Il vincolo da giudicato fra dirette ed IVA

in caso di duplice accertamento separato fra imposte dirette ed IVA per medesimi fatti imputabili al contribuente non sussiste un vincolo di giudicato fra i due separati processi tributari

Con la sentenza n. 21781 del 5 dicembre 2012 (ud. 9 ottobre 2012) la Corte di Cassazione ha confermato che il rapporto giuridico in materia di IVA è differente da quello in materia di tributi diretti. E, per di qui, l’illazione secondo la quale il giudicato formatosi in materia di IVA mai può esser preclusivo della decisione sui tributi diretti. E, ciò, pur anche se i tributi IVA e diretti siano stati accertati con riferimento ad identica annualità e l’attività impositiva sia stata ‘innescata’ dalla medesima indagine di fatto (Cass. 19702/11; Cass. 15396/08; Cass. 16816/08; Cass. 8773/08, 5943/07)”.

 

Brevi note

Già diversi anni fa, nel 2003, le diverse modalità di tassazione, ai fini Iva e imposte sui redditi, sono state evidenziate dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1633/2003, ove è stato affermato che ai fini IVA non assume rilievo la ricostruzione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi, in quanto la base imponibile è costituita direttamente dall’ammontare dei corrispettivi delle singole operazioni.

Successivamente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 19321 dell’8 settembre 2006, ha invece affermato che l’applicazione dei principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità amministrativa e capacità contributiva comporta che, anche in difetto di un’espressa previsione legislativa, il valore accertato dall’Amministrazione finanziaria ai fini applicativi di un’imposta (nella specie, l’Irpef) vincola la stessa Amministrazione anche in riferimento all’applicazione di altri tributi (nel caso, l’Iva), ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione (cfr. anche Cassazione sentenze n. 11456/2002 e n. 21055/2005).

Sul punto, va registrata una ulteriore pronuncia della Corte di Cassazione, sentenza n. 2438 del 5 febbraio 2007. La Corte, pur prendendo atto del principio statuito a sezioni unite (sentenza n. 13916 del 13 giugno 2006), secondo cui “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento … compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo“, e che “tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi di imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso … si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo … e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di period d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente”, afferma che, nella specie, “l’anticipata ininfluenza dell’addotto giudicato (esterno) sulla presente fattispecie discende dal rilievo che questa ha ad oggetto un rapporto giuridico che, quando anche accertato nel corso delle medesime indagini (in specie, in base alle stesse risultanze dei movimenti bancari fiscalmente non giustificati, pure considerate dall’altro giudice), è del tutto diverso da quello deciso con la detta sentenza passata in cosa giudicata in quanto la presente controversia concerne imposte (Irpeg-Ilor) strutturalmente ed oggettivamente differenti dall’imposta sul valore aggiunto (Iva) sulla quale ha statuito quella decisione. Nell’ambito concettuale (e, quindi, nomofilattico) della (portata innovativa della) pronuncia delle Sezioni Unite richiamata all’inizio, invero, l’accertamento dell’inesistenza di qualsivoglia rapporto giuridico rilevante tra le due fattispecie impone, per coerenza sistematica, di trarre le logiche conseguenze dall’autonomia dei singoli periodi di ciascuna imposta positivamente sancita (expressis verbis) dal legislatore e di tenere conto della sostanziale, ontologica differenza giuridica esistente tra imposte diverse in ogni ipotesi di inesistenza (come nella specie) di un vincolo giuridico tra le stesse: si consideri, per quanto interessa la fattispecie in esame, che la mancanza di certezza della riferibilità delle movimentazioni bancarie ad operazioni imponibili del professionista (essendosi soltanto il sospetto, giustificato, di tale appartenenza), affermata dal giudice nella sentenza passata in cosa giudicata, è comunque limitata alle operazioni imponibili, le sole rilevanti ai fini dell’Iva, per cui la stessa non contiene (né poteva contenere, considerato l’ambito oggettivo di quel processo) nessun accertamento anche in ordine all’eventuale non riferibilità di quelle stesse movimentazioni bancarie a ricavi, ovverosia ad elementi aventi rilievo ai fini della determinazione del reddito imponibile del contribuente”.

Ed ancora, con sentenza n. 6913 del 25 marzo 2011 (ud. del 4 gennaio 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che il principio di autonomia e separazione degli atti impositivi rende irrilevante la mancata opposizione e conseguente definitività di un avviso di accertamento (ai fini delle imposte dirette) in relazione alla fondatezza di altro e diverso avviso, ai fini Iva, il quale può sì trarre dai medesimi fatti le ragioni della rettifica, sempre che ne permanga inalterata l’efficacia probatoria nel contesto del presupposto impositivo dell’altro tributo. Per la Corte, “il principio della autonomia degli atti di accertamento per imposte diverse la intervenuta definitività di uno di essi per mancanza di opposizione è irrilevante in ordine alla fondatezza o meno dell’altro, non essendo tale caratteristica equiparabile ad un giudicato, anche parziale e limitato ad un presupposto di fatto comune ad entrambi. È invece ovvio che elementi probatori e presuntivi tratti da un accertamento possano essere richiamati in un accertamento diverso, ma in questo valgono in quanto gli elementi richiamati siano concretamente idonei a svolgere anche in tale sede valore di prova; in tal caso, tuttavia, detti elementi, ove giudizialmente contestati, devono essere separatamente esaminati e criticamente valutati sotto tale profilo dal giudice del merito ”.

Da ultimo, con sentenza n. 14058 del 3 agosto 2012 (ud 20 giugno 2012) la Corte di Cassazione ha di fatto fissato regole e paletti per il giudicato esterno.Questa Corte ha, già, affermato il principio secondo cui in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, con cui l’Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l’inesistenza soggettiva di operazioni commerciali, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell’IVA può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi (Cass. n. 25200 del 2009; n. 15396 del 2008 e 16816 del 2008)”. Inoltre, richiamando precedenti pronunce, la Corte ha precisato che “il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi”, se non limitatamente a “qualificazioni giuridiche” o ad altri eventuali “elementi preliminari” aventi carattere di durevolezza nel tempo, “non estendendosi detto vincolo a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione, ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti” (così Cass. n. 13897 del 2008 citata dalla ricorrente, ed, in generale, Cass. SU n. 13916 del 2006, e Cass. n. 1198 del 2011 in motivazione). In estrema sintesi i punti fissati dalla Corte in tale importante pronunciamento sono i seguenti: in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi, la sentenza emessa in uno dei giudizi non spiega efficacia di giudicato nell’altro; una lite può dirsi coperta dall’efficacia del giudicato di una precedente sentenza, resa tra le stesse parti, solo quando il giudizio introdotto per il secondo investa il medesimo rapporto giuridico che ha formato oggetto del primo; l’efficacia oggettiva del giudicato non può mai investire singole questioni di fatto o di diritto; il giudicato relativo ad un singolo periodo d’imposta non è idoneo a far stato in quelli antecedenti o successivi; il giudicato, ai fini sia delle imposte sui redditi che dell’IVA, formatosi nei confronti di un soggetto non spiega alcuna efficacia nei confronti di soggetti diversi.

 

23 gennaio 2013

Roberta De Marchi