La Cassazione conferma il potere di autotutela sostitutiva

partendo da un caso di tribunale, seguiamo la corretta applicazione del potere di autotutela sostitutiva da parte degli uffici, anche quando è già iniziata una causa sull’atto da annullare

Con sentenza n. 21719 del 20 ottobre 2011 (ud. del 13 gennaio 2011) la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sulla questione relativa all’annullamento e sostituzione degli atti di accertamento operando un corretto distinguo tra autotutela ed esercizio del potere integrativo di accertamento.

Infatti, l’Amministrazione finanziaria può, anche una volta che è stato instaurato il processo, annullare l’atto impugnato per poi procedere ad un nuovo accertamento con una motivazione diversa, a condizione che non siano ancora decorsi i termini di decadenza dal potere di accertamento.

 

Il fatto

Il giudizio proposto dal contribuente avanti la CTP aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale era stato rettificato nell’importo di £ 840.000 il valore “iniziale” di £ 30.22.500 dichiarato ai fini della applicazione dell’INVIM.

Nelle more di tale giudizio l’Ufficio “procedeva all’annullamento parziale” di tale avviso (relativamente alla rettifica del valore “iniziale”) e ad una nuova liquidazione della imposta, ritenendo congruo il valore “iniziale” dichiarato dal contribuente ma incrementando a £ 741.000.000 il valore “finale” del bene (dichiarato in £ 483.000.000).

 

Il nucleo centrale del pronunciamento

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della PA in materia tributaria anche alle ipotesi di interventi di tipo “sostitutivo” laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l’esercizio del potere di rinnovo da quello di integrazione dell’atto impositivo (quest’ultimo soggetto in materia di imposte reddituali e di imposte sui consumi alla condizione necessaria della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, u.c.: D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3)”.

La Corte rileva che “viene infatti ricondotto al potere di autotutela anche il provvedimento c.d. di riforma dell’atto, specificandosi che “il ritiro di un precedente atto, può avvenire in due diverse forme, quella del “controatto” (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello prevedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quella della riforma (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso), caratterizzati entrambi dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico” (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 16.1.2009 n. 937, in materia di Iva)”.

Con specifico riferimento al potere di riforma dell’atto impositivo, è stato precisato:

che l’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché, rimosso con effetto “ex tunc” l’atto di accertamento illegittimo od infondato, l’Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare – nella permanenza dei presupposti di fatto e di diritto – la potestà impositiva (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 20.07.2007 n. 16115, id. 20.06.2007 n. 14377 – entrambe in materia di imposte reddituali);

– che dalla non consumazione del potere impositivo, in caso di annullamento o revoca dell’atto viziato, discende il corollario che il provvedimento di riforma adottato in sede di autotutela, non dispone per l’avvenire ma retroagisce al momento dell’applicazione dell’imposta, proprio in quanto viene a sostituirsi all’originario atto impositivo (cfr. Corte Cass. 5′ sez 21.01.2008 n. 1148; id. 30.12.2009 n. 27906 – entrambe in materia di imposte sui trasferimenti);

che il rimedio della “autotutela sostitutiva” differisce dal potere d’integrazione dell’atto impositivo in quanto quest’ultimo presuppone l’esistenza di un precedente valido atto d’imposizione, mentre il primo richiede quale condizione necessaria l’eliminazione (anche implicita nel caso in cui l’atto riformato riproduca lo stesso contenuto dell’atto sostituito: Corte Cass. 5′ sez. 03.08.2007 n. 17119) del precedente atto impositivo illegittimo od infondato;

– che la riforma dell’atto impositivo non è limitata ai soli vizi formali, ma può estendersi a “tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto” (sic Corte Cass. 5′ sez. 23.02.2010 n. 4272 – in materia di imposte reddituali – che richiama espressamente la sentenza 22.02.2002 n. 2531 – e riconduce la condizione necessaria della nullità formale alla sola ipotesi di “sostituzione di un precedente atto impositivo con altro avente contenuto identico” e quindi alle sole ipotesi di correzione del medesimo atto – peraltro il principio è affermato come obiter in quanto nel caso concreto la “sostituzione” dell’alto impositivo si era resa necessaria in conseguenza di una successiva dichiarazione parzialmente modificativa di quella precedentemente presentata dal contribuente);

che il potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra i soli limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e del divieto di violazione od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 16.07.2003 n. 11114; Corte Cass. 5′ sez. 20.11.2006 n. 24620), nonché del diritto di difesa del contribuente (nel caso di sostituzione di un precedente atto impositivo parzialmente annullato in pendenza di giudizio, con un nuovo atto di contenuto identico, il giudice di merito non può per ciò stesso dichiarare cessata la materia del contendere ove il contribuente abbia contestato in toto l’obbligazione tributaria per insussistenza dei presupposti dell’imposta, ma deve comunque pronunciare nel merito: Corte Cass. 5′ sez. 26.03.2010 n. 7335).

