La TARSU/TARES si paga anche sui locali non utilizzati

è assoggettato a TARES/TARSU il garage del contribuente anche se lo stesso non è utilizzato e quindi non produce alcun tipo di rifiuto: la tassa sui rifiuti è da pagare ugualmente perché il Comune mette a disposizione il servizio

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 33, del 7 gennaio 2015, ha stabilito che il pagamento della TARES/TARSU da parte del contribuente è sempre dovuta indipendentemente dal fatto che l’immobile, nel caso in esame si trattava di un garage, non sia utilizzato e non produce alcun tipo di rifiuto; per i giudici di legittimità il prelievo fiscale scatta per il solo fatto che il Comune mette a disposizione del contribuente il servizio.

La nascita del contenzioso fiscale

La vicenda riguarda un importante Comune siciliano che era ricorso in Cassazione avverso la sentenza sfavorevole della Commissione tributaria regionale del novembre 2012. In particolare la CTR osservava che l’appello del Comune avverso la sentenza dei giudici di prime cure non era fondato e che la sentenza gravata era ben motivata.

Inoltre, per i giudici del merito di secondo grado, si trattava solo di garage in cui la presenza del contribuente era sporadica e l’uso ne era marginale, sicché gravava sul Comune l’onere di fornire la prova che i rifiuti urbani fossero prodotti in quella struttura.

Il Comune, nel ricorso in Cassazione, deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 62 e 63 D.Lgs. n. 507/93, oltre che vari vizi di motivazione, in quanto la CTR non aveva considerato che la mera occupazione del garage comportava il pagamento della tassa, a prescindere dalla effettiva produzione di rifiuti, che comunque erano presunti, atteso che il contribuente inevitabilmente li determina per il solo fatto che usa o possa usare la struttura.

Tra l’altro, evidenzia il Comune ricorrente, il contribuente non aveva denunziato il possesso del garage, o comunque la variazione, come nel caso in esame e neppure aveva promosso il procedimento amministrativo necessario per escludere in ipotesi l’idoneità in concreto del garage, alla produzione di rifiuti, la cui eventuale mancanza semmai doveva essere provata, in ogni caso, solamente dal contribuente, che tuttavia non ne aveva assolto l’onere.

Il mancato svolgimento del servizio di raccolta: si paga la TARSU/TARES

In merito alla problematica del mancato svolgimento del servizio, l’ex articolo 59, comma 4, del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, afferma che l’utente, nell’ipotesi in cui il servizio di raccolta rifiuti, sebbene istituito e attivato, non venga svolto nella zona ove è ubicato l’immobile disposizione ovvero nella quale viene svolta attività dell’utente o viene svolto in maniera non conforme a quanto stabilito dal regolamento del servizio di nettezza urbana (che ogni comune deve adottare e dove tra l’altro, devono essere indicati i limiti della zona di raccolta obbligatoria, l’eventuale estensione del servizio e le sua modalità di effettuazione) ha diritto ad usufruire di una riduzione del tributo. Il decreto legislativo n. 507/93 prevede, infatti, che nelle zone in cui non è effettuata la raccolta la tassa è dovuta in misura non superiore al 40% della tariffa da determinare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta “rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita”.

I giudici di legittimità avevano già affrontato la problematica del pagamento del tributo TARSU in caso di non utilizzo del servizio; la sentenza n. 6312, del 23 marzo 2005 della Cassazione, aveva stabilito che il tributo dovuto dall’utente per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni presuppone necessariamente che l’utente stesso sia posto nelle condizioni di poter utilizzare il servizio. In sintesi, secondo i giudici della Cassazione, è necessario affinché vi sia il sorgere dell’obbligo tributario che il cittadino sia posto nelle condizioni di poter utilizzare il servizio; non è, quindi, sufficiente che la semplice ubicazione dell’immobile nel perimetro un cui è stato istituito il servizio sia la conditio sine qua non perché la tassa sia dovuta.

Per converso la sentenza n. 9920, del 23 giugno 2003, della Cassazione, aveva invece affermato che in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la raccolta dei rifiuti costituisce per il comune un obbligo e, per la prestazione di servizio di questo servizio, sussiste, a carico del cittadino, il corrispettivo obbligo del pagamento del tributo, qualificato “tassa” alla stregua dell’indicazione della stessa legge, nonché della sua natura. Ne consegue, sempre secondo la sentenza suindicata, che il tributo è dovuto indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio, al verificarsi del solo presupposto della detenzione dei locali, e senza che sia a tal fine necessario lo svolgimento in essi di una attività che, al contrario, costituisce solo uno dei parametri, poiché il principale è dato dalla superficie dei locali, ai quali la tassa è commisurata.

L’analisi della Cassazione

Per i giudici di legittimità il motivo del ricorso del Comune è fondato. Infatti, ai sensi degli artt. 62 e 64, D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, i Comuni devono istituire una apposita tassa annuale su base tariffaria, che viene a gravare su chiunque occupi o conduca i locali, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, in cui i servizi sono istituiti, compresi i garage. Tale tassa è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio, salva l’autorizzazione dell’ente impositore allo smaltimento dei rifiuti secondo altre modalità, purché il servizio sia istituito, e sussista la possibilità della utilizzazione, ma ciò non significa che, per ogni esercizio di imposizione annuale, la tassa è dovuta solo se il servizio sia stato esercitato dall’ente impositore in modo regolare, così da consentire al singolo utente di usufruirne pienamente. Com’è noto, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi dell’art. 62, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della destinazione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale gli immobili sono occupati o detenuti, come nella specie. Del resto in tale materia, osservano i giudici di legittimità, gravava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione, atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, esso non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, o addirittura l’esenzione, costituendo questa, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale, come nel caso in esame. Peraltro era emerso che mai il contribuente aveva provveduto a presentare la denunzia della detenzione del garage al Comune ai fini della TARSU, né un’eventuale variazione ex art. 76, c. 1, D.Lgs. n. 507/93.

Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio; quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensare quelle del doppio grado tra le parti.

31 gennaio 2015

Federico Gavioli