Il sistema di amministrazione e controllo monistico
Il sistema di amministrazione e controllo monistico, voluto dalla riforma del diritto societario, è principalmente adottato da società di medio-grandi dimensioni soprattutto se quotate, e da società multi-stakeholders.
E’ quanto ha rilevato la Fondazione Aristeia (del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti) nella propria circolare n. 67 del mese di settembre 2006.
Con la riforma del diritto societario (D.Lgs. n. 6/2003) è stato introdotto il sistema di amministrazione e controllo monistico, composto da un consiglio di amministrazione e un comitato per il controllo sulla gestione, al fine di semplificare e snellire la procedura burocratica societaria.
Tuttavia, le imprese societarie di piccole dimensioni continuano a preferire il sistema di amministrazione tradizionale (precedente la riforma).
Nel sistema monistico è prevista la presenza di un solo organo per l’amministrazione (definito “consiglio di amministrazione”), il quale ha il potere di nominare (al suo interno), ai fini del controllo sulla gestione, un “comitato di controllo”.
Le differenze del sistema monistico nei confronti del sistema di amministrazione e controllo tradizionale
In particolare, nelle società per azioni organizzate con il modello monistico, la gestione della società è affidata in via esclusiva al consiglio di amministrazione.
La funzione di controllo sull’amministrazione è attribuita ad un organo interno al consiglio di amministrazione, detto comitato per il controllo sulla gestione.
Mentre il controllo contabile è affidato (senza eccezioni) ad un soggetto esterno, revisore o società di revisione.
A differenza del sistema tradizionale nel quale i soci nominano sia il consiglio di amministrazione (o l’amministratore unico) sia il collegio sindacale, nel sistema monistico l’assemblea dei soci elegge il consiglio di amministrazione che, a sua volta, provvede a scegliere tra i suoi membri i componenti l’organo di controllo interno (comitato di controllo).
Il consiglio di amministrazione deve essere composto per almeno 1/3 da amministratori indipendenti, mentre il comitato di controllo deve essere costituito amministratori indipendenti e non coinvolti nella gestione operativa della società.
Dal lato sostanziale, mentre nel sistema tradizionale l’assemblea dei soci elegge sia i controllori (collegio sindacale) sia i controllati (amministratori) e delega a questi ultimi la gestione della società, nel sistema monistico, invece, l’assemblea dei soci nomina gli amministratori, ma sono questi ultimi che poi nominano all’interno degli stessi componenti del Consiglio di amministrazione i soggetti a cui spetta la vigilanza.
Pertanto, nel sistema monistico sono i controllati (consiglio di amministrazione) che eleggono i controllori (comitato di controllo).
Tuttavia, nella prassi può poi accadere che la scelta dei soggetti che compongono il comitato di controllo sia, invero, imposta dall’assemblea dei soci.
I componenti del comitato di controllo non si limitano a vigilare sulla corretta amministrazione della società, ma partecipano alla gestione della società.
Come è stato osservato dalla Fondazione Aristeia, la sostituzione del collegio sindacale (presente nel sistema tradizionale), con un organo costituito all’interno del consiglio di amministrazione (quindi, con il comitato di controllo), consente poi di snellire i tempi, sia per avere la conoscenza diretta dei fatti di gestione, sia per potere procedere nelle decisioni da prendere.
Mentre nelle piccole-medie società (in cui, peraltro, è notevolmente presente la componente “familiari”), tra i due organi del sistema monistico, venendo a mancare il requisito dell’indipendenza, si potrebbero verificare l’insorgenza di forme di collusione tra i soci di maggioranza e gli organi amministrazione-controllo societario, tutto ciò a danno dei soci di minoranza, ovvero a danno dei tanti soci-consumatori per le società quotate in borsa (che acquistano, tramite le proprie banche di fiducia, limitate quote di azioni come una sorta di investimento personale, e che anche nel loro complesso costituiscono comunque la minoranza di medie società).
Nella disciplina del sistema monistico, viene, pertanto consigliata l’attribuzione della funzione di controllo contabile ad un revisore esterno, ciò per dare adeguata tutela ai soci di minoranza e ai creditori sociali.
La disciplina del sistema monistico
Il sistema monistico è regolato solo dagli artt. da 2409-sexiesdecies a 2409-noviesdecies del Codice civile, mentre è disciplinato in maniera analitica il sistema tradizionale.
Nel caso di società da costituire, il sistema di amministrazione monistico deve essere espressamente adottato in sede di costituzione della società, mentre nell’ipotesi di società già costituita, la deliberazione di variazione del tipo sistema di amministrazione e controllo deve essere presa dall’assemblea straordinaria e la modifica ha effetto, tranne che non sia stabilito diversamente, dalla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio successivo a quello in cui è stata decisa.