 

Il provvedimento in questione, da quanto è dato desumere dalla sentenza impugnata, si connota per la struttura complessa in quanto, da un lato, dispone la revoca parziale dell’originario avviso di rettifica, nella parte in cui era stato accertato un maggiore valore iniziale (tale revoca è determinata dalla nuova valutazione dell’Ufficio, “re melius perpensa”, della congruità del valore iniziale dichiarato dal contribuente); dall’altro dispone una “correzione di errore materiale” – secondo la tesi difensiva dell’Agenzia ricorrente – ovvero una “nuova liquidazione d’imposta” – secondo la tesi prospettata dai resistenti – quanto alla determinazione del valore “finale” dell’immobile ai fini INVIM. Una volta, tuttavia, riconosciuto che anche l’accertamento illegittimo od infondato non esaurisce la potestà impositiva della PA (salvo i limiti indicati della formazione del giudicato e della decadenza), rimane irrilevante qualificare il nuovo atto – adottato in sostituzione di quello annullato o revocato – come intervento di “riforma” ovvero di “mera correzione”, non incontrando alcuno dei due atti preclusioni né sanzioni di invalidità. Ciò che invece rileva, in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, è che la relazione tra atto impositivo ed atto di autotutela (sostitutivo/correttivo) è di piena autonomia, nel senso che ciascun atto è ex se idoneo a costituire l’obbligazione tributaria e deve quindi essere oggetto di autonoma impugnazione.

 

La conseguenza

Ne segue – per la Corte di Cassazione – “che nel caso in cui venga impugnato avanti il Giudice tributario un atto di rettifica successivamente annullato in sede di autotutela e sostituito con altro atto di contenuto parzialmente diverso non impugnato, il giudice investito della cognizione del primo atto deve limitarsi a dichiarare il sopravvenuto difetto di interesse a coltivare il ricorso senza poter esaminare il rapporto di imposta riconfigurato dall’atto di autotutela che rimane estraneo a tale giudizio in cui l’oggetto devoluto alla cognizione del giudicante, attesa la natura impugnatoria del giudizio tributario, rimane delimitato dai motivi di ricorso proposti avverso l’atto originariamente impugnato e successivamente in tutto od in parte annullato in conseguenza di rettifica o correzione determinata in sede di autotutela (cfr. Corte Cass. 5′ sez. 3.8.2007 n. 17119): oggetto del processo tributario, atteso il meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio che lo caratterizza, non è l’accertamento dell’obbligazione tributaria, da condursi attraverso una diretta ricognizione della disciplina applicabile e dei fatti rilevanti sulla base di essa, a prescindere da quanto risulti nell’atto impugnato, bensì l’accertamento della legittimità della pretesa tributaria in quanto avanzata con l’atto impugnato e alla stregua dei presupposti di fatto e in diritto in tale atto indicati, con la conseguenza che ove risulti accertato che l’amministrazione, avvedutasi di un errore, abbia emesso un nuovo atto in sostituzione di quello errato (così implicitamente annullando quest’ultimo), deve ritenersi che il processo concernente l’impugnazione dell’atto sostituito non debba proseguire per sopravvenuta carenza di interesse ad ottenere una pronuncia sull’impugnazione di un atto già annullato in sede di autotutela. Vedi Corte Cass. 5′ sez. 19.3.2009 n. 6620)”.

 

Nostre brevi riflessioni

Con il termine autotutela1 si vuole indicare la potestà che ha la Pubblica Amministrazione di intervenire, sia d’ufficio che su istanza di parte, al fine di modificare od annullare provvedimenti precedentemente emessi. Si garantisce, così, al di fuori dei normali organi previsti per l’impugnativa degli atti emessi, che la stessa Amministrazione si autodifenda dai propri errori al fine di assolvere i compiti istituzionali su una base di coerenza e correttezza dei rapporti con i destinatari2”.

