La liquidazione dell’IVA al momento dell’incasso del corrispettivo (cd. "IVA per cassa")

nel quadro delle misura di contrasto all’attuale crisi economica e finanziaria si sta cercando di introdurre una misura volta a salvaguardare l’equilibro finanziario dei soggetti IVA con limitato volume d’affari in presenza di operazioni IVA in cui non vi è l’immediato incasso del corrispettivo fatturato

Nel quadro delle misura di contrasto all’attuale crisi economica e finanziaria, l’art. 7 decreto-legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, intende introdurre una misura volta a salvaguardare l’equilibro finanziario dei soggetti IVA con limitato volume d’affari in presenza di operazioni IVA in cui non vi è l’immediato incasso del corrispettivo fatturato. La circolare ASSONIME numero 12 del 20 marzo scorso è dedicata in larga parte alla disciplina agevolativa a favore di imprese e professionisti. Oltre che alla preventiva autorizzazione della Commissione europea, la concreta attuazione delle disposizioni dell’art. 7 è ulteriormente subordinata all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Caratteristiche e finalità della c.d. IVA per cassa

Generalità

          Il regime IVA ordinario prevede l’obbligo di emettere la fattura – e quindi di calcolare l’imposta dovuta all’Erario – per le cessioni di beni mobili, al momento della loro consegna o spedizione e, per le cessioni di beni immobili, alla stipula dell’atto di vendita.

          Nel caso dunque, sempre più frequente, in cui il corrispettivo e l’IVA siano incassati molto tempo dopo l’emissione della fattura, i soggetti che cedono i beni devono versare all’Erario un’imposta di cui in concreto non dispongono; ciò li induce a ricorrere all’indebitamento o ad utilizzare risorse finanziarie proprie, magari distraendole dagli impieghi produttivi.

          Analoghe problematiche si pongono anche in relazione alle prestazioni di servizi.

          Sebbene, infatti, la legge IVA preveda che l’obbligo di emettere la fattura per le prestazioni di servizi scatti al momento del pagamento del corrispettivo (e, quindi, dell’incasso dell’imposta in via di rivalsa), molto spesso l’emissione della fattura è utilizzata come invito o sollecito di pagamento: l’emissione della fattura prima dell’incasso del corrispettivo espone quindi anche i soggetti che prestano servizi agli inconvenienti a cui abbiamo accennato.

          Per superare la discrasia temporale tra versamento e incasso dell’imposta, l’art. 7 consente ai soggetti IVA che saranno individuati, con riferimento al loro volume d’affari, da un apposito decreto ministeriale di differire il calcolo dell’imposta dovuta all’Erario fino al momento del suo incasso dai soggetti ai quali è stata addebitata (è il cosiddetto sistema dell’IVA per cassa).

          Il differimento dell’esigibilità dell’IVA è consentito esclusivamente dunque ai soggetti d’imposta che non superano un determinato volume d’affari.

          Altro limite è che il differimento dell’esigibilità è ammesso solo per le operazioni poste in essere nei confronti di altri soggetti IVA, non è quindi applicabile alle operazioni effettuate nei confronti di privati consumatori.

          Il nuovo sistema esplichi effetti rilevanti anche sui soggetti IVA cessionari di beni e committenti di servizi in relazione al loro diritto alla detrazione dell’imposta indicata nelle fatture ricevute.

          Il vigente primo comma dell’art. 19 del d.p.r. n. 633 del 1972, invero, lega il diritto alla detrazione dell’imposta addebitata in via di rivalsa alla sua esigibilità in capo al soggetto che ha emesso la fattura. L’art. 7 in esame, differendo l’esigibilità dell’imposta al momento dell’incasso del corrispettivo fatturato, differisce conseguentemente a tale momento anche la possibilità di detrarre l’IVA per il soggetto che riceve la fattura.

          La nuova norma, sotto tale profilo, potrebbe quindi indurre i soggetti IVA cessionari di beni e committenti di servizi ad un più sollecito pagamento delle somme indicate nelle fatture ricevute.

