Professionisti iscritti ad albi e prestazioni occasionali: quando i compensi sono soggetti ad IVA?

analisi delle problematiche inerenti l’assoggettabilità o meno ad IVA delle prestazioni occasionali effettuate da un libero professionista titolare di partita Iva

Liberi professionisti iscritti a ordini, collegi e ruoli, un tempo categorie considerate privilegiate, oggi fanno i conti con l’incertezza del presente e un futuro nebuloso. Categorie messe a dura prova dalla crisi economica si trovano costrette a fronteggiare la diminuzione del fatturato esplorando nuove opportunità lavorative molto spesso estranee all’esercizio dell’arte o della professione. Va quindi verificata, in via interpretativa, l’eventuale l’imponibilità Iva dei compensi percepiti da professionisti iscritti in albi per le prestazioni occasionali rese.

 

Riferimento normativo

Regola

Il comma primo dell’art. 5, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, precisa che per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.

Ai fini quindi della soggettività iva la condizione necessaria è il presupposto dell’abitualità (e non anche dell’esistenza di una organizzazione per lo svolgimento dell’attività professionale, che può quindi essere esercitata dal solo soggetto prestatore) che sottolinea la presenza della professionalità dell’attività svolta1.

Trattasi di concetti vaghi che, nel tempo, sono stati oggetto di diverse interpretazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria che ha provveduto a chiarirne i contorni concettuali, in considerazione anche delle specifiche interpellanze ricevute.

Relativamente al concetto di “abitualità”, merita citazione il contenuto della risoluzione ministeriale 550326 del 24.11.1998 secondo cui che “… i requisiti, caratterizzanti la disposizione in esame, di “professionalità” e “abitualità” sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo. In altri termini, i suddetti presupposti non si realizzano solo nei casi in cui vengono posti in essere atti economici in via meramente occasionale…”.

Non assume, pertanto, valore decisivo, agli effetti dell’imponibilità ad iva, l’eventuale mancanza di iscrizione all’albo o elenco che sia richiesta per l’esercizio dell’attività; l’inosservanza delle norme regolamentari che impongono l’iscrizione all’ordine o elenco esporranno il soggetto alle relative sanzioni ma non impediscono di far ritenere imponibile la prestazione in presenza dei requisiti già ricordati.

 

Deroghe

Il secondo ed il terzo comma dell’articolo 5, citato individuano specifiche deroghe alla regola generale. Non si considerano effettuate nell’esercizio di arti e professioni, e pertanto non sono imponibili ad iva, le prestazioni di servizi eseguite nell’ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 22.12.1986, n. 9172 rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo.

E’ evidente, quindi, anche per quanto diremo più avanti, che qualora la collaborazione fosse riconducibile all’oggetto dell’attività professionalmente esercitata in forma abituale ciò renderebbe imponibili ad iva i corrispettivi percepiti al pari di quelli derivanti dalla predetta attività3.

Non si considerano infine effettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi derivanti dall’attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della L. 12 giugno 1973, n. 349, nonché le prestazioni di vigilanza e custodia rese da guardie giurate di cui al R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1952.

 

Prestazione occasionale rientrante nell’oggetto dell’attività svolta da professionista iscritto ad albo

Si pone il problema di verificare se la (sola) iscrizione nell’albo o elenco o ruolo possa assumere rilevanza determinante ai fini della dimostrazione dell’abitualità della prestazione rientrante nell’oggetto della professione cd. “protetta”.

Sul punto la posizione dell’Amministrazione finanziaria appare di tenore estremamente restrittivo. E’ stato precisato che “… le prestazioni rese da un soggetto iscritto a un albo professionale, rientranti tra quelle previste dal predetto albo devono sempre considerarsi abituali” (risposta 13 del ministro Guarino, pubblicata sul Sole-24 Ore del 23.05.1987) confermata da analoga risposta del 23/05/2007 secondo la quale per l’amministrazione finanziaria la semplice iscrizione a un albo professionale, indipendentemente dalla frequenza delle prestazioni rese, costituisce idoneo presupposto per considerare il soggetto come esercente attività di carattere abituale…”.

La mera iscrizione all’Albo rappresenterebbe quindi fattore che priverebbe la prestazione professionale (correlata con l’albo, elenco o ruolo di appartenenza) del carattere dell’occasionalità riconducendola all’abitualità per il solo fatto (formale) dell’iscrizione; di conseguenza la prestazione sarebbe imponibile ad iva ai sensi del comma 1, dell’articolo 5, D.P.R. n. 633/72.