In altre parole, l’autotutela designa l’espressione di un potere correlato all’azione amministrativa, che può essere esercitato nella piena e totale discrezionalità della Pubblica Amministrazione, al fine di riesaminare gli atti e i provvedimenti in funzione dell’interesse pubblico al cui perseguimento l’Amministrazione medesima è preposta. Tale potere nasce, pertanto, come potere prettamente discrezionale, e muta solo con il mutare del concetto stesso di potere pubblico… In sostanza, per l’autotutela, pur nell’ambito di un giudizio discrezionale che tenga conto dei diversi interessi coinvolti, assume un rilievo preminente l’interesse alla rimozione dei profili di illegittimità e infondatezza degli atti, e ciò indipendentemente dall’eventuale definitività degli stessi, salvo che non si sia verificata convalescenza dell’atto per decorso del tempo, considerato il principio secondo il quale la possibilità riconosciuta, in genere, alla Pubblica Amministrazione di eliminare con effetto retroattivo i propri atti illegittimini non può spingersi fino all’eliminazione di situazioni irrevocabili ed esauritesi nel tempo… In diritto amministrativo l’autotutela (come l’imperatività del provvedimento) non è prevista da norme scritte: si sostanzia in principi non scritti che lo Stato contemporaneo ha tratto dagli ordinamenti dello Stato assoluto, temperandoli e adattandoli alle mutate situazioni costituzionali. Vi sono però moltissime norme scritte, sparse un po’ in tutte le leggi amministrative, che non sono interpretabili se non presupponendole vigenti. Sostanzialmente, imperatività e autotutela sono nozioni create dalla dottrina3“.

L’autotutela deve essere, comunque, una strada a doppio senso di circolazione : così come l’ufficio deve provvedere all’annullamento dell’avviso di accertamento emesso quando questi è illegittimo, alla stessa maniera deve essere possibile all’ufficio provvedere all’annullamento dell’atto illegittimo ed alla successiva riemissione di un altro avviso di accertamento, nel caso in cui sia incorso in un errore.

La sentenza che si annota va sulla scia di un orientamento ormai consolidato4 e peraltro recentemente ribadito – fra le altre, sentenza n. 4372 del 23 febbraio 2011 (ud. del 4 novembre 2010) – che ha confermato la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela, con rimozione di un atto di accertamento illegittimo e contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato.

In particolare, nella recente sentenza n. 9197/2011, la Corte opera un preciso distinguo: “il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento originariamente adottato) che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, integra e modifica l’oggetto ed il contenuto del primitivo atto cooperando all’integrale determinazione progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed efficacia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. L’atto di autotutela, al contrario, assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato (Cass., 22 febbraio 2002, n. 25; V. anche Cass., 7 luglio 2009, n. 15874)”. Prosegue la sentenza: “Considerato che, a fronte di un atto viziato, e come tale annullato in sede giurisdizionale, quest’ultimo non presenta margini di discrezionalità, ne inferisce, quindi, che l’emissione, nell’esercizio del suddetto potere di sostituzione, di un nuovo avviso di accertamento in luogo di uno precedente illegittimo e annullato in sede giurisdizionale (seppure con decisione non definitiva) non può che implicare, ad un tempo ed automaticamente, la definitiva caducazione dell’avviso sostituito, attraverso la presa d’atto della relativa illegittimità. Nè possono, d’altro canto, paventarsi indebite interferenze con il divieto di plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto sancito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 (a salvaguardia del quale la giurisprudenza generalmente subordina la legittimità della sostituzione all’annullamento dell’atto sostituito), giacchè, quand’anche per avventura ulteriormente coltivato (cosa, peraltro, nella specie non avvenuta, a riprova dell’abbandono da parte dell’Amministrazione degli atti emessi dall’Ufficio di Rimini), il giudizio relativo al primo avviso non potrebbe che, conseguentemente, sfociare in una declaratoria di cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno, con la sostituzione, ogni interesse ad una decisione relativa ad un atto (il primo avviso) ormai deprivato di ogni portata impositiva, esclusivamente concentratasi, per la sostituzione, nell’avviso che lo ha rimpiazzato”. Resta fermo, osserva la Corte, che il corretto esercizio del potere di autotutela “presuppone la mancata formazione del giudicato e la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento (Cass., 26 marzo 2010, n. 7335; Cass., 22 febbraio 2002, n. 2531)”.

