Applicabilità esenzione IVA alle cooperative con attività sanitaria

l’applicabilità o meno dell’IVA in ambito sanitario è argomento discusso: ecco le istruzioni dell’Agenzia per l’applicazione dell’IVA alle cooperative che esercitano attività sanitaria

 

La risoluzione n. 30/E del 3 Aprile 2012 fornisce chiarimenti in merito all’esenzione IVA, prevista per i servizi resi dai consorzi ai consorziati che svolgono attività esenti, estesa alle cooperative con attività sanitaria. L’Agenzia delle Entrate ha precisato che ciò che rileva ai fini della predetta esenzione non è la forma giuridica assunta dalla struttura associativa, bensì l’oggetto sociale della stessa.

 

Riferimenti normativi

Risoluzione n. 30 del 3 aprile 2012 – Agenzia delle Entrate

Art. 10 comma 2, del D.P.R 633/72

 

L’art. 10, c. 2, del D.P.R. n. 633/72, che ha recepito l’art. 132 della direttiva comunitaria (2006/112/CE), stabilisce che l’ambito soggettivo di applicazione dell’esenzione da IVA è limitato ai consorzi.

La risoluzione n. 30/E diffusa dall’Agenzia il 3 aprile prende spunto da uno specifico quesito posto all’Amministrazione finanziaria finalizzato ad ottenere chiarimenti in merito alla possibilità di estendere il beneficio dell’esenzione IVA anche “alle società cooperative costituite tra soggetti esercenti l’attività sanitaria – esente da IVA in base all’art. 10, primo comma, n. 18 del DPR n. 633/72 – che pur non svolgendo attività consortile ai sensi dell’art. 2602 del C.C., svolgono attività ausiliarie o strumentali a quelle sanitarie svolte dai propri soci”.

In particolare, dal momento che l’esenzione dall’Iva sembrerebbe limitata, sotto il profilo soggettivo, alle sole strutture consortili o con funzioni consortili, sussistevano dubbi sull’applicabilità della stessa alle società cooperative costituite tra soggetti esercenti l’attività sanitaria che, pur non svolgendo attività consortile ai sensi dell’articolo 2602 del codice civile, svolgono attività ausiliarie o strumentali rispetto a quelle sanitarie svolte dai propri soci.

Tanto più che i soggetti esercenti le professioni sanitarie non possono adottare lo schema associativo tipico del consorzio ovvero delle strutture societarie con funzioni consortili in quanto, in conformità alle norme del codice civile, tale schema presuppone l’esercizio di attività d’impresa da parte dei consorziati.

Il chiarimento è contenuto nella risoluzione n. 30/E con la quale l’Agenzia delle Entrate estende l’applicabilità del particolare regime agevolativo – previsto dall’art. 10, secondo comma, del DPR 633/72 – a prescindere dalla forma giuridica assunta dalla struttura associativa, nel caso specifico della società cooperativa.

 

La normativa: esenzione IVA nei consorzi

L’art. 10, c. 2, del D.P.R. n. 633/72 dispone che “… sono altresì esenti dall’imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis, anche per effetto dell’opzione di cui all’art. 36bis, sia stata non superiore al 10 per cento, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse”.

In sostanza, per fruire del regime di esenzione devono essere verificati i seguenti requisiti:

  1. le strutture consortili devono essere partecipate da soggetti che, nel triennio solare precedente, abbiano avuto un pro-rata non superiore al 10 per cento;

  2. i corrispettivi pagati a fronte delle prestazioni di servizi rese dal consorzio non devono essere superiori ai costi imputabili alle prestazioni suddette.

 

Secondo l’Agenzia delle Entrate, la ragione principale dell’esenzione Iva si trova nell’esigenza di evitare che soggetti che svolgono attività esenti o non soggette ad Iva, indipendentemente dal settore di attività in cui operano, quando decidano di esternalizzare i servizi necessari e funzionali a tali attività (si pensi a servizi amministrativi, gestione della contabilità, gestione dei beni strumentali e degli immobili) possano essere, in un certo senso, penalizzati dal fatto che non possono detrarre l’IVA assolta sugli acquisti.

L’art. 10, c. 2, del DPR 633/72, introdotto dalla L. 244/2007 (Finanziaria 2008), qualifica come esenti da IVA le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, società consortili e società cooperative con funzioni consortili. La detassazione presuppone, come detto, che le strutture consortili siano partecipate da soggetti pro rata, nel triennio precedente, non superiore al 10% e che i corrispettivi pagati dai committenti non siano superiori ai costi imputabili alle prestazioni rese dal consorzio.

Con la circolare 8 maggio 2009 n. 23/E è stato:

  • da un lato, chiarito che possono partecipare al consorzio anche soggetti con pro-rata superiore al 10 per cento;

  • dall’altro, precisato che il consorzio può rendere prestazioni di servizi sia ad eventuali consorziati con pro-rata superiore al 10 per cento sia a soggetti terzi, fermo restando che tali prestazioni sono imponibili.