A parere della dottrina, la modifica del sistema di amministrazione e controllo costituisce una giusta causa di cessazione anticipata e atipica del rapporto tra i componenti degli organi di amministrazione e controllo e la società.
Il consiglio di amministrazione nel sistema monistico
In base all’art. 2409-septiesdecies del Codice civile la gestione dell’impresa spetta esclusivamente al Consiglio di amministrazione, che (secondo lo studio effettuato dalla Fondazione Aristeia) è necessariamente pluripersonale e opera in maniera collegiale.
Rispetto al sistema tradizionale, nel sistema monistico, quindi, è impossibile attribuire la gestione ad un amministratore unico.
È, invece, consentito, all’organo amministrativo di delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad uno dei suoi componenti.
Il legislatore pone specifici vincoli per la composizione del consiglio di amministrazione del sistema monistico: almeno 1/3 dei consiglieri di amministrazione deve essere in possesso dei medesimi requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’art. 2399, primo comma, del C.c. (art. 2409-septiesdecies, co. 2, del C.c.). Infatti, si tratta delle medesime cause d’ineleggibilità e di decadenza previste per i sindaci.
Tuttavia, viene riconosciuta ai soci la facoltà di:
- Richiamare nello statuto i requisiti di indipendenza previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati;
- prevedere nello statuto altre, e più stringenti, cause di ineleggibilità o decadenza, cause di incompatibilità, nonché limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.
Il comitato per il controllo sulla gestione nel sistema monistico
Ai sensi dell’art. 2409-octiesdecies, quinto comma, lett. b) del Codice civile, il comitato di controllo deve vigilare sull’adeguatezza:
- della struttura organizzativa della società;
- del sistema di controllo interno;
- del sistema amministrativo;
- del sistema contabile.
La competenza del comitato di controllo è più ampia di quella del collegio sindacale (organo di controllo previsto nel sistema tradizionale).
Il comitato di controllo (nel sistema monistico) non solo deve vigilare sull’assetto organizzativo della società, ma deve anche verificare l’efficacia e il concreto funzionamento dei sistemi sopra elencati.
Inoltre, il comitato di controllo ha la competenza di vigilare sul «sistema di controllo interno» non prevista per il collegio sindacale.
Come ha rilevato la Fondazione Aristeia, il consiglio di amministrazione può delegare al comitato di controllo lo svolgimento di attività di competenza dell’organo amministrativo, con esclusione di quelle di tipo esecutivo.
In particolare, al comitato di controllo, che (in base all’art. 2409-septies contenuto nell’art. 2409-noviesdecies del C.c., deve scambiare con il revisore esterno le informazioni rilevanti per lo svolgimento dei rispettivi incarichi) possono essere affidati compiti specifici di natura contabile.
Dopo sia stato regolarmente costituito, il comitato elegge a maggioranza assoluta un presidente.
Secondo parere di Dottrina il presidente del comitato di controllo é chiamato a svolgere compiti di natura organizzativa dei lavori dell’organo e, come per il presidente del collegio sindacale, é destinatario delle dimissioni dei consiglieri di amministrazione, nonché delle dichiarazioni di dissenso di un amministratore e, inoltre, il soggetto legittimato passivo per la notifica dell’azione di responsabilità esercitata dalla minoranze.
La nomina e i requisiti soggettivi del comitato di controllo nel sistema monistico
Nel sistema monistico, il compito di determinare il numero e di nominare i componenti dell’organo di controllo spetta al consiglio di amministrazione.
Tuttavia, (ai sensi dell’art. 2409-octiesdecies, co. 1, del C.c.) lo statuto può affidare la nomina e la determinazione del numero all’assemblea dei soci o a soggetti terzi.
Nelle società quotate in borsa (cd. società aperte), per tutelare i soci e i creditori delle società, il comitato di controllo deve essere costituito almeno da tre componenti.
Al fine di salvaguardare l’imparzialità e la correttezza della gestione, si è stabilito che i consiglieri di amministrazione che compongono il comitato di controllo devono essere:
– In possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dalla legge e dallo statuto;
– indipendenti;
– non coinvolti nella gestione operativa della società.
Per il requisito della professionalità, il legislatore ha stabilito che almeno uno dei componenti del comitato di controllo sulla gestione deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili (art. 2409-octiesdecies, co. 3 del C.c.).
Spetta poi allo statuto della società il compito di indicare specifici requisiti di onorabilità e professionalità, in tal senso il comitato di controllo nel sistema monistico si colloca in una posizione intermedia tra il sistema tradizionale (ove la flessibilità della nomina dei componenti l’organo di controllo è minima) e quello dualistico (detta flessibilità è, invece, massima nel sistema dualistico).
