Sui termini di prescrizione per la riscossione dei tributi

Il calcolo del termine breve di prescrizione e del termine di prescrizione generale (art. 2953 c.c.) per le somme iscritte a ruolo nella giurisprudenza di Cassazione. A cura di Antonio Terlizzi.

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sentenza corte di cassazioneSul termine prescrizionale delle somme iscritte a ruolo a seguito di sentenza definitiva sussiste un preciso orientamento del giudice di legittimità (sezioni unite della Corte di cassazione sentenza 25790 del 10 dicembre 2009; Cass. civ. Sez. V, 11-03-2011, n. 5837).

Secondo tale indirizzo della Suprema corte va distinto il caso di accertamento divenuto definitivo per acquiescenza da quello in cui la definitività dell’accertamento stesso derivi da pronuncia giurisdizionale.

Nel primo caso trovano applicazione i termini decadenziali dall’attività di riscossione previsti dalle disposizioni relative all’imposta in trattazione mentre nel secondo trova applicazione la prescrizione decennale derivante dall’actio iudicati in quanto non si è in presenza dell’attività di esecuzione di un atto amministrativo divenuto definito mancando il requisito dell’acquiescenza.

L’accertamento tributario diventa definitivo con l’inutile decorso del termine per impugnare. Se viene proposto ricorso, salvo il caso di successiva rinuncia o altri casi di estinzione del processo l’accertamento non può più assumere la qualifica di atto amministrativo non contestato. Il provvedimento del giudice che definisce la lite, anche quando si limiti a riconoscere la legittimità dell’atto contestato, conferisce a questa il crisma della verifica giurisdizionale nell’ambito di un rapporto trilaterale, nel quale interviene lo Stato non più soltanto come parte ma anche in quanta controllore di se stesso.

Gli effetti del giudicato, quindi non possono essere assimilati a quelli della mera acquiescenza amministrativa che si esaurisce nell’ambito di un rapporto giuridico bilaterale, all’interno del quale, sostanzialmente il contribuente riconosce legittimità alla pretesa fiscale; tale pretesa “condivisa” quindi va posta in esecuzione nei termini più rapidi previsti dalla disciplina amministrativa e propri del rapporto tributario.

Se invece I’ accertamento è contestato davanti all’autorità giudiziaria, in caso di soccombenza, anche parziale, del ricorrente il titolo in base al quale l’Agenzia delle Entrate fa valere la propria pretesa non è più l’atto amministrativo, che non è mai divenuto definitivo bensì la sentenza che definisce il processo tributario.

Sulla base di tali presupposti va quindi affermato il principio per cui in tutti i casi in cui la legge stabilisce una prescrizione pili breve di dieci anni, una volta formatosi il giudicato, proprio perche non ha più rilievo il titolo originario del credito riconosciuto, i relativi diritti si prescrivono con il decorso di dieci anni.

Si deve inoltre rilevare che le prescrizioni brevi sono previste per soddisfare le esigenze di celerità di definizione dei rapporti giuridici, tale esigenza e superata quando sia instaurato un contenzioso e quindi la norma generale della prescrizione decennale riprende vigore.

Va ricordato che nel processo tributario il contribuente che impugni un provvedimento impositivo è sostanzialmente un convenuto che resiste alla domanda dell’ufficio finanziario (attore in senso sostanziale).

Pertanto il contenuto del giudizio che rigetta il ricorso del contribuente non è limitato alla pronuncia dell’infondatezza delle sue eccezioni, ma ha un contenuto decisorio positivo, eventualmente anche implicito, costituito dalla condanna al pagamento dell’imposta dovuta.

II fatto che l’atto impugnato sia dotato di per se di esecutività riguarda il profilo precontenzioso dello stesso.

L’insorgere del contenzioso determina la trasformazione del rapporto sostanziale potere – soggezione in un rapporto processuale paritetico, nel quale la potestas appartiene solo al giudice terzo e al suo decisum dopo il quale si determina una sorta di novazione giudiziaria generale del rapporto tributario in contestazione in cui il termine di prescrizione decennale decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza. In definitiva , il diritto alla riscossione di un’imposta, conseguente ad avviso di accertamento divenuto definitivo, perché confermato con sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza e prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativo-tributaria, ma esclusivamente al termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 c.c., in quanto il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, ma la sentenza.

Qualora il ricorso avverso l’atto impositivo sia respinto con sentenza passata in giudicato, il diritto alla riscossione delle imposte non è soggetto al termine di decadenza di cui all’art. 17, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Cass. civ. Sez. V, 11-03-2011, n. 5837).

Il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. Le disposizioni – come il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 (corrispondente all’attuale art. 25 del medesimo D.P.R.) – che scandiscono termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo delle somme dovute in base a dichiarazioni presentate dai contribuenti, ovvero in base ad accertamenti divenuti definitivi, presuppongono che si verta sempre in tema di attività di esecuzione di atti amministrativi divenuti definitivi per mancata impugnazione e/o per acquiescenza.

Di contro i termini di decadenza non si applicano allorchè vi sia stata una decisione giurisdizionale a monte dell’azione esecutiva, stante che gli effetti del giudicato non possono essere assimilati a quelli della mera acquiescenza esauritasi in seno al rapporto giuridico (bilaterale) d’imposta (v. sez. un. 2009/25790).

Simile insegnamento, sebbene formato sullo specifico tema dell’irrogazione delle sanzioni, è chiaramente estensibile, per identità di ratio, coinvolgente la riscossione a mezzo di cartella conseguente ad avviso di liquidazione confermato con sentenza passata in giudicato.

Tanto consente il superamento della contraria tesi pure rinvenibile in giurisprudenza (ad es. Cass. 2009/13333), in quanto, se vi sia stata – contestazione della pretesa fiscale, il titolo in base al quale viene intrapresa la riscossione non è più l’atto amministrativo, sebbene la sentenza. E – come chiarito dalle sezioni unite –

“in presenza del giudicato, non sono applicabili i termini di decadenza e/o di prescrizione che scandiscono i tempi dell’azione amministrativa/tributaria, ma soltanto il termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 c.c.”.

L’istituto della decadenza dell’iscrizione a ruolo non è applicabile alla riscossione conseguente a decisione giudiziaria passata in giudicato (Cass. civ. Sez. Unite, 10-12-2009, n. 25790). Secondo diverso orientamento, ormai recessivo (i.e. Cass. 2009/13333), in tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’art. 17, c. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, applicabile “ratione temporis”, nel prevedere che le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base agli accertamenti degli uffici devono essere iscritte in ruoli formati e consegnati all’Intendenza di Finanza, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, non si riferisce soltanto agli avvisi di accertamento non impugnati dal contribuente, ma riguarda anche la riscossione conseguente a decisioni delle commissioni tributarie sull’impugnazione dell’avviso di accertamento divenute definitive, con la conseguente inapplicabilità del termine decennale di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c., riferibile all’actio indicati (Cass. civ. Sez. V, 10-06-2009, n. 13333).

 

4 dicembre 2011

Antonio Terlizzi