diretta

Quando l’ufficio finanziario ricorre a tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme riguardanti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890/82.

Tale principio risulta costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità,che nella sentenza n. 9111 del 06.06.2012 ha affermato che

“In tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 cod. proc. civ.

Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione” (conforme Cass.: n. 17723 del 2006; n. 17598 del 2010, n. 20027 del 2011; n. 270 del 2012).

 

Tale principio è stato recentemente interamente ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10245, del 26 aprile 2017 (in tal senso anche Cass. Sez. VI,n. 20506 del 29.08.2017).

 

Sulla base dell’applicazione di summenzionati principi, la Suprema Corte ha ritenuto che in caso di notificazione diretta da parte dell’Ufficio a mezzo il servizio posta:

  1. non è necessaria la redazione della relata di notifica:

“la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 6395 del 19/03/2014, precedenti conformi: Cass. n.14327 del 2009, n. 11708 del 2011);

per quanto riguarda la notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita dall’Ufficio finanziario,

“…si applicano le norme concernenti la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 concernono esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 cod. proc civ. Ne consegue che non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione”(Cass.Sez.V, n. 15315 del 04/07/2014, in senso conforme Cass.n. 14501 del 15.07.2016);

2. la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento con grafia illeggibile è validamente effettuata a mani proprie.

La Suprema Corte ha sottolineato che, nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla “firma del destinatario o di persona delegata”, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla Legge n. 890 del 1982, articolo 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del medesimo, fino a querela di falso, a nulla rilevando che la relativa casella non sia stata sbarrata e non sia altrimenti indicata la qualita’ del consegnatario nell’avviso, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullita’ di cui all’articolo 160 c.p.c.(Cass. ord. n. 4895 del 3.03.2014; cfr. anche Cass. Sez. V, n. 9962 del 27.04.2010; Cass. S.U., n. 22044 del 2004);

  1. in caso di notifica in mano di un familiare o di un portiere.

La Suprema Corte, nella sentenza n. 15973 del 11/07/2014, in riferimento alla notificazione a mezzo del servizio postale, eseguita mediante consegna dell’atto a persona di famiglia che conviva, anche temporaneamente, con il destinatario, statuisce che

“…il rapporto di convivenza, almeno provvisorio, può essere presunto sulla base del fatto che il familiare si sia trovato nell’abitazione del destinatario ed abbia preso in consegna l’atto da notificare, onde non è sufficiente, per affermare la nullità della notifica, la mancata indicazione della qualità di convivente sull’avviso di ricevimento della raccomandata, il cui contenuto, in caso di spedizione diretta a mezzo piego raccomandato, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è quello prescritto dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria e non già quello previsto dall’art. 139 cod. proc. Civ.” (Massime precedenti: n. 22607 del 2009, n.18085 del 2013 n.. 4095 del 2014).

Invece, in tema di notificazione al portiere, la giurisprudenza di legittimità sottolinea l’insussistenza dell’obbligo di inviare una seconda raccomandata (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12083 del 13/06/2016; Conforme: Cass. n. 14501 del 15.7.2016, Cass. n. 1304/2017); in particolare, in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del D.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982. In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza con cui il giudice di merito ha ritenuto invalida la notifica della cartella sull’erroneo presupposto che, essendo stata ricevuta dal portiere, occorresse, a norma dell’art. 139 c.p.c., l’invio di una seconda raccomandata (precedenti conformi: Cass. n. 16949 del 2014, Cass. n. 6198 del 2015, Cass. n. 2047 del 2016);

 

  1. in ordine al contenuto del plico.

L’orientamento consolidato della giurisprudenza afferma il principio secondo cui “nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, è onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la cartolina di ricevimento ed il destinatario contesti il contenuto della busta medesima” (Cass. n. 18252 del 2013, proprio in tema di cartella di pagamento. In tal senso, v. anche Cass. n. 10481 del 3.7.2003, Cass. n. 17702 del 2.9.2004, Cass. n. 24031 del 10.11.2006). Specificando che tale statuizione “non soffre eccezioni in ragione di qualità soggettive del mittente, tenuto anzi al rispetto dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede col contribuente”.