Per il requisito dell’indipendenza occorre fare riferimento alla disciplina del sistema tradizionale (non essere: – dichiarati interdetti, inabilitati; legati da rapporto di coniugio, parentela e affinità entro il quarto grado agli amministratori della società; – legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano).
Il comitato di controllo è composto esclusivamente da amministratori non esecutivi.
In particolare, non possono essere eletti nel comitato di controllo:
– I membri del comitato esecutivo;
– gli amministratori ai quali siano attribuite deleghe o particolari cariche;
– i soggetti che comunque svolgono, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale o di società che la controllano o ne sono controllate.
La durata, la revoca e la sostituzione dei componenti del comitato di controllo
I componenti del comitato di controllo restano in carica per la durata del mandato del consiglio di amministrazione che li ha nominati e sono rieleggibili.
I componenti del comitato di controllo sono revocabili in qualunque momento, tranne che non sia stabilito in maniera diversa dallo statuto.
Per la revoca non occorre la giusta causa e neppure l’approvazione da parte del tribunale. E’, comunque, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno a favore dei componenti del comitato di controllo che siano stati revocati senza una giusta causa.
Venendo a mancare (per morte, rinunzia, revoca o decadenza) un componente del comitato di controllo sulla gestione, se tra gli altri amministratori in carica vi sono soggetti dotati dei requisiti previsti dalla legge o dallo statuto, il consiglio di amministrazione deve provvedere senza indugio a sostituirlo scegliendo il nuovo membro tra i soggetti in possesso dei suddetti requisiti (c.d. sostituzione interna).
Ove ciò non sia possibile, il consiglio di amministrazione provvede senza indugio con la sostituzione esterna (nomina di persona con i requisiti di legge) senza la successiva conferma da parte dell’assemblea dei soci.
La legge non disciplina il caso in cui il componente del comitato di controllo rinunci a tale incarico, ma non anche a quello di amministratore (c.d. rinuncia relativa). Pertanto, a ciò può sopperire quanto eventualmente indicato nello statuto della società.
I poteri e i doveri dei componenti del comitato di controllo
Come rilevato dalla Fondazione Aristeia i membri del comitato di controllo non hanno poteri di ispezione simili a quelli dei sindaci né possano avvalersi di dipendenti e di ausiliari propri nell’espletamento delle funzioni loro affidate.
Comunque, anche se privi di poteri ispettivi e di controllo individuali, i componenti del comitato di controllo possono acquisire le informazioni necessarie sia partecipando alle riunioni degli altri organi sociali, sia attivando apposite richieste di informazioni nei confronti del presidente del consiglio di amministrazione e degli altri amministratori.
I poteri e i doveri della assemblea dei soci
A parere della Fondazione Aristeia, nel silenzio della legge, a differenza dei sistemi tradizionale e dualistico, il comitato di controllo sulla gestione non deve presentare la relazione all’assemblea dei soci. Ciò anche se parte della Dottrina ritiene necessario farlo.
Inoltre, poiché la legge non disciplina la remunerazione dei componenti del comitato di controllo, la Fondazione Aristeia ritiene (ai sensi dell’art. 2402 del C.c., relativo al collegio sindacale) che il compenso deve essere stabilito dall’assemblea dei soci o dallo statuto e non può essere modificato durante l’incarico.
Infine, i componenti del comitato di controllo, giacché sono anche membri del consiglio di amministrazione, devono adempiere alle loro mansioni con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenza e sono, altresì, assoggettati allo stesso regime di responsabilità stabilito per amministratori delle società che adottano il modello tradizionale.
Pertanto, nel caso in cui la gestione della società si sia rivelata scorretta, i componenti del comitato di controllo sono chiamati a rispondere insieme agli altri amministratori dei danni avuti. Inoltre, sono responsabili dei danni che non si sarebbero verificati se avessero diligentemente vigilato sulla gestione della società (c.d. culpa in vigilando).
Il controllo contabile nel sistema monistico
Nel sistema monistico, il controllo contabile viene affidato, in via esclusiva e senza eccezioni, ad un revisore esterno, persona fisica o società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia. Mentre nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile deve essere attribuito ad una società di revisione.
Come nel sistema dualistico, (anche nel caso di società non quotate e non tenute alla redazione del bilancio consolidato) non è, pertanto, consentita la scelta, tramite statuto, per l’affidamento del controllo contabile all’organo di vigilanza interna.
21 Ottobre 2006
Vincenzo D’Andò