          Circa i limiti di fatturato la relazione tecnica al decreto-legge nel calcolare il minor gettito derivante dall’entrata in vigore della nuova norma, ha fatto riferimento ai soggetti IVA con volume d’affari fino a 200 mila euro. Anche in altri Paesi europei è stata già adottata un’analoga soglia di volumi d’affari; pertanto, è da presumere che i soggetti che potranno usufruire della nuova disposizione saranno quelli con volume d’affari non superiore a 200 mila euro.

Soggetti ed operazioni cui la norma non si applica

          Il nuovo sistema di liquidazione dell’IVA, come detto, non ha un’applicazione generalizzata, dati i numerosi limiti applicativi sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo.

          Sotto il profilo soggettivo, oltre al ricordato limite del volume di affari, occorre considerare che l’art. 7 esclude espressamente dal proprio ambito applicativo i soggetti IVA che già si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell’imposta (1).

          Relativamente al profilo oggettivo, poi, il sistema si applica solo alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi imponibili effettuate nei confronti di soggetti che agiscono nell’esercizio di imprese, arti e professioni.

             Restano dunque escluse, in primis, le operazioni poste in essere nei confronti di privati consumatori.

          Il nuovo regime non si applica, inoltre, alle operazioni poste in essere nei confronti di soggetti IVA che acquisiscono i beni o i servizi non nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, artistica o professionale, ma per “uso privato

          Sempre sotto il profilo oggettivo, è da evidenziare che sono escluse espressamente dall’ambito applicativo dell’art. 7 anche tutte le operazioni effettuate nei confronti di cessionari o committenti che assolvono l’IVA applicando il cosiddetto sistema del reverse charge.

Differimento dell’esigibilità dell’imposta

          In base al combinato disposto del primo comma dell’art. 7 in commento e del secondo periodo del quinto comma dell’art. 6 del d.p.r. n. 633 del 1972, l’imposta diviene esigibile all’atto del pagamento del corrispettivo.

          I soggetti che emetteranno le fatture con l’imposta ad esigibilità differita dovranno, quindi, tener presente tale momento per individuare il mese (o il trimestre) con riferimento al quale operare la liquidazione periodica dell’IVA.

          Ciò, peraltro, comporterà, osserva ASSONIME, problemi applicativi non indifferenti.

Momento in cui l’iva diviene esigibile

          In tutti i casi in cui il pagamento non è effettuato dai cessionari di beni o dai committenti di servizi in contanti direttamente ai cedenti o ai prestatori, questi ultimi potrebbero non conoscere tempestivamente l’avvenuto pagamento del corrispettivo, cioè non sapere che l’esigibilità dell’imposta nei confronti dell’Erario si è realizzata.

          In effetti il Ministero delle finanze ha riconosciuto in passato con risoluzione n. 363519 del 25 gennaio 1978 e la circolare n. 134/E del 5 agosto 1994, che nel caso in cui il corrispettivo venga pagato tramite un mandato o un accreditamento di somme nel conto corrente, postale o bancario, del soggetto creditore, il pagamento deve “ritenersi eseguito il giorno in cui il creditore riceve la comunicazione dell’avvenuto accreditamento delle somme a lui dovute”. Si tratta di un’impostazione che potrà senz’altro tornare utile anche ai fini dell’applicazione del nuovo sistema.

Prestazioni periodiche o continuative

          Tuttavia, incertezze interpretative sul momento in cui si verifica l’esigibilità del tributo potrebbero insorgere anche in altre fattispecie quali, per esempio, le prestazioni periodiche o continuative di beni in esecuzione di contratti di somministrazione per le quali l’esigibilità dell’imposta si realizza, nel nuovo sistema, all’atto del pagamento dei corrispettivi periodici e non all’atto di ogni singola cessione.