In quest’ultimo caso la possibilità di ottenere servizi (ovviamente, in regime di imponibilità), è subordinata al fatto che questi non costituiscano la maggioranza del volume d’affari della compagine consortile, pena l’assoggettamento a Iva a 360 gradi dell’attività del consorzio.

Successivamente, la circolare n. 5 del 17 febbraio 2011ha precisato che tale agevolazione è subordinata al fatto che la maggioranza delle quote o delle partecipazioni alla struttura deve comunque essere detenuta da soci o consorziati con pro-rata massimo del 10 per cento.

Tale conclusione deriva della direttiva 2006/112/CE (articolo 132, paragrafo 1, lettera f), secondo la quale gli Stati membri possono rendere esenti Ivale prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza”.

Le strutture associative cui si riferisce la norma comunitaria, sono quelle composte da associati che esercitano attività esente o non soggette ad IVA, ai quali è normalmente rivolta l’attività dell’associazione.

 

Estesa l’agevolazione anche alle cooperative con attività sanitaria

La risoluzione n. 30 del 3 aprile 2012 amplia l’ambito applicativo dell’agevolazione. Come precisato dai tecnici del Fisco, anche se la norma contenuta nell’articolo 10, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972 fa riferimento alle sole strutture associative di tipo consortile, per esigenze di conformità alla normativa comunitaria, l’esenzione dall’Iva deve intendersi estesa anche ad altri schemi associativi autonomi costituiti allo scopo di rendere, al mero costo, servizi comuni agli associati, che svolgono attività esente o non soggetta ad Iva, funzionali all’esercizio dell’attività di ciascuno di essi.

Se così non fosse, verrebbe a crearsi un effetto discriminatorio, in quanto le strutture associative che non possono adottare la forma giuridica del consorzio o della società con funzioni consortili sarebbero gravate dall’Iva, in funzione delle scelte di tipo organizzativo, in contrasto con la finalità perseguita dalla norma di esenzione comunitaria.

Con la recente risoluzione, l’Agenzia ha richiamato la circolare n. 23/E/2009 precisando che al consorzio possono essere equiparate organizzazioni di origine comunitaria aventi finalità analoghe, quali i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) costituiti ai sensi dell’art. 3 del regolamento CEE 2137/85, i quali, in base a tale regolamento, devono svolgere un’attività che si ricollega a quella economica dei loro membri e che può avere soltanto un carattere ausiliario rispetto a quest’ultima. Dunque, ai fini dell’esenzione, non rileva “la forma giuridica assunta dalla struttura associativa (nella specie, della società cooperativa), bensì l’oggetto sociale della stessa, vale a dire la cooperazione all’attività esente o esclusa da IVA svolta dagli associati, che il legislatore nazionale ha individuato, a titolo esemplificativo, nello schema associativo tipico del consorzio”.

In particolare, la risoluzione interpretando il testo della direttiva, individua i consorzi e le cooperative con funzioni consortili, quali destinatari dell’esenzione sulla base dei due seguenti elementi:

  • la compagine sociale deve essere composta da associati che godono dell’esenzione (ad esempio medici) o che non siano soggetti passivi d’imposta;

  • lo scopo istituzionale deve consistere nel supporto e collaborazione rispetto all’attività esercitata dai singoli partecipanti.

L’agenzia delle Entrate, convenendo con la soluzione prospettata con l’istante, afferma che i consorzi in particolare assolvono la funzione strumentale di coordinamento delle iniziative tra strutture giuridicamente autonome, e ben si prestano allo svolgimento di attività istituzionali comuni rivolte ai consorziati (ad esempio un gruppo di medici può organizzarsi in consorzio per usufruire di un servizio comune di segreteria).

Il concetto espresso per i consorzi peraltro non può essere negato rispetto ad altri schemi associativi quali possono essere le cooperative.

 

In sostanza, l’Agenzia delle Entrate, con la nuova risoluzione ha voluto, di fatto, tutelare il principio della neutralità fiscale, che vieta l’applicazione di un regime IVA differenziato nei confronti degli operatori economici che effettuano le stesse operazioni. Tale principio, in effetti, sarebbe violato nel caso in cui l’esenzione IVA dovesse dipendere dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività.

Un’analoga funzione può, peraltro, essere assolta anche da strutture associative diverse da quelle consortili, alle quali gli associati demandino lo svolgimento di alcuni segmenti della propria attività economica. Quindi possono essere comprese nell’ambito applicativo dell’art. 10, secondo comma, del D.P.R. n. 633//2 le società cooperative costituite tra soggetti esercenti l’attività sanitaria, per fornire al socio professionista i servizi che consentono o facilitano l’attività sanitaria prestata. La risoluzione chiarisce, in conclusione, che ai fini dell’esenzione dall’Iva non assume rilievo la forma giuridica assunta dalla struttura associativa, bensì l’oggetto sociale della stessa, vale a dire la cooperazione all’attività esente o esclusa da Iva svolta dagli associati, che il legislatore nazionale ha individuato, a titolo esemplificativo, nello schema associativo del consorzio.

 

20 luglio 2012

Maria Benedetto