La predetta sentenza ne richiama a sua volta una precedente in materia, invero, del tutto diversa:

“Sul punto infatti il principio di diritto applicabile si rinviene nella giurisprudenza di questa Corte (Cass.Sez. L, Sentenza n. 24031 del 10/11/2006), applicabile al genere delle fattispecie omologhe a quella qui in esame: in caso di comunicazione spedita in busta raccomandata e non in plico, ove il destinatario contesti il contenuto della busta medesima, è onere del mittente provarlo (principio applicato in fattispecie in cui il datore di lavoro aveva provato la ricezione della busta raccomandata recante l’invito a riprendere servizio presso sede diversa e la destinataria ne aveva contestato il contenuto…” (Corte di Cassazione n° 18252 del 2013).

 

Di recente sembra che si stia consolidando l’orientamento contrario; precisamente in tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, la Suprema Corte ha sostenuto che la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass., Sez. III, Sentenza n. 15795 del 29.07.2016).

Ancor prima, il Supremo Consesso, con ordinanza n. 20786 del 02.10.2014, ha statuito che in caso di notifica di cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ove l’involucro contenga plurime cartelle e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335c.c., che l’autore della comunicazione fornisca la prova che l’involucro le conteneva, atteso che, secondo l'”id quod plerumque accidit”, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione.

A tale fine, l’indicazione dei numeri delle cartelle sull’avviso di ricevimento, in quanto sottoscritto dal destinatario ex art. 12 del D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, pur non assumendo fede privilegiata, visto che vi provvede non l’agente postale ma lo stesso mittente, ha valore sul piano presuntivo ed ai fini del giudizio sul riparto dell’onere della prova;

 

 

  1. quanto alla ritualità e al perfezionamento della notificazione diretta a mezzo lettera raccomandata.

La giurisprudenza di legittimità ha confermato in tema di avviso d’accertamento che, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza che grava sull’Amministrazione finanziaria, occorre avere riguardo alla data di spedizione dell’atto e non a quella della ricezione dello stesso da parte del contribuente, atteso che il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il notificato si applica in tutti i casi in cui debba valutarsi l’osservanza di un termine da parte del notificante e, quindi, anche con riferimento agli atti d’imposizione tributaria (Cass. n. 22320 del 21.10.2014).

Recentemente, la Suprema Corte ha, inoltre, precisato che nell’ipotesi in cui l’appellante notifichi l’atto di gravame avvalendosi della procedura semplificata di spedizione diretta a mezzo piego raccomandato, consentita dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, la disciplina applicabile è quella concernente il servizio postale ordinario dettata dal D.P.R. n. 655 del 1982, il cui art. 40 prevede, per le raccomandate che non abbiano potuto essere recapitate, un periodo di giacenza negli uffici di destinazione di trenta giorni, stabilendo, altresì, che

“deve essere dato avviso della giacenza di oggetti raccomandati od assicurati, che non abbiano potuto essere distribuiti, ai destinatari ed ai mittenti, se identificabili”.

Ne consegue che, ove sia mancato l’invio al destinatario dell’avviso di giacenza della raccomandata ordinaria, la notifica dell’atto d’impugnazione è nulla (e non inesistente), con conseguente obbligo del giudice, in assenza di sanatoria a seguito di costituzione dell’intimato, di ordinarne la rinnovazione (Cass. n.2 5905 del 7.12.2016);

 

 

  1. in materia di notificazione a persone giuridiche.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2355/2016, ha statuito che qualora la notifica della cartella di pagamento nei confronti di una società sia eseguita direttamente dal concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ex art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, per il relativo perfezionamento è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senza altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, dovendosi escludere, stante l’alternatività di tale disciplina speciale rispetto a quella dettata dalla l. n. 890 del 1982 e dal codice di rito, l’applicabilità delle disposizioni in tema di notifica degli atti giudiziari e, in specie, dell’art. 145 c.p.c. (v. precedenti conformi: Cass.n. 12083 del 2016,Cass. n. 6395 del 2014 ).