          Più in particolare problemi specifici, aggiunge la circolare ASSONIME, si potrebbero porre per quelle prestazioni di risultato che, pur richiedendo un più o meno lungo lasso tempo per la loro esecuzione, non sono di durata in senso tecnico, non facendo quindi maturare corrispettivi periodici in quanto il loro adempimento avviene in via istantanea con il conseguimento del risultato. Per queste prestazioni di norma le parti convengono il pagamento di uno o più acconti durante lo svolgimento della prestazione.

          La valenza in generale anche degli acconti ai fini dell’applicazione del nuovo sistema è stata opportunamente riconosciuta dall’Agenzia delle Entrate, con il paragrafo n. 6.7 della circolare 13 marzo 2009, n. 8/E, secondo cui “l’esigibilità si verifica pro-quota al momento di ciascun pagamento e la relativa imposta va computata nella liquidazione del periodo in cui è avvenuto il pagamento stesso”. In sostanza, quindi, l’esigibilità dell’IVA nel nuovo sistema si realizza, di volta in volta, in relazione a ciascun acconto pagato.

          È auspicabile, tuttavia, che sulla complessa e delicata questione dell’individuazione del momento in cui si verifica l’esigibilità dell’IVA l’Agenzia delle Entrate fornisca ulteriori chiarimenti.

Limite temporale annuale

          L’art. 7 ha posto, peraltro, un limite temporale al differimento dell’esigibilità dell’imposta. Al fine, infatti, di evitare possibili frodi – non potendosi in sostanza permettere che il versamento dell’IVA all’Erario possa dipendere non dal comportamento del soggetto d’imposta, ma da quello di un terzo (il cessionario o il committente) – ha previsto che l’IVA indicata in fattura diviene in ogni caso esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione.

          Il limite temporale differenzia la norma in esame da quella relativa alle operazioni indicate nel secondo periodo del quinto comma dell’art. 6 del d.p.r. n. 633 del 1972, operazioni per le quali non è posto un limite analogo, dato che le controparti delle operazioni di cui all’art. 6 sono, per lo più, enti pubblici i quali, come è noto, provvedono ai pagamenti ben oltre un anno dall’effettuazione dell’operazione.

          Sotto il profilo operativo, il termine iniziale del periodo annuale – che l’art. 7 espressamente individua nel “momento di effettuazione dell’operazione” – dovrebbe coincidere, ad avviso di ASSONIME, con la data di emissione della fattura. che segna il momento con riferimento al quale sarebbe insorta l’esigibilità dell’IVA secondo le regole ordinarie – esigibilità che attualmente viene disattivata dal regime in esame – e dunque appare logico che questo sia anche il termine iniziale per computare l’anno al termine del quale il regime dell’IVA per cassa cessa di applicarsi.

Note di variazione

          Naturalmente, la scadenza del periodo annuale produce effetti anche sulla possibilità, riconosciuta dal secondo comma dell’art. 26 del d.p.r. n. 633 del 1972 al soggetto che ha emesso la fattura, di variare in diminuzione l’imponibile e l’imposta indicati nella stessa qualora ricorrano i fatti e le circostanze individuati da tale disposizione.

          Al riguardo è da ricordare preliminarmente che il Ministero delle finanze, in relazione alle operazioni con IVA ad esigibilità differita previste dal più volte citato secondo periodo del quinto comma dell’art. 6 del d.p.r. n. 633 del 1972, con la risoluzione n. 75/ E del 5 marzo 2002 ha precisato che il differimento dell’esigibilità “dell’imposta collegato al pagamento del corrispettivo comporta che, in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo, ad esempio per risoluzione del contratto, per sopravvenuto accordo, per annullamento della fattura emessa per errore ovvero per riduzione del corrispettivo, l’imposta non diviene esigibile in tutto o in parte, benché l’operazione sia stata fatturata”.

