La problematica della deduzione del compenso agli amministratori in mancanza di delibera dei soci o specifica indicazione statutaria.
Con la sentenza n. 17673 del 19 luglio 2013 (ud. 13 marzo 2013) la Corte di Cassazione ha negato la deducibilità del compenso agli amministratori, in assenza di delibera dei soci, o di specifica indicazione statutaria.
La sentenza
La Corte richiama e fa proprie precedenti pronunce, in forza delle quali, con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art.2389 c.c., comma 1, (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003), ha affermato che
“qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall’essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (art. 2630 c.c., comma 2, abrogato dal D.Lgs. n. 61 del 2002, art. 1); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 c.c., nn. 1 e 3); la mancata liberazione degli airministratorì dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393 c.c., comma 2).
Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori” (Cass. sez. un., 29 agosto 2008, n. 21933; si veda, inoltre, Cass. n. 28243 del 2005).
Compensi amministratori in assenza di delibera assembleare – Breve nota
La disciplina dettata dall’art. 2389 c.c. deve ritenersi di carattere imperativo ed inderogabile la cui violazione determina la sanzione della nullità senza possibilità di convalida, laddove non espressamente stabilito dalla legge.
L’attribuzione e la determinazione dei compensi da corrispondere agli amministratori di società devono essere contenute in apposita deliberazione adottata da parte dell’assemblea dei soci.
La deliberazione di approvazione del bilancio d’esercizio non è pertanto suscettibile di costituire espressione implicita di simile volontà da parte dell’organo assembleare.
Sono questi i principi che si ricavano dalla lettura della sentenza in commento, che richiama il precedente giurisprudenziale della stessa Corte di Cassazione a SS.UU. n.21933/2008.
L’intervento della Corte di Cassazione a SS.UU. appare decisivo per dirimere la questione che vedeva due posizioni contrapposte:
- da una parte – sentenza n. 3774 del 1995 -, coloro che sostenevano che il compenso “può essere inserito in bilancio, in quanto sia stato deliberato dalla assemblea con un’autonoma decisione, che non può essere implicita nella approvazione del bilancio stesso”;
- e dall’altra parte – sentenza n. 2832 del 2001 – coloro che sostenevano che l’approvazione del bilancio nel quale figuri iscritta la voce relativa al compenso ha valore giuridico di approvazione e ratifica dell’operato dell’amministratore che si sia attribuito tale compenso senza che l’assemblea lo abbia previamente deliberato. L’approvazione del bilancio, infatti, costituirebbe manifestazione di volontà specificamente diretta all’approvazione di tale attribuzione, perchè non costituirebbe una mera presa d’atto di dati contabili, ma rappresenterebbe un atto di appropriazione del rapporto da parte della società e pertanto una ratifica.
Il principio affermato con la sentenza n. 2832 del 2001, è stato condiviso, in modo espresso e mediante rinvio esplicito, dalla successiva sentenza n. 28243 del 2005, e implicitamente da Cass. n. 11490 del 2007, che tuttavia ha negato che, allo scopo di valutare la possibilità di sanare l’autoattribuzione di compensi da parte dell’amministratore, non preventivamente deliberata dall’assemblea, mediante delibera di approvazione di bilancio, sia sufficiente l’affermazione del principio di diritto astratto di cui alla decisione del 2001, essendo necessario che in concreto siano indicati gli elementi probatori dai quali risulti che la specifica spesa era stata acquisita al bagaglio istruttorio della delibera relativa al bilancio.
Le Sezioni Unite aderiscono, invece, all’orientamento che ritiene necessaria l’esplicita delibera assembleare di determinazione dei compensi e che nega che tale delibera possa considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, in quanto le deliberazioni di approvazioni del bilancio sono dirette a controllare la legittimità di un atto di competenza degli amministratori, “approvandolo” o “ non approvandolo” mentre le determinazioni dei compensi degli amministratori hanno la funzione di “determinare” o “stabilire” il compenso.
Ed, osservano le SS.UU., “ poichè è certo che il bilancio in ogni caso contiene la posta relativa al compenso degli amministratori, a voler ammettere che la delibera di approvazione debba ritenersi come implicita determinazione del compenso, la norma di cui si tratta sarebbe del tutto inutile”.
Peraltro, osservano ancora le SS.UU., “ anche a voler ipotizzare l’ammissibilità di una ratifica tacita della (auto)determinazione del compenso da parte dell’amministratore, sarebbe necessaria la prova che, approvando il bilancio l’assemblea sia a conoscenza del vizio e abbia manifestato la volontà di far proprio l’atto posto in essere dall’organo privo di potere, non essendo invece sufficiente, in quanto circostanza non univoca, la generica delibera di approvazione”.