Un intricato meccanismo fiscale trasforma la cessione dei diritti reali in un terreno minato, dove ciò che prima sembrava neutro ora diventa oggetto di tassazione. Tra interpretazioni divergenti e soluzioni parziali, si delinea uno scenario inaspettato e carico di conseguenze.
“Il nodo avviluppato” dei diritti reali: la commedia (amara) del TUIR
Nell’Opera Cenerentola di Gioacchino Rossini c’è una bellissima aria titolata “Il nodo avviluppato”, dove in un sestetto ogni cantante ci mette del suo, per cantare tutti assieme, frasi asincrone, un intreccio di sillabe in libertà; la storia molto aggrovigliata della cessione dei diritti reali fa venire in mente quella bella aria; solo che qui non c’è molto da divertirsi.
Ora, cosa è successo? Mentre fino al 2023 la cessione dei diritti reali, usufrutto escluso (e quindi enfiteusi, superficie, uso, abitazione, servitù) non era considerata operazione speculativa ex lettera h) dell’articolo 67 del TUIR, e quindi non era sempre tassata, indipendentemente dall’eventuale acquisizione oltre i 5 anni o altre esclusioni, dall’1 gennaio 2024 tali cessioni rientrano tutte nelle previsioni della lettera h). Quindi, anche se eventualmente la cessione dell’intero bene non fosse soggetta ad imposte, in presenza delle esclusioni previste dalla lettera b) dello stesso articolo 67 del TUIR (acquisizione oltre i 5 anni, utilizzo diretto per la maggior parte del periodo, provenienza successo