Una società dimenticata

cosa avviene quando la società smette di presentare il bilancio e la documentazione fiscale? Esiste un modo per sanare tale situazione

 

IL CASO

Una s.r.l. dal 2007 non deposita i propri bilanci al Registro delle Imprese, né presenta le dichiarazioni fiscali annuali.

L’ultimo bilancio presentato è quello relativo al 2007, che tra si è chiuso con una perdita tale da azzerare il capitale.

L’assemblea ordinaria che, a suo tempo, ha approvato il suddetto bilancio, aveva dato all’amministratore il compito di convocare l’assemblea straordinaria, cosa che però non è mai avvenuta in quanto, nel frattempo, questi si è trasferito all’estero, disinteressandosi completamente della gestione societaria.

Dopo tre anni di “inattività”, nel 2010, tornado in Italia, l’amministratore si è posto il problema di come sanare il passato.

In particolare, si chiede se sia possibile “riabilitare” la società ovviando alle violazioni commesse sia dal punto di vista civilistico (primo fra tutti, l’omesso depositi dei bilanci di esercizio) che fiscale (omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi).

 

ASPETTI CIVILISTICI

Il primo problema da risolvere, concerne la verifica dell’esistenza in vita o meno della società.

A tale proposito, non sembra che possa valere la cancellazione d’ufficio dal Registro Imprese disposta dal D.P.R. n. 247/2004.

Infatti, tale regolamento prevede, tra le cause di scioglimento d’ufficio, il “mancato compimento di atti di gestione per tre anni consecutivi” che, però, si applica solo alle imprese individuali, anche artigiane, e alle società di persone.

Né sembra che, nel caso in questione, possa applicarsi il disposto dell’ultimo comma dell’art. 2490 c.c., il cui raggio d’azione riguarda solo società di capitali in liquidazione, che non abbiano depositato per tre esercizi consecutivi il proprio bilancio.

Infatti, la società è già in stato di scioglimento dal momento in cui si è accertato che la perdita ha portato il capitale sociale al di sotto del minimo, ossia quanto meno dalla data dell’ultima assemblea, che ha approvato il bilancio 2007. Ma non può definirsi “in liquidazione”.

Pertanto, non c’è spazio per invocare una cancellazione d’ufficio da parte della CCIAA di competenza, operazione che, tra l’altro, porterebbe solo all’estinzione della società ma non certamente alla sistemazione del passato.

Piuttosto ai sensi dell’art. 2484 n. 3 e 4 c.c., la società è incorsa in una causa di scioglimento, che l’amministratore avrebbe dovuto accertare, mediante la sua iscrizione nel Registro delle Imprese, come previsto dal penultimo comma di questo articolo e dall’articolo 2485 seguente.

Infatti, il predetto art. 2484 c.c. prevede che “Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono:

3) per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea;

4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter; …

Gli effetti dello scioglimento si determinano, nelle ipotesi previste dai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) del primo comma, alla data dell’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa e, nell’ipotesi prevista dal numero 6) del medesimo comma, alla data dell’iscrizione della relativa deliberazione…”

Chiarito ciò, si pone il problema di come rimediare alla mancata pubblicazione dei bilanci 2008, 2009 e 2010 e di come procedere per il futuro, tenendo presente che la volontà sociale è orientata alla cancellazione della società.

Riguardo alla prima questione (mancata pubblicazione dei bilanci) è necessario, in via preliminare, circoscrivere il concetto di “bilancio” da depositare al Registro delle imprese.

Da un punto di vista camerale, per bilancio s’intende il prospetto contabile, accompagnato dal verbale d’approvazione da parte dell’assemblea dei soci o dal verbale della decisione dei soci presa in forma extra assembleare, con gli allegati dovuti a seconda della forma sociale e del carattere abbreviato o meno del Bilancio stesso.

Perciò senza approvazione dei soci non esiste bilancio, ma solo un suo prospetto contabile, e quindi non si può procedere ad alcun deposito.

Nel caso specifico questo vuol dire che per quanto riguarda gli anni 2008/2010, vanno riuniti i soci e presentato loro, separatamente l’uno dall’altro, i 3 bilanci d’esercizio.

I soci dovranno quindi esprimersi su ogni singolo bilancio, approvarne il contenuto e successivamente l’amministratore formerà i tre fascicoli contenenti: prospetti contabili, relazioni sulla gestione (in caso di bilanci ordinari), note integrative e verbali di approvazione, per la loro trasmissione in via telematica al Registro Imprese.

A tale proposito, va anche chiarito l’aspetto sanzionatorio.

In particolare, il dubbio sorge in merito alla sanzione che, nello specifico caso, potrebbe essere comminata.

In linea generale, l’art. 2630 c.c. stabilisce che, chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, tra l’altro, comunicazioni o depositi presso il Registro delle imprese è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 206,00 a 2.065,00 euro.

