Sbagliare il ravvedimento costa caro!

il contribuente che effettua un ravvedimento operoso pagando l’importo necessario a titolo di imposta e sanzioni ridotte, senza però corrispondere gli interessi perde i benefici del versamento fatto: ecco le sgradevoli conseguenze!

Con l’ordinanza n. 5022 del 12 marzo 2015 (ud. 22 gennaio 2015) la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di ravvedimento operato erroneamente.

Il caso

Il contribuente effettua un ravvedimento operoso, ai sensi dell’art.13, del D.Lgs. n. 472, pagando l’importo necessario a titolo di imposta e sanzioni ridotte, senza però corrispondere gli interessi.

La sentenza

Per la Corte, considerato che il ravvedimento operoso si perfeziona col pagamento della sanzione ridotta contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo e al versamento degli interessi moratori, “qualora, come nella specie, non venga effettuato il versamento degli interessi moratori, il ravvedimento operoso non si perfeziona e, pertanto, il contribuente resta tenuto al pagamento delle sanzioni nella misura intera e non nella misura ridotta prevista dal primo comma del medesimo articolo 13 (vedi, in senso conforme, Cass. 6241/13: In materia di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il mero versamento dei diritti doganali nel termine infraquindicinale, senza il contestuale versamento della sanzione e degli interessi moratori calcolati secondo i criteri normativi predeterminati che non richiedano attività liquidatoria da parte dell’Ufficio, non è sufficiente ad integrare i presupposti di legge per il riconoscimento dell’ulteriore riduzione della sanzione pecuniaria, consentita dal combinato disposto del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, comma 5 e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 1, che prevede espressamente la cumulabilità dei benefici, non ricorrendo infatti i presupposti del ravvedimento operoso’)”.

Breve nota

Già con ordinanza n. 12661 del 9 giugno 2011 (ud. del 3 maggio 2011) la Corte di Cassazione aveva ritenuto pregiudizievole anche una lieve differenza tra l’importo dovuto a seguito del ravvedimento operoso e quello versato. Infatti, il ravvedimento operoso si perfeziona mediante l’integrale osservanza degli adempimenti imposti dall’art. 13 del DLgs. n. 472/97, quindi con il pagamento delle maggiori imposte, delle sanzioni sebbene nella misura ridotta nonchè degli interessi legali. Ove, invece, il contribuente commetta un errore nella computazione della sanzione irrogabile, il ravvedimento non può ritenersi perfezionato, per cui è legittima la ripresa a tassazione delle sanzioni nella misura dovuta.Osserva la Corte che trattasi di condizioni di perfezionamento dell’istituto, come chiaramente si evince dall’impiego dell’espressione “deve” di cui al citato comma 2, a proposito del versamento integrale della sanzione (sebbene nella misura ridotta dal comma 1) contestualmente alla regolarizzazione dell’obbligo tributario, ivi compresi gli interessi di mora.Come appare confermato dal testuale riferimento alla condizione di perfezionamento e come del resto vuole la logica, trattandosi di ravvedimento comunque soggetto al pagamento di una ben determinata sanzione (sebbene in frazione del minimo di legge per le singole ipotesi), “solo l’integrale – e dunque necessariamente esatto – adempimento degli obblighi predetti consente di beneficiare degli effetti dell’istituto di cui all’art. 13, D.Lgs. cit”. La Corte, quindi, perviene alla conclusione che “il mancato integrale versamento dell’importo stabilito per la sanzione ridotta rileva – esso pure – alla stregua di fattispecie impediente l’efficacia dell’istituto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, con conseguente legittimità della ripresa in misura di legge (30 %) della sanzione dovuta”.

Successivamente, con la sentenza n. 14298/2012 la Corte di Cassazione ha ritenuto non perfezionato il ravvedimento operoso, per una lieve differenza sugli interessi versati. Il parziale versamento degli interessi (anche per un mero banale errore di calcolo) inficia l’efficacia del ravvedimento.

Evidenziamo che con la circolare n. 27/E del 2 agosto 2013 l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di soluzioni interpretative alle varie ipotesi di errati versamenti da parte dei contribuenti.

In particolare sul ravvedimento operoso, con riferimento alla questione concernente l’erronea determinazione dell’importo necessario per sanare l’irregolarità commessa e, quindi, degli interessi moratori e della relativa sanzione, l’Agenzia delle Entrate è dell’avviso che (in virtù di quanto chiarito con la risoluzione n. 67/E del 23 giugno 2011) il ravvedimento di quanto originariamente e complessivamente dovuto possa considerarsi perfezionato anche solo parzialmente, cioè limitatamente all’importo versato entro la scadenza del termine per il ravvedimento.