Pur prendendo atto del rigoroso orientamento ufficiale, a nostro parere, l’iscrizione all’albo o elenco o ruolo, essendo comunque indizio di rilevante portata4, non appare sufficiente elemento da solo ad integrare i presupposti dell’abitualità e della professionalità dell’attività svolta, quando trattasi di prestazioni meramente occasionali rese da contribuenti che non assumono, allo stato, qualifica di soggetti passivi per altre prestazioni di lavoro autonomo.

In questo caso l’iscrizione all’albo andrebbe valutata anche in funzione di altre circostanze obiettive e fattuali al fine di verificare se la (singola) attività economica sottesa alla percezione del corrispettivo esercitata dal soggetto sia stata intrapresa in modo precario, isolato, non continuativo, non prevalente, ovvero possa essere ricondotta ad atti regolari, permanenti, sistematici, stabili e ripetitivi, riconducibili ad attività professionalmente esercitata.

Ad esempio, si pone il caso in cui un giovane avvocato, abilitato da pochi mesi, che pur non avendo ancora avviato la propria attività di consulenza legale abbia deciso di iscriversi all’Ordine degli avvocati di appartenenza. Ci si chiede se i corrispettivi ricevuti, per esempio, a seguito di attività didattica effettuata per conto di un ente pubblico su argomenti attinenti il campo di attività di specifica competenza (ambito legale) – e quindi espressione di (futura) attività professionale – siano da assoggettare ad iva.

In questa fattispecie specifica (e per certi versi residuale), a nostro parere, le docenze espletate dal neo avvocato potrebbero essere ritenute fuori dal campo di applicazione dell’iva stante l’assenza di altre prestazioni <professionalmente rilevanti> idonee a configurare l’ipotesi di abitualità richieste dalla formulazione normativa.

A sostegno di tale interpretazione si cita il contenuto della prima parte di una istruzione di prassi formalizzata attraverso la risoluzione ministeriale n. 362012 dell’8.06.1977.

Il suddetto chiarimento ufficiale, da una parte attrae nell’ambito di applicazione dell’iva le prestazioni meramente occasionali se rese da “… soggetti iscritti in albi, ruoli o elenchi professionali…” dall’altra esclude, per tali soggetti l’esistenza del requisito di abitualità richiesta dalla norma contenuta nell’art. 5, c. 1, D.P.R. n. 633/72, nel momento in cui gli stessi soggetti, pur iscritti in albi, elenchi o ruoli, non realizzino “… altre prestazioni di lavoro autonomo idonee a far assumere ai medesimi la qualifica di soggetto passivo d’imposta …”.

Il mancato esercizio dell’attività squisitamente professionale del neo avvocato, e quindi l’assenza di volume d’affari rilevante ai fini del tributo nell’annualità oggetto della prestazione didattica, legittimerebbe l’irrilevanza impositiva ai fini del decreto Iva.

Al di là della casistica descritta, tuttavia, è fuor di dubbio che, in generale, le prestazioni svolte, anche occasionalmente, e rese da professionisti iscritti in albi, soggetti d’imposta a tutti gli effetti, che costituiscono “… pur sempre espressione della loro attività professionale…” (cosiddetta attrazione omologa) siano da assoggettare regolarmente ad Iva5 perché considerate “ effettuate nell’esercizio di arti o professioni…”6.

 

Prestazione occasionale estranea all’oggetto dell’attività svolta da professionista iscritto ad albo

Altro problema da affrontare riguarda la riconducibilità ad Iva di compensi percepiti da iscritti in albi, elenchi o ruoli relativamente a prestazioni occasionali7 sfornite di correlazione con l’albo, ruolo o elenco di appartenenza.

E’ stato posto il caso di un dottore commercialista esercente la professione regolarmente iscritto nell’apposito albo, e pienamente soggetto Iva, che percepisce una remunerazione quale relatore occasionale in un corso di fotografia.

La circostanza che trattasi di operazione meramente sporadica non rientrante nell’attività svolta normalmente dal soggetto d’imposta, e che quindi esula dall’oggetto della professione abituale esercitata, lascerebbe presupporre l’esclusione dal campo Iva della prestazione medesima.

Tuttavia, la circostanza che il professionista esplichi, per professione abituale, altra attività di lavoro autonomo integrerebbe il presupposto dell’abitualità realizzando, di conseguenza, il presupposto soggettivo di imponibilità ex art. 5, c. 1, D.P.R. n. 633/72 (definita attrazione eterologa) benché la prestazione non abbia nulla a che vedere con l’esercizio della professione medesima.