Su tale aspetto è ormai concorde la giurisprudenza, riconoscendo la facoltà di procedere alla sostituzione dell’atto, entro i termini di decadenza ed anche in pendenza di giudizio, collegandola all’esercizio del potere di autotutela spettante all’Amministrazione, con il solo limite dell’eventuale giudicato formatosi in ordine al precedente atto nullo5.

Né la proposizione del ricorso si pone “come fattore ostativo alla rimozione dell’avviso nullo“, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente6. Anzi il Consiglio di Stato non ha mancato di rilevare che la notificazione del ricorso ha innanzi tutto “proprio la finalità di esercitare lo ius poenitendi dell’Amministrazione nella direzione richiesta dal gravame7“.

Per completezza si rileva che la Commissione tributaria Centrale8 ha ritenuto che l’emissione di un nuovo avviso di accertamento comporta l’automatico annullamento dell’avviso originario, in quanto deve ritenersi che l’ufficio si sia avvalso del potere di autotutela, in quanto lo stesso ha il potere di integrare o modificare gli accertamenti entro i termini di decadenza (oltre che in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi) solo nell’esercizio del potere di riesame del proprio operato9.

Nei casi sopra indicati siamo, quindi, fuori dall’ipotesi disciplinata dall’art. 43, del D.P.R. n. 600/73, che attiene, invece, all’integrazione o alla modificazione di un precedente avviso già valido o completo di per sé e non all’annullamento o all’integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, il quale di per sé è insuscettibile di integrazione o modificazione.

 

3 gennaio 2011

Gianfranco Antico

1 In relazione al potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, cfr. di recente, ex multis, MUSCARA’, voce Autotutela (dir. trib.), in Enc. Giur., vol IV, Agg., 1996, LUPI, Diritto tributario. Parte generale, Milano, 2000, pag. 90 e segg. e Manuale giuridico professionale di diritto tributario, III ed., Milano, 2002, pag. 163 e segg.; FERLAZZO NATOLI – SERRANO’, I nuovi istituti per prevenire ed estinguere le liti, in Corr. Trib., n. 32/1995; LA ROSA, Autotutela e annullamento d’ufficio degli accertamenti tributari, in Riv. Dir. Trib., 1998, I, pagg. 1131 e segg.; FERLAZZO NATOLI, Corso di diritto tributario, Parte generale, II ed., Milano, 1999, pagg. 185 e segg.; FALSITTA, Manuale di diritto tributario, Padova, 1999, pagg. 401 e segg.; FANTOZZI, Diritto tributario, II ed., Torino, 1998, pagg. 377 e segg..

2 D’AMICO, Autotutela tributaria, in “il fisco”, n.2/2004, pag.218, al quale si rinvia per un brillante excursus storico.

3 SERVIDIO, Rilevanza dell’autotutela nelle varie fasi del procedimento tributario, in “il fisco”, n.24/2004, pag.3704, il quale richiama GIANNINI, in Diritto amministrativo, Milano, 1988, vol. II, pag. 714.

4 Cfr. Cass. sentenza n.11114 del 15 gennaio 2003, depositata il 16 luglio 2003, che distingue le condizioni ed i limiti dell’autotutela – quale possibilità per l’Amministrazione finanziaria di sostituire un atto che, successivamente alla sua emanazione, ravvisi illegittimo, con altro atto emendato dei vizi – da quella in cui l’Amministrazione proceda ad integrazione o modifica di un precedente avviso di accertamento per la sopraggiunta conoscenza di nuovi elementi che determinano una maggiore pretesa tributaria, ex art.43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

5 Cfr. Cass. Sez.Unite, 17.03.89, n.1333; Cass.Sez.I, 21.08.93, n.8854; Sez.I, 30.08.93,n.9196.

6 Cass.Sez.I, 8 aprile 1992, n.4303.

7 Sez.V, n.789, del 22.06.97.

8 Sez.VIII, 04.06.97, n.2909.

9 Cfr fra le altre Sez.IV, 18 marzo 1995, n.1154; Sez.VII, 8 maggio 1997, n.2197; Sez.VIII, 7 aprile 1998, n.4183.