Il problema della partita IVA con monocommittenza: a quali condizioni potrebbe essere considerata "falsa"

la Riforma Fornero ha imposto dei vincoli all’apertura delle partite IVA utilizzate per nascondere rapporti di collaborazione o di lavoro dipendente: in particolare è stato stabilito che le prestazioni rese da una persona titolare di una posizione fiscale ai fini Iva sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria dal committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due su tre presupposti ben individuati…

L’art. 1 della Legge 28 giugno 2012, n. 92, così come modificato dall’art. 46-bis, c. 1, lett. c, nn. 1 – 2, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ha introdotto l’art. 69-bis del D.Lgs. 10 settembre 2003, n 276, relativo alle attività svolte in regime di lavoro autonomo. In particolare, è stato stabilito che le prestazioni rese da una persona titolare di una posizione fiscale ai fini Iva sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria dal committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:

  1. la collaborazione con il medesimo committente ha una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;

  2. il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisce più dell’80,00% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;

  3. il collaboratore dispone di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

L’operatività della presunzione in parola – applicabile esclusivamente ai rapporti instaurati successivamente al 18 luglio 2012 (ovvero, per quelli in corso a tale data, decorsi 12 mesi dalla stessa) – è, tuttavia, esclusa qualora ricorra una di queste condizioni:

  1. la prestazione lavorativa è connotata da competenze teoriche di grado elevato, acquisite tramite significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche conseguite mediante rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività. È, inoltre, necessario che la prestazione lavorativa sia svolta da un soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’art. 1, co. 3, della Legge n. 233/1990, ovvero – con riferimento al periodo d’imposta 2012 – almeno pari ad euro 18.663;

  2. la prestazione lavorativa è svolta nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli od elenchi professionali qualificati, e detta specifici requisiti e condizioni. L’individuazione di tali attività sarà operata da un successivo Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro il 18 ottobre 2012, sentite le parti sociali. Questa causa di esclusione riguarda, tuttavia, le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi. Al di fuori di questa ipotesi di esonero, l’iscrizione all’elenco professionale non costituisce, di per sé, una circostanza idonea a legittimare l’esclusione dell’operatività della suddetta presunzione.

Qualora le citate esimenti non siano invocabili, gli oneri contributivi, derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps (art. 2, co. 26, della Legge n. 335/1995), sono a carico del committente nella misura dei due terzi, mentre il restante un terzo grava sul collaboratore, il quale – nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento – ha il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente.

 

19 settembre 2012

Sandro Cerato