No all’aumento della TARI per chi fa minore raccolta differenziata

le differenziazioni di trattamento tariffario devono trovare giustificazione nel maggior carico ambientale ascrivibile a determinate attività umane in virtù della loro più sviluppata capacità di produrre rifiuti inquinanti, indipendentemente dalla modalità (differenziata o indifferenziata) con cui viene effettuata la raccolta…

La Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di Stabilità 2014) ha introdotto una nuova tassazione locale sugli immobili, la c.d. IUC (Imposta Unica Comunale), articolata in tre distinti tributi: IMU, TASI e TARI. Si tratta di tre tributi destinati alle casse Comunali ed aventi presupposti impositivi diversi; va evidenziato che il D.D.L. di Stabilità 2016 in discussione in queste settimane in Parlamento, porterà profonde modifiche al tributo dell’IMU e della TASI, presumibilmente a far data dal 1 gennaio 2016.

Per quanto riguarda la TASI questa è dovuta da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, le unità immobiliari, su cui grava il tributo. Vi rientrano , pertanto: il proprietario; l’usufruttuario; il locatario (nei contratti di locazione finanziaria); il concessionario delle aree demaniali; l’ex coniuge assegnatario dell’immobile coniugale; il coniuge superstite.

E’ soggetto al tributo locale in qualità di occupante (e limitatamente a una quota che varia dal 10% al 30% del tributo) anche il comodatario o il locatario. In caso di pluralità di proprietari (o possessori) o di occupanti (detentori), essi sono tenuti in solido al versamento dell’unica obbligazione tributaria (comma 671, art. 1, L. 147/2013). Proprietario e occupante hanno, invece, un’obbligazione tributaria autonoma: dunque, il proprietario non risponde solidalmente del tributo (10% – 30%), eventualmente non versato dall’occupante.

Sono gravati da TASI i seguenti fabbricati: abitazione principale, pertinenze, seconde case, immobili produttivi, alloggi delle coop a proprietà indivisa, alloggi sociali, ex case coniugali ed abitazioni delle forze armate. Per l’applicazione della TASI, va comunque verificato ciò che ha previsto il Comune nell’apposita delibera. Sono, inoltre, soggette a TASI le aree fabbricabili ad eccezione dei terreni edificabili posseduti da un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo professionale in quanto sono comunque considerati terreni agricoli (quindi esenti da TASI). Sono, inoltre, soggetti al tributo locale i fabbricati rurali strumentali anche se ubicati nei comuni montani o parzialmente montani (rimangono invece esenti da IMU).

Il calcolo della base imponibile TASI va effettuato secondo le regole previste per l’IMU. Ottenuta la base imponibile ad essa occorre applicare le aliquote fissate dal Comune di ubicazione dell’immobile. Dal 2015 la tempistica di versamento della TASI (e della delibera comunale da applicare) è pienamente allineata a quella dell’IMU. Il versamento della TASI deve essere effettuato (art. 17, D.Lgs. 241 del 1997) mediante l’utilizzo del modello F24 o mediante l’utilizzo di apposito bollettino postale (art.1, DL 16 del 6 marzo 2014, convertito nella legge 68, del 2 maggio 2014). Con D.M. del 23 maggio 2014, G.U. 28 maggio 2014, n. 122, è stato approvato il bollettino di conto corrente postale per il versamento del tributo sui servizi indivisibili (TASI). Il modello di bollettino di conto corrente postale riporta obbligatoriamente il seguente numero di conto corrente: 1017381649, valido indistintamente per tutti i comuni del territorio nazionale. Su tale conto corrente non è ammessa l’effettuazione di versamenti tramite bonifico. Il conto corrente postale per il versamento del tributo per i servizi indivisibili è obbligatoriamente intestato a “PAGAMENTO TASI”.

Per quanto riguarda la TARI, il presupposto dell’imposta è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte in grado di produrre rifiuti urbani. Il soggetto passivo è il detentore o il possessore e qualora siano più di uno, è prevista la responsabilità solidale. Nel caso in cui l’immobile sia detenuto per meno di sei mesi in un anno, la tassa è dovuta dal solo possessore o titolare di diritto reale. La TARI è corrisposta per anno solare mediante due rate semestrali o più, a discrezione del Comune. È il Comune l’ente tenuto al calcolo e all’incasso della TARI e lo fa basandosi sui criteri dettati dal regolamento di cui al D.P.R. 158/99 o, in alternativa, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’art. 14 della direttiva 2008/98/CE del 19.11.08, relativa ai rifiuti, commisurando la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte, nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal Comune, moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti. Fino a quando non saranno state attuate le procedure di interscambio tra i comuni e l’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alla superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, iscritte in catasto e corredate di planimetria, previste dal D.L. n. 201/2011, art. 14, co. 9, la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano assoggettabile alla TARI, è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.

Non pagano la tassa le aree comuni condominiali né le aree pertinenziali di locali esclusi dalla tassa. Nel caso di raccolta differenziata sono previste riduzioni della tariffa. Sono previste riduzioni anche in altri casi: come per le abitazioni con unico occupante, oppure in caso di utilizzo stagionale o discontinuo dell’immobile.

