Trust: disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette

La Circolare n. 48/E del 2007 dell’Agenzia Entrate. Trust: disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette.

La Circolare n. 48/E dell’Agenzia delle Entrate del 06/08/2007

PREMESSA

L’articolo 1, commi da 74 a 76 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007, di seguito “finanziaria 2007”), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006, ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento tributario nazionale disposizioni in materia di trust.

Il comma 74 dell’articolo 1 della finanziaria 2007, modificando l’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”), include i trust tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In tal modo è stata riconosciuta al trust un’autonoma soggettività tributaria rilevante ai fini dell’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.
Avendo presente la flessibilità dell’istituto, il legislatore ha individuato, ai fini della imposizione dei redditi, due principali tipologie di trust:

  • trust con beneficiari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari stessi
  • trust senza beneficiari individuati, i cui redditi vengono tassati direttamente in capo al trust.

I redditi imputati al beneficiario sono stati qualificati come redditi di capitale, con l’inserimento della lettera g-sexies) al comma 1 dell’articolo 44 del TUIR.

Specifiche disposizioni antielusive sono state, inoltre, introdotte al fine di determinare la residenza fiscale di trust istituiti in paesi che non consentono lo scambio di informazioni.

Con opportune modificazioni apportate all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i trust che esercitano attività commerciali sono stati inclusi tra i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.

Infine, in materia di imposizione indiretta, puntuali disposizioni sono state introdotte

  • dapprima con l’art. 6 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 che ha previsto l’applicazione dell’imposta di registro sulla costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritti
  • poi con la con legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286 che, senza convertire la disposizione dell’art. 6 del decreto, ha invece assoggettato la costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritti all’imposta sulle successioni e donazioni
  • e in ultimo con la finanziaria 2007 che ha introdotto alcune franchigie ed esenzioni.

 

 

Brevi cenni sulla natura del Trust

Il trust è istituto tipico della common law che, per versatilità e flessibilità, si presta alle finalità più ampie. E’ opportuno considerare che non esiste una specifica tipologia di trust e che, ai fini dell’analisi dei profili civilistici e fiscali, dopo aver individuato i tratti comuni ed essenziali della relativa disciplina occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust

Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico fondato sul rapporto di fiducia tra disponente (settlor o grantor) e trustee. Il disponente, di norma, trasferisce, per atto inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritti a favore del trustee il quale li amministra, con i diritti e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del beneficiario o per uno scopo prestabilito.

Spesso i trustee sono trust company, vale a dire società che hanno quale oggetto sociale l’assistenza ai clienti nella istituzione dei trust e nella successiva gestione dei patrimoni.

L’effetto principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee, con l’effetto che non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del beneficiario.

Caratterizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà, l’una ai fini dell’amministrazione -in capo al trustee- e l’altra, ai fini del godimento – in capo al beneficiario -, il trust esprime un concetto di proprietà non proprio allineato a quello conosciuto nei paesi di civil law.

E’ evidente come, in base ai canoni tradizionali del nostro ordinamento, non sia agevole comprendere un simile sdoppiamento di proprietà, né la compressione del diritto di godimento dei beni affidati al trustee che ne è il proprietario. In sostanza, mentre la titolarità del diritto di proprietà è piena, l’esercizio di tale diritto è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’atto istitutivo.

Il trust viene istituito con un negozio unilaterale, cui si affiancano uno o più atti dispositivi.

Se è lo stesso disponente ad essere designato quale trustee, si dà luogo a un trust autodichiarato; in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio del disponente.

Qualora il trustee sia soggetto diverso dal disponente, il trasferimento al trust dei beni, così come la “perdita di controllo” da parte del disponente sui medesimi beni, sono requisiti qualificanti del trust. Il disponente può conservare alcuni poteri (come quello di sostituire il trustee o nominare altri beneficiari) salvaguardando in ogni caso l’effettività dell’attribuzione e l’esercizio dei poteri di amministrazione da parte del trustee.

Il trust può presentarsi come:

  • trust liberale, con il quale si dispone di assetti familiari e non;
  • trust commerciale, utilizzabile, ad esempio, per disporre la segregazione di attività dell’impresa, spesso a titolo di garanzia.
  • trust revocabile (grantor trust), quando il disponente si riserva la facoltà di revocare l’attribuzione dei diritti ceduti al trustee o vincolati nel trust (nel caso in cui il disponente sia anche trustee), diritti che, con l’esercizio della revoca, rientrano nella sua sfera patrimoniale. E’ evidente come in tal caso non si abbia un trasferimento irreversibile dei diritti e, soprattutto, come il disponente non subisca una permanente diminuzione patrimoniale. Questo tipo di trust, pure ammesso in alcuni ordinamenti, ai fini delle imposte sui redditi non dà luogo ad un autonomo soggetto passivo d’imposta cosicché i suoi redditi sono tassati in capo al disponente; ai fini delle imposte indirette, come si dirà, non si differenzia dagli altri trust.

Avendo riguardo alla sua struttura, il trust può considerarsi come:

  • trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un determinato fine (es. il trust di garanzia)
  • trust “con beneficiario”, quando i beni in trust vengono gestiti nell’interesse di un determinato soggetto.

Il beneficiario può essere “beneficiario di reddito” e godere delle utilità dei beni in trust (ad esempio, percepire periodicamente delle somme) oppure “beneficiario finale” dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust.

I beneficiari possono essere individuati nell’atto istitutivo o in un secondo momento, direttamente dal disponente o da un terzo designato (protector); inoltre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una determinata categoria. Essi hanno azione verso il trustee per rivendicare i loro diritti.

Nel fixed trust il disponente individua i beneficiari con l’atto istitutivo e predetermina la ripartizione tra gli stessi del patrimonio e del reddito del trust

Nel trust discrezionale, invece, il disponente si riserva la facoltà di nominare in un momento successivo i beneficiari ovvero rimette al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispettive posizioni, delle modalità e dei tempi di attribuzione dei benefici.

L’atto istitutivo del trust può indicare un protector con il compito di vigilare sull’operato del trustee.

Il trust non ha una disciplina civilistica interna ma trova tuttavia legittimazione a seguito dell’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con legge 16 ottobre 1989, n. 364 e in vigore dal 1° gennaio 1992.

La Convenzione si pone l’obiettivo di armonizzare le regole del diritto internazionale privato in materia di trust e, di fatto, ne attua il riconoscimento negli ordinamenti di civil law privi di una disciplina interna.

Essa individua gli elementi essenziali del trust rilevanti ai fini del riconoscimento da parte degli Stati firmatari.

L’art. 2 prevede i seguenti elementi essenziali del trust:

  • i beni vincolati nel trust sono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee
  • i beni vincolati nel trust sono intestati al trustee o ad altro soggetto per conto del trustee
  • il trustee è tenuto ad amministrare, gestire e disporre dei beni in trust secondo le indicazioni dettate nell’atto istitutivo del trust e nel rispetto della legge. Il trustee deve rendere conto della gestione.

L’Italia riconosce i trust che abbiano gli elementi essenziali indicati dall’art. 2. Per effetto del riconoscimento, i beni in trust restano distinti dal patrimonio personale del trustee che, a sua volta, acquista la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di comparire in qualità di trustee davanti a notai o altri rappresentanti di pubbliche istituzioni.

Ai sensi dell’articolo 3, la convenzione si applica solo ai trust la cui istituzione sia provata per iscritto.

Si ricorda, infine, che la convenzione non dispone sul trattamento fiscale dei trust, il quale rientra nelle competenze dei singoli Stati (art. 19).

 

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