Se è vero che in tema di notificazione alle persone giuridiche, ex art. 145 c.p.c., l’art. 46 c.c., ai sensi del quale, ove la sede legale sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede anche quest’ultima, con conseguente validità della notifica ivi eseguita invece che presso la prima, ciò presuppone che sia accertata l’esistenza di detta sede effettiva, in caso di contestazione gravando sul notificante il relativo onere probatorio (cfr., più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 18 gennaio 2017, n. 1248).

In proposito occorre ribadire che, affinché possa essere configurata l’esistenza di una sede societaria effettiva non è sufficiente che talune attività sociali siano decentrate o che vi sia altro luogo utilizzato come recapito per ragioni organizzative (cfr. Cass. sez. 2, 5 ottobre 1988, n. 5369), dovendo identificarsi la sede effettiva, comunque, con il luogo ove abbiano concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente (cfr. Cass. sez. 5, 7 febbraio 2013, n. 2869).

 

 

  1. Comunicazioni e notificazioni nel processo tributario.

L’articolo 16 del decreto legislativo 546/1992 detta le regole circa le comunicazioni e le notificazioni nel processo tributario.

Quanto alle notificazioni , il comma 2 rinvia, innanzitutto, alle disposizioni di cui agli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal successivo articolo 17 (che riguarda il luogo in cui devono essere effettuate le notificazioni del contenzioso tributario).

Appare opportuno soffermarsi sulle peculiari modalità di notificazione di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 16 e, specificamente, la notificazione a mezzo del servizio postale e quella riservata all’ente impositore, effettuata tramite messo speciale autorizzato.

Tutte le parti del giudizio, in base al comma 3 dell’articolo 16 del Dlgs n. 546/1992, possono procedere alle notificazioni “direttamente a mezzo del servizio postale”.

Trattasi di una modalità assai semplificata di notifica che viene effettuata, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario o di altro agente notificatore, mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento ( Cass. n. 17723/2006 , Cass. n. 3896/2008), sul quale

“non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto…” .

 

La forma di notifica in esame trova ampia applicazione nel processo tributario. In particolare, a seguito della recente modifica , ad opera dell’articolo 3 del Dl 40/2010, dell’articolo 38, comma 2, del Dlgs 546/1992, tale modalità (in precedenza preclusa, essendo obbligatorio avvalersi dell’ufficiale giudiziario) è, dal 26 marzo 2010, consentita anche per la notificazione delle sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali, ancorché già depositate alla predetta data.

Di contro, poiché l’articolo 62, comma 2, del Dlgs n. 546/1992, stabilisce che “Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le regole dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto” la notificazione “diretta” a mezzo posta non è ammessa nel giudizio di legittimità, in quanto non prevista dal codice di procedura civile. (Cassazione 3566/2005, 8465/2005, 11620/2009).

In una recente sentenza, la giurisprudenza di legittimità ha specificato che ai fini della dimostrazione dell’avvenuta notificazione del ricorso per Cassazione, a mezzo del servizio postale,

“…il ricorrente ha l’onere, a pena d’inammissibilità del ricorso,i produrre, non oltre l’udienza di discussione, l’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità, di cui all’art.140 c.p.c., e il deposito di suddetto avviso non può essere surrogato dal deposito di una stampa di una pagina del servizio on line…”.

Come anzidetto, la notificazione degli atti del processo tributario eseguita direttamente a mezzo del servizio postale deve essere effettuata

“mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento…”.

 

 

Cosa accade laddove, in luogo del plico, l’atto venga spedito in busta chiusa?