E’ questa, allo stato, la tesi dell’Amministrazione finanziaria, formalizzata, con riferimento alle prestazioni meramente occasionali, nella seconda parte della già citata risoluzione n. 362012/1977, secondo cui “… l’ipotesi dell’abitualità richiesta dalla richiamata norma contenuta nell’art. 5 del D.P.R. n. 633 … viene ad esistenza allorquando, oltre alla prestazione (occasionale, N.d.a.) … i soggetti interessati esplichino altre prestazioni di lavoro autonomo idonee a far assumere ai medesimi la qualifica di soggetto passivo d’imposta…” .

Secondo questa ricostruzione interpretativa, di cui non vi è traccia nel testo normativo, in sostanza, il compenso percepito dal dottore commercialista/relatore nell’ambito di uno stage fotografico andrebbe fatturato con applicazione dell’imposta, in quanto la rilevanza iva della professione di dottore commercialista ricondurrebbe l’attività di relatore al corso fotografico nell’alveo impositivo iva.

 

Note conclusive

L’attrazione nell’orbita impositiva dell’Iva di servizi non espletati abitualmente e professionalmente da esercenti arti e professioni è stata, più volte, confermata dall’Amministrazione centrale relativamente alle prestazioni di servizi rese nell’ambito di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa8.

Tuttavia, nell’ambito della pluralità di pronunce ufficiali le collaborazioni vengono ricondotte al regime proprio della pur distinta attività professionale, in quanto rientranti nell’oggetto della medesima abitualmente esercitata dal professionista9.

Per tale ragione e per motivi di uniformità interpretativa la questione, affrontata dalla oramai datata risoluzione n. 362012 del giugno 1977, potrebbe essere oggetto di rivisitazione da parte dell’Agenzia delle entrate sollecitata, per esempio da interpello redatta ai sensi dall’articolo 11 della legge 27.07.2000, n. 212.

Nel definire i contorni del concetto di abitualità l’Amministrazione finanziaria dovrebbe ricondurre l’imponibilità Iva delle prestazioni sporadiche unicamente in presenza del principio di correlazione del servizio occasionale all’attività di lavoro autonomo esercitata. E quindi, ritenere estranee al tributo tutte le prestazioni sporadiche non espressione né inerenti l’attività professionale medesima.

 

6 maggio 2013

Attilio Romano ed Antonino Romano

1

In mancanza del requisito dell’abitualità le prestazioni di lavoro autonomo rientrano nella categoria dei redditi diversi di cui al comma 1, lettera l dell’art. 67 del TUIR.

2

 Nonché le prestazioni di lavoro effettuate dagli associati nell’ambito dei contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c, del D.P.R. 22.12.1986, n. 917.

3

 M. MANDO’, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, IPSOA, XXX Edizione, pag. 113, che cita l’esempio dell’avvocato o del commercialista, soggetti d’imposta, che assumono l’incarico di amministratore in una società.

4

 L’iscrizione all’Albo professionale determinerebbe l’assoggettamento alla tutela previdenziale e di conseguenza l’iscrizione alla Cassa previdenziale comporta l’accertamento dell’esercizio della “professione abituale” non esclusiva; in tal senso il Parere n. 881 (17 giugno 1998) del Consiglio di Stato su richiesta del Ministro del Lavoro.

5

 Risoluzione ministeriale n. 334205 del 20.03.1982.

6

 Risoluzione ministeriale n. 382290 del 31.05.1982.

7

 E’ evidente, nella fattispecie proposta, l’esclusione del carattere dell’abitualità che sottolineerebbe, in ogni caso, la presenza della professionalità dell’attività svolta.

8

 Le prestazioni riconducibili tra quelle di collaborazione coordinata e continuativa se rese da soggetti che esplicano per professione abituale altra attività di lavoro autonomo rientrano nel campo di applicazione dell’iva. Cfr. circolare ministeriale 13.09.1980, n. 35/382567; risoluzione ministeriale 16.07.1981, n. 331667; risoluzione ministeriale 31.05.1982, n. 382290; risoluzione ministeriale 28.05.19984, n. 250405; risoluzione ministeriale 6 .07.1985, n. 178/E; risoluzione ministeriale 30.05.1985, n. 4000674; risoluzione ministeriale 28.05.1987, n. 400020; risoluzione ministeriale 15.03.1993, n. 431419, risoluzione ministeriale 20 marzo 1998, . 20/E, che assoggetta ad iva le prestazioni rese da membri del Collegio consultivo centrale dei periti doganali quando rappresentano l’esplicazione della loro specifica attività professionale.

9

 Così, M. MANDO’, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, op. cit. pag. 113.