In merito all’individuazione del dies a quo dal quale far decorrere i termini per il ravvedimento, con riferimento al versamento del saldo e del primo acconto dovuti in base alle dichiarazioni, andrà considerato il termine entro cui si è scelto di eseguire l’originario versamento da correggere (16 giugno o 16 luglio).

Laddove il contribuente non abbia versato alcun importo, né entro il 16 giugno né entro il 16 luglio, il termine cui fare riferimento per il calcolo delle somme dovute (sia in sede di ravvedimento, parziale o meno, che di recupero da parte degli uffici) è la data naturale di scadenza, ossia il 16 giugno.

Come già chiarito con la citata risoluzione n. 67/E del 2011, una volta scaduti i termini per il ravvedimento, l’eventuale somma che residua (maggiore imposta dovuta incrementata o meno della percentuale dello 0,40) non potrà beneficiare della riduzione delle sanzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997 in tema di ravvedimento: le sanzioni, pertanto, saranno irrogate dagli uffici, su tale somma residua, nella misura ordinaria, insieme agli interessi per il tardivo versamento, con decorrenza dalla scadenza del termine di versamento “scelto” dal contribuente (16 giugno o 16 luglio).

A maggiore chiarezza riportiamo gli esempi indicati nella circolare n.27/2013:

  • se il contribuente versa, entro il termine prescritto per il ravvedimento, un importo inferiore al residuo dovuto di € 301,2, ad esempio € 201,2, con sanzioni e interessi commisurati all’imposta versata, il ravvedimento si intenderà perfezionato limitatamente a tale importo. La differenza dovuta e non regolarizzata di € 100 sarà oggetto di recupero da parte degli uffici, unitamente agli interessi (calcolati con decorrenza dal 16 luglio), e sulla stessa andrà irrogata la sanzione nella misura ordinaria del 30%;

  • se il contribuente, in sede di ravvedimento, effettua un versamento complessivo di imposta, sanzioni, interessi in misura inferiore al dovuto e le sanzioni e/o gli interessi non siano, come nel caso precedente, commisurati all’imposta versata a titolo di ravvedimento, il ravvedimento potrà ritenersi perfezionato con riferimento alla quota parte dell’imposta – comprensiva o meno della maggiorazione a seconda della data dell’originario versamento – proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo. La circostanza che nel modello F24 occorra indicare separatamente imposta, interessi e sanzioni non fa venir meno l’unitarietà dell’istituto ma, al fine di avere evidenza dell’intenzione del contribuente di avvalersi dei benefici del ravvedimento operoso, è necessario che, in sede di predisposizione del modello di versamento, lo stesso abbia quantomeno provveduto ad imputare parte di quel versamento all’assolvimento delle sanzioni, indicando l’apposito codice tributo. Sulla differenza non sanata andranno irrogate, ad opera degli uffici competenti, le sanzioni in misura ordinaria e/o recuperati gli interessi non versati, da computare, anche in tal caso, con decorrenza dalla data dell’originario versamento (16 giugno o 16 luglio).

L’intervento dell’Agenzia delle Entrate viene, quindi, incontro alle esigenze dei contribuenti che si vedono sbarrata la strada al ravvedimento anche per differenze di lieve importo.

Ricordiamo che nell’ottica di quanto indicato nell’art. 1, cc. 634-640, della Legge di stabilità 2015, L. n.190 del 23 dicembre 2014, al fine di stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, è stato modificato radicalmente l’istituto del ravvedimento operoso.

Sicuramente l’aspetto più significativo delle modifiche apportate è il venir meno della preclusione legata ai controlli.

Infatti, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate non opera lo sbarramento di cui al comma 1, primo periodo, dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997, consentendo così l’accesso all’istituto anche nel caso in cui la violazione sia stata già constatata ovvero siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative, delle quali i contribuenti abbiano avuto formale conoscenza.

L’unico impedimento è la notifica degli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme dovute ai sensi degli artt.36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 (liquidazione e controllo formale della dichiarazione).

Resta fermo che, affinché il ravvedimento operoso si perfezioni è necessario, oltre alla rimozione della condotta costituente violazione, il pagamento della sanzione in misura ridotta, nonché del tributo o della differenza (quando dovuti) e degli interessi moratori calcolati al tasso legale, con maturazione giorno per giorno, entro i termini indicati dal legislatore.

29 giugno 2015

Francesco Buetto