Però, tale disposizione non sembra non essere attinente al caso concreto. Piuttosto, nello specifico, sembra che ci si trovi piuttosto in una ipotesi di omessa convocazione dell’assemblea dei soci (fattispecie sanzionata dall’art. 2631 c.c.) e non di omesso deposito nei termini (di cui al predetto art. 2630).

Infatti, nell’ipotesi in discussione non è stato rispettato il termine di convocazione dell’assemblea annuale dei soci (da tenersi entro 120 giorni dal termine dell’esercizio precedente o entro 180 giorni se lo Statuto lo prevede e si verificano le circostanze che giustifichino lo slittamento in avanti di 60 giorni): l’assemblea per l’approvazione dei bilanci 2008/2010 non si è mai tenuta.

Di conseguenza, applicando l’art. 2631 c.c., si andrebbe incontro a sanzioni da un minimo di 1.032,00 ad un massimo di 6.197,00 euro, aumentate di un terzo poiché nello specifico la violazione riguarda la mancata convocazione dell’assemblea straordinaria per la sistemazione della perdita 2007 che ha azzerato il capitale sociale).

 

ASPETTI FISCALI

Dal punto di vista fiscale, si pongono, principalmente due questioni:

1) la tassazione, ai fini dell’imposta di registro, degli eventuali versamenti dei soci in conto futuro aumento di capitale;

2) le modalità per sanare le omissioni legate alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi e IVA.

Sul primo aspetto, occorre, innanzitutto, rifarsi alla regola generale che, ai fini dell’imposta di registro, si applica per gli aumenti di capitale.

In particolare, l’art. 4 lett. a) della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986 stabilisce che gli atti di aumento del capitale o patrimonio delle società di qualunque tipo ed oggetto e degli enti diversi dalle società aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole sono soggetti all’obbligo della registrazione, che deve essere richiesta (dal notaio rogante, per gli atti di aumento del capitale) entro 20 giorni dalla stipula dell’atto.

Il predetto art. 4 riguarda sia gli aumenti di capitale a pagamento che gratuiti.

Chiarito ciò, occorre scendere un po’ più nel dettaglio per inquadrare, sempre ai fini del registro, i versamenti a fondo perduto.

Di ciò se ne occupava la nota I all’art. 4 che, appunto, prevedeva l’equiparazione dei versamenti a fondo perduto agli aumenti di capitale.

Tale norma è stata abrogata dall’art. 10 della legge n. 488/1999 e, quindi, in linea teorica, essendo venuta meno l’assimilazione ai conferimenti dei versamenti operati dai soci a fondo perduto essi non sarebbero soggetti ad imposta di registro.

L’imposta dovrebbe trovare applicazione in misura fissa (euro 168,00) nel momento di utilizzo di tali versamenti per aumentare il capitale sociale, con una formale deliberazione dell’assemblea straordinaria.

Il condizionale, però, è d’obbligo in quanto, a livello di prassi, c’è difformità di vedute.

Infatti, l’Agenzia delle entrate, con la circolare 30 marzo 2000, n. 62/E, ha affermato che i versamenti a fondo perduto, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, sono equiparati agli aumenti di capitale sociale: in base a tale pronuncia, essi scontano, pertanto, l’imposta nella misura fissa di euro 168,00, al pari degli atti di aumento del capitale con conferimenti in denaro.

Tutto quanto detto sin qui, dovrebbe essere valido anche per i versamenti in conto futuro aumento di capitale.

Però, ancora una volta, la questione non è pacifica.

Infatti, in dottrina è stato sollevato qualche dubbio in ordine al fatto che le operazioni di versamento in conto futuro aumento di capitale non deliberate dall’assemblea straordinaria, bensì solo annunciate come prossime in delibere dell’assemblea ordinaria o del Consiglio di Amministrazione, debbano piuttosto essere assimilate a conferimenti veri e propri (con conseguente applicazione “immediata” dell’imposta di registro in misura fissa).

In definitiva, vista l’incertezza che regna in materia, prudenzialmente, sarebbe opportuno versare l’imposta di registro in misura fissa.

Passando all’altra questione, relativa alla possibilità di sanare l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi e IVA va richiamato l’articolo 2, comma 7 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Tale norma stabilisce che “sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.

Pertanto, nel caso di cui si discute anche se si presentano le dichiarazioni, essendo ormai trascorsi più di 90 giorni dal termine di presentazione della stessa, si incorre nelle sanzioni previste per tale violazione.

In particolare, in base a quanto disposto dall’art. 1, c. 1 del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione dal 120% al 240% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 258 euro.

Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da 258 euro ad 1.032 euro aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

 

28 ottobre 2011

Roberto Mazzanti e Saverio Cinieri