Procedura di esdebitazione: la delicata questione della cancellazione del debito IVA

in caso di accesso alla procedura di esdebitazione, il debitore istante può far assorbire anche il proprio debito IVA all’interno della procedura?

In tema di I.V.A., la Sesta Sezione Tributaria, con ordinanza dell’1 luglio 2015, n. 13542, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale d’interpretazione concernente la compatibilità con il diritto comunitario (in particolare con gli artt. 4, par. 3, Trattato UE e 22 della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE) della normativa interna che prevede l’estinzione del debito tributario, avente ad oggetto l’I.V.A., a favore dei soggetti falliti ammessi alla procedura dell’esdebitazione.

Il Capo IX del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 disciplinava la “Riabilitazione civile”, ma l’art. 128 del D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2006, n. 91, ha sostituito l’intero titolo II, capo IX e ne ha modificato la rubrica in “Della esdebitazione”. La disciplina in esame risulta essere stata modificata, da ultimo, dall’art. 10 del D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 2007, n. 241. A differenza delle altre modifiche apportate dal Legislatore del 2007, le disposizioni del capo IX “Della esdebitazione” si applicano anche alle procedure di fallimento pendenti alla data del 16 luglio 2006, data di entrata in vigore del D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

L’esdebitazione è l’istituto giuridico attraverso il quale il fallito meritevole viene liberato da tutti i debiti concorsuali non soddisfatti, potendo così rientrare nel mercato produttivo.

L’art. 142 L.F. fissa i requisiti per l’accesso alla procedura, in particolare prevede che il fallito:

  • sia una persona fisica;

  • abbia collaborato con il Tribunale, il Giudice Delegato, il curatore ed il comitato dei creditori, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;

  • non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;

  • non abbia violato le disposizioni in tema di consegna della corrispondenza al curatore;

  • non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;

  • non abbia distratto l’attivo, indicato passività insussistenti, provocato o aggravato il dissesto o fatto ricorso abusivo al credito;

  • non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta, per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione;

a condizione che siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori concorsuali.

Il successivo art. 143 L.F. descrive le modalità di attivazione della procedura di esdebitazione:

  • ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo alla dichiarazione di fallimento,

  • decreto di chiusura del fallimento.

Il Tribunale deve preliminarmente:

  • tenere da conto dei rapporti collaborativi del fallito,

  • sentire il curatore e il comitato dei creditori,

  • verificare la sussistenza delle condizioni per l’accesso al beneficio,

e successivamente dichiarare inesigibili nei confronti del fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente.

Con la sentenza 30 maggio 2008, n. 181, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 143 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 limitatamente alla parte in cui esso, in caso di procedimento di esdebitazione attivato, ad istanza del debitore già dichiarato fallito, nell’anno successivo al decreto di chiusura del fallimento, non prevede la notificazione, a cura del ricorrente e nelle forme previste dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile, ai creditori concorrenti non integralmente soddisfatti del ricorso col quale il debitore chiede di essere ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei medesimi creditori, nonché del decreto col quale il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio. Alla luce di ciò, l’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 come convertito con Legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha previsto che il ricorso e il decreto del Tribunale siano comunicati dal curatore ai creditori a mezzo posta elettronica certificata.

Non tutti i debiti possono essere “cancellati”, infatti l’ultimo comma dell’art. 142 L.F. stabilisce che restano esclusi dall’esdebitazione:

  1. gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa; 

  2. i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.

e precisa che sono comunque fatti salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.

Dall’interpretazione letterale dell’art. 142 L.F. parrebbe che il fallito, che abbia beneficiato della esdebitazione, ottenga il condono anche dai debiti fiscali, tra di essi spicca l’I.V.A., per la sua portata comunitaria.

In tema di Imposta sul Valore Aggiunto, per ossequiare il principio di neutralità fiscale, gli artt. 2 e 22 della sesta direttiva CEE e l’art. 4, par. 3, TUE impongono ad ogni Stato membro di adottare le misure legislative e amministrative atte a garantire che l’I.V.A. sia interamente riscossa su tutto il territorio, seppur con una certa libertà in relazione al modo di utilizzare i mezzi a disposizione.

Sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia Europea che ha dichiarato l’incompatibilità della norma nazionale italiana in materia di condono I.V.A..

Proprio in ragione di ciò si è recentemente posto un dubbio interpretativo circa la compatibilità con il diritto comunitario degli artt. 142 ss. L.F. per due ordini di motivi:

  • il potere di concedere o meno l’esdebitazione del fallito, in relazione anche al debito l’I.V.A., è affidato alla discrezione del Tribunale e non riconosciuta dalla legge in via astratta;

  • non tutti i falliti possono essere ammessi alla procedura, infatti l’art. 142 L.F. elenca i requisiti di accesso, ciò potrebbe ledere il principio della concorrenza valevole su tutto il territorio comunitario.

I Giudici della Suprema Corte hanno rimesso gli atti alla Corte di Giustizia Europea.

21 agosto 2015

Anna Maria Pia Chionna