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No alla TARI aumentata per chi fa raccolta differenziata

Le maggiorazioni tariffarie non sono modulabili in ragione delle minori percentuali di raccolta differenziata, ma in base alla maggiore attitudine inquinante della singola attività umana, essendo, per esempio, immediatamente comprensibile che diverso peso assumono i carichi ambientali di una civile abitazione e di un opificio. Il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha accolto, con la sentenza n. 5408, del 20 novembre 2015, il ricorso di una società che ha impugnato la delibera di un Consiglio Comunale che aveva sostanzialmente aumentato la TARI in alcune zone del Comune.

Una società è ricorsa contro il Comune per l’annullamento della delibera del Consiglio Comunale del settembre 2014, recante l’approvazione per l’anno 2014 delle tariffe TARI e delle aliquote IMU, nonché del piano finanziario ad essa allegato, nella parte lesiva per la società ricorrente, in relazione alla determinazione delle tariffe TARI.

La società ricorrente espone di essere proprietaria del comprensorio immobiliare concesso in locazione al Governo degli Stati Uniti d’America per le esigenze della Marina Militare Americana, e di essere tenuta, in forza del contratto di locazione, ad assolvere al pagamento degli oneri tributari gravanti sull’amministrazione americana, per l’espletamento del servizio di raccolta rifiuti.

All’interno di tale comprensorio sono collocati alcuni edifici classificati nella categoria C3 della TARI (tassa sui rifiuti), categoria relativa ad immobili come collegi, case di vacanze e convivenze ed introdotta con delibera del Consiglio Comunale 10 settembre 2014, recante l’approvazione del regolamento IUC.

Con successiva delibera del Consiglio Comunale , la tariffa della TARI 2014 per la citata categoria C3 è stata rimodulata in aumento rispetto a quella applicabile per il 2013 di una percentuale pari al 57%, mentre per le altre categorie di utenze l’aumento è stato fissato al 10%; come si ricava dalla relazione al piano finanziario allegato a tale ultima delibera, la decisione di applicare tale aumento differenziato per la categoria C3 poggia sul seguente percorso argomentativo: nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, come recepito nel Regolamento IUC approvato con Delibera del Consiglio Comunale del settembre 2014, le tariffe sono commisurate alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal Comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

Considerato che esiste una sostanziale differenza tra la corrispondenza dell’intero paese all’attuazione della raccolta differenziata, mentre si nota una sostanziale indifferenza degli abitanti della base Nato , come si evince dalla tabella allegata relativa alla percentuale di rifiuti raccolti nella prima parte dell’anno 2014 , si è provveduto a determinare, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, le aliquote da applicarsi nel Comune, la società ha impugnato entrambi i suddetti provvedimenti consiliari ed, in particolare, la delibera comunale nella parte in cui ha introdotto la nuova categoria C3 della TARI, e la delibera comunale nella parte in cui ha determinato la tariffa TARI 2014 per tale categoria.

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L’analisi del TAR

I giudici amministrativi campani evidenziano che l’amministrazione comunale, nella contestata delibera comunale del 2014, non ha fornito una corretta attuazione del suo contenuto, travisandone il senso e ritenendo che la TARI potesse essere commisurata alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta da una certa categoria di utenti, mentre la norma è chiara nel collegare l’importo del tributo ai diversi parametri “degli usi e della tipologia delle attività svolte”, con ciò volendo significare che le differenziazioni di trattamento tariffario devono trovare giustificazione nel maggior carico ambientale ascrivibile a determinate attività umane in virtù della loro più sviluppata capacità di produrre rifiuti inquinanti, indipendentemente dalla modalità (differenziata o indifferenziata) con cui viene effettuata la raccolta. Secondo la legge, in altri termini, le maggiorazioni tariffarie non sono modulabili in ragione delle (minori) percentuali di raccolta differenziata, ma in ragione dell’intrinseca maggiore attitudine inquinante della singola attività umana, essendo, ad esempio, immediatamente comprensibile che diverso peso assumono i carichi ambientali di una civile abitazione e di un opificio. D’altronde, ragionare diversamente significherebbe attribuire alla disposizione in commento un’impropria funzione sanzionatoria dei comportamenti della cittadinanza non consoni ai doveri imposti dal sistema di raccolta differenziata, per il cui rispetto sono invece predisposti altri strumenti dell’ordinamento.

Il TAR ritiene che emerge una palese illegittimità, per violazione dell’art. 1, comma 652, della legge n. 147/2013, della delibera consiliare del 2014, la quale merita di essere annullata, unitamente all’allegato piano finanziario, nella parte in cui ha determinato la tariffa TARI 2014 per la categoria C3, dovendosi reputare assorbite le rimanenti censure meno invasive non esaminate, incluse quelle discendenti dalla prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 652, della legge 147/2013, divenuta irrilevante al riguardo.

Pertanto il ricorso va accolto nei limiti sopra precisati, mentre le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente amministrazione comunale.

11 dicembre 2015

Federico Gavioli