La giurisprudenza di legittimità, in merito al verificarsi di tale ipotesi, ha fornito alcune indicazioni, statuendo in particolare che:

1. il vizio della notificazione eseguita in busta anziché in plico è sanato, ex articolo 156, terzo comma, c.p.c, nel caso in cui il destinatario dell’atto si sia costituito in giudizio e abbia svolto le sue difese, senza contestare il contenuto della busta ricevuta(Cass. n. 17702/2004, Cass. n. 333/2005, Cass. n. 3562/2005);

2. l ’impiego della busta chiusa in luogo del plico, laddove l’atto venga ricevuto dal destinatario che tuttavia non si sia costituito in giudizio, rende nulla la notificazione con la conseguenza che il giudice adito deve disporne la rinnovazione ai sensi dell’articolo 291 c.p.c; l’eventuale sentenza emessa senza che sia stato disposto il rinnovo della notifica è affetta da nullità (Cass. n. 8846/2010)

3. nel caso di utilizzo della busta il cui contenuto non sia contestato, la tempestività dell’invio è valutata con riguardo alla data di spedizione (Cass. n. 333/2005, Cass. n. 918/2006; di contro, Cass. n. 27067/2006, ha ritenuto che, in caso di utilizzo della busta in luogo del plico, per valutare la tempestività dell’invio non può farsi riferimento alla data di spedizione bensì soltanto a quella di ricezione).

 

A seguito della notificazione di un atto del processo tributario a mezzo del servizio postale, è necessario, per dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio, depositare presso la Commissione Tributaria la copia dell’avviso di ricevimento del plico raccomandato.

Pacificamente,la Suprema corte aveva espresso il parere che la mancata produzione dell’avviso in questione equivalesse a inesistenza (ovvero il vizio più grave, assolutamente insanabile) della notificazione (ex pluribus, Cass. n.17541/2007, Cass n. 8931/2005).

A seguito della sentenza n. 627/2008 a Sezioni Unite, tale impostazione è stata abbandonata, in favore di una soluzione meno radicale e più sensibile alle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale.

La sentenza delle S.U. n. 627/2008 , nonché le successive S.U. n. 2520 e n. 3006 del 2008 hanno, quindi, fissato i principi di diritto che si elencano a titolo esemplificativo di seguito :

  • in difetto di produzione dell’avviso di ricevimento e in mancanza di esercizio di attività difensiva da parte dell’intimato, il notificante ha la possibilità di chiedere al giudice di essere rimesso in termini per il deposito dell’avviso che affermi non essergli stato restituito, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, a norma dell’articolo 6 della legge 890/1982;
  • la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato non è elemento costitutivo (quindi requisito di esistenza) della notificazione postale, ma è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio.

 

Queste regole, in principio elaborate con riguardo alla notifica a mezzo del servizio postale eseguita dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’articolo 149 c.p.c., sono state in seguito ritenute applicabili anche in relazione alle notifiche a mezzo posta a cura diretta della parte, previste dall’articolo 16 del Dlgs n. 546/1992 (Cass. n. 9769/2008, Cass. n.2780/2009).

Quanto al momento ultimo entro il quale, nel processo tributario, l’avviso di ricevimento dell’atto di impugnazione notificato a mezzo del servizio postale deve essere prodotto in giudizio, a fronte di una pronuncia (Cass. n. 3006/2008) che ha ritenuto applicabile il termine di venti giorni liberi prima della data di trattazione, fissato dal comma 1 dell’articolo 32 del Dlgs 546/1992 per il deposito dei documenti, in altre sentenze, (Cass.n. 25458/2008, 2780/2009, 17793/2009) invece, è stato affermato che il deposito dell’avviso in questione può essere attuato fino all’udienza di trattazione della causa.

Per ragioni di mera cautela, appare opportuno seguire il primo indirizzo, sebbene minoritario, provvedendo al deposito dell’avviso di ricevimento attestante l’avvenuta notifica entro il termine di venti giorni liberi prima della data di trattazione.

 

30 settembre 2017

Maurizio Villani

Lucia Morciano