          A differenza di quel che accade nel caso delle operazioni di cui al ricordato art. 6, dalla previsione contenuta nell’art. 7 in commento secondo cui “l’imposta diviene comunque esigibile dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione”, deriva che, nel sistema dell’IVA per cassa, i fatti e gli eventi richiamati nella risoluzione n. 75/E del 2002 avvenuti dopo l’anno in questione non hanno, invece, alcun effetto sull’esigibilità dell’imposta: trascorso l’anno, infatti, essendo divenuta esigibile, l’imposta deve in ogni caso essere liquidata dal soggetto che ha emesso la fattura. Questi potrà tener conto dei fatti e degli eventi indicati nell’art. 26 del d.p.r. n. 633 del 1972, se si sono verificati successivamente, in sede di emissione della nota di variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta.

Profili applicativi della c.d. IVA per cassa

          La norma, nel rinviare l’individuazione dei soggetti IVA che potranno usufruire del differimento dell’esigibilità dell’imposta ad un apposito decreto ministeriale, stabilisce che questo provvedimento dovrà anche prevedere “ogni altra disposizione di attuazione”.

Fatture emesse con indicazione dell’art. 7, l. 185/09

          Relativamente agli obblighi procedimentali, comunque, il primo comma dell’art. 7 già stabilisce espressamente che “per le operazioni di cui al presente comma la fattura reca l’annotazione che si tratta di operazione con imposta ad esigibilità differita, con l’indicazione della relativa norma”.

          Come osservato, l’obbligo di riportare sulla fattura emessa l’annotazione che si tratta di operazione con imposta ad esigibilità differita discende dalla necessità di far conoscere al destinatario della stessa che è correlativamente differito il suo diritto a detrarre l’imposta addebitata in via di rivalsa fino al momento del pagamento dell’imposta alla controparte.

          Lo stesso art. 7 specifica, peraltro, che, in mancanza della suddetta annotazione nella fattura, l’imposta si considera ad esigibilità immediata, con la conseguente possibilità per il destinatario di detrarre l’IVA anche prima del suo pagamento.

          Dal combinato disposto delle due norme ASSONIME desume che il differimento dell’esigibilità del tributo è facoltativo e non obbligatorio per i soggetti che potranno applicare il nuovo sistema dell’IVA per cassa. In concreto, quindi, tali soggetti potranno scegliere, anche per ciascuna operazione effettuata o per un gruppo di operazioni (come, ad esempio, quelle nei confronti di un determinato cessionario o committente), se adottare o meno tale differimento, tenendo conto, di volta in volta, di molteplici e svariate situazioni o circostanze (come, ad esempio, l'”affidabilità” del cliente nei pagamenti, l’ammontare dell’IVA da anticipare, la richiesta del cliente di consentirgli l’immediata detrazione dell’imposta, ecc.).

          In definitiva tali soggetti, nel caso in cui scelgano di differire l’esigibilità dell’imposta, dovranno manifestare espressamente la loro scelta nella fattura con l’apposita annotazione.

Annotazione delle fatture ad esigibilità differita

          Con riguardo agli obblighi procedimentali che dovranno essere osservati sia dai soggetti che emettono le fatture in questione, sia dai loro destinatari, la circolare ASSONIME del 20 marzo ritiene che tali obblighi – salvo che il più volte citato decreto ministeriale di attuazione non preveda diversamente – saranno uguali a quelli attualmente stabiliti in relazione al differimento dell’esigibilità dell’IVA previsto dal quinto comma dell’art. 6 del d.p.r. n. 633 del 1972.

          Con riferimento all’art. 6, il Ministero delle finanze ha precisato, nella circolare n. 328/E del 24 dicembre 1997, che le fatture emesse devono essere, come quelle ad esigibilità immediata, annotate nel registro di cui all’art. 23 del d.p.r. n. 633 del 1972 entro quindici giorni dalla data di emissione. In tal modo l’imposta indicata in tali fatture concorre a formare il volume d’affari nel periodo di riferimento, e, sussistendone i presupposti, entra nel calcolo del pro-rata di detrazione.

          La medesima imposta sarà computata nella liquidazione periodica del periodo nel corso del quale viene incassato il corrispettivo. A tal fine, secondo il Ministero (c.m. n. 328/E/97), le fatture emesse “vanno annotate in via definitiva nei registri IVA, salvo operare le evidenziazioni necessarie – con appositi codici, distinte colonne o altre idonee rilevazioni contabili – ai fini del rinvio dell’obbligo del pagamento dell’imposta. Non è impedito ai soggetti interessati, ove lo ritengano vantaggioso, di procedere alla gestione delle fatture di che trattasi mediante la tenuta di appositi registri sezionali . .”.

          Del pari, in relazione agli adempimenti contabili dei soggetti cessionari o committenti che ricevono le fatture emesse a norma del quinto comma dell’art. 6, il Ministero (c.m. n. 328/E/97) ha stabilito che essi “sono tenuti ad annotare le fatture (ricevute) nei normali registri IVA degli acquisti, sui quali esse dovranno essere distintamente indicate rispetto a quelle ordinarie, appunto perché la detrazione della relativa imposta è subordinata al pagamento del corrispettivo. . . . Nulla vieta . . . che per la gestione delle fatture ad esigibilità differita vengano tenuti specifici registri sezionali ai sensi dell’art. 39 del d.p.r. n. 633 del 1972”.

          È da presumere, quindi, che tutti gli adempimenti stabiliti per le operazioni cui si applica il quinto comma dell’art. 6 dovranno essere osservati anche dai soggetti IVA che applicheranno il differimento dell’esigibilità previsto dall’art. 7.

In concreto la scelta per il differimento in relazione a tutte, o alla maggior parte, delle operazioni effettuate comporterà per i contribuenti interessati il costante monitoraggio della tempistica degli incassi dell’imposta fatturata, per individuare il periodo della liquidazione IVA nel quale computare l’imposta divenuta esigibile, e quello della tempistica dei pagamenti effettuati, per individuare il periodo a partire dal quale è possibile detrarre l’imposta pagata alla controparte.

Fatture ad iva esigibilità differita e pagamento frazionato

          Tale monitoraggio risulterà ancor più gravoso nel caso in cui il pagamento del corrispettivo sia frazionato nel tempo in numerosi acconti. In tal caso si pone anche il problema del momento in cui si verifica l’esigibilità (e la conseguente detraibilità, per il cessionario o il committente) dell’imposta in relazione a ciascun acconto ricevuto (o pagato).

In proposito, l’Agenzia delle Entrate, con il paragrafo n. 6.7 della circolare 13 marzo 2009, n. 8/E, ha opportunamente chiarito che “l’esigibilità si verifica pro-quota al momento di ciascun pagamento e la relativa imposta va computata nella liquidazione del periodo in cui è avvenuto il pagamento stesso”.

          Anche la disposizione dell’art. 7 che, come si è visto, “sospende” l’esigibilità dell’imposta fino alla fine delle procedure concorsuali o esecutive intraprese nei confronti del cessionario o del committente, renderà necessario ai soggetti cedenti o prestatori di controllare tali ulteriori eventi: essi, infatti, per poter usufruire della “sospensione”, dovranno instaurare le procedure entro un anno dall’effettuazione dell’operazione oppure accertarsi, entro il medesimo periodo, che altri soggetti creditori non abbiano già iniziato le procedure in parola al fine di intervenire tempestivamente nelle stesse.

          La non obbligatorietà del differimento dell’esigibilità dell’imposta consentirà comunque ai soggetti IVA interessati di evitare tutti gli obblighi procedimentali e gli oneri contabili connessi alla gestione delle fatture di cui all’art. 7, se sceglieranno di non usufruire della nuova norma.

Antonino Romano

26 Marzo 2009

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NOTE 

(1) Si tratta di operazioni disciplinate da particolari norme sulla determinazione del tributo o sull’indicazione in fattura dell’imposta che, per lo più, attuano specifiche disposizioni comunitarie non modificabili senza espressa autorizzazione della Comunità europea.