Le trasferte dei dipendenti in split payment

la nuova estensione dello split payment può rendere complesso il momento delle fatturazioni derivanti dalle trasferte dei dipendenti di società partecipate da enti pubblici e società quotate: in caso di pranzo fatturato alla società il ristoratore sarà obbligato a scorporare l’IVA e non incassarla, approfondiamo meglio…

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateDopo l’estensione del meccanismo della scissione dei pagamenti, ora applicabile anche alle prestazioni destinate a società partecipate dallo Stato, dalle Amministrazioni territoriali e dalle quotate in borsa, gli operatori incontreranno numerose difficoltà per la gestione delle spese sostenute dai dipendenti in trasferta.

Si pone il problema di come comportarsi quando il dipendente si reca in trasferta, ad esempio per conto di una società partecipata da ente pubblico o quotata in borsa, obbligata a trattenere l’Iva relativa alle prestazione ricevute, e debba pagare la fattura dell’albergo o del ristorante nel luogo in cui si è recato per ragioni di lavoro.

Possono in concreto verificarsi due possibilità. In base alla prima le spese di trasferta sono sostenute per conto della società, ma in nome proprio del dipendente. Questa fattispecie è la meno ricorrente in quanto non consente il recupero dell’Iva da parte dell’impresa committente. Il dipendente agisce nella veste di commissionario senza rappresentanza. In tale ipotesi la fattura è intestata direttamente al dipendente. Conseguentemente l’impresa che ha incaricato il lavoratore dipendente della trasferta, non può considerare in detrazione l’imposta sul valore aggiunto. In tale ipotesi lo split payment non trova applicazione. La prestazione deve considerarsi resa direttamente nei confronti del lavoratore dipendente. Ciò anche laddove al rientro della trasferta il lavoratore otterrà il rimborso analitico con l’esibizione della documentazione attestante le spese effettivamente sostenute.

L’ipotesi più ricorrente è quella in cui il lavoratore dipendente, che si reca in trasferta, agisce nella qualità di commissionario con rappresentanza, spendendo il nome dell’impresa committente. In questo caso la fattura riporta l’intestazione dell’impresa con l’indicazione del nominativo del lavoratore dipendente in trasferta. L’indicazione del nominativo rappresenta una condizione al solo fine di verificare l’inerenza del costo, cioè la riconducibilità dello stesso nell’attività d’impresa.

Trattandosi di una prestazione resa direttamente nei confronti dell’impresa, e di un suo rappresentante (che agisce in nome e per conto), all’atto del pagamento dovrà essere trattenuta l’Iva. Ciò anche nell’ipotesi in cui il pagamento sarà effettuato direttamente dal lavoratore dipendente che successivamente chiederà il rimborso alla società.

L’intestazione della fattura alla società consentirà di considerare integralmente in detrazione l’Iva relativa alle somministrazioni di alimenti e bevande e alle spese alberghiere. Inoltre l’impresa potrà considerare integralmente in deduzione il costo ai fini delle imposte sui redditi, senza subire la limitazione della deduzione della spesa (ristoranti e spese alberghiere) nella misura del 75%. L’art. 109, c. 5 del TUIR dispone che “Fermo restando quanto previsto dai periodi precedenti, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento”. E’ dunque prevista una deroga, quindi sono deducibili nella misura del 100 per cento, “Le spese di vitto e alloggio per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa…”.

Le difficoltà operative e i relativi dubbi sono sorti in quanto i pagamenti relativi alle trasferte (spese per ristoranti, alberghi…) non sono solitamente effettuati direttamente dagli uffici amministrativi della società. E’ il lavoratore dipendente che provvede a liquidare il conto dell’albergo o del ristorante e in questa occasione deve trattenere (non deve pagare) l’Iva. Sarà lo stesso lavoratore dipendente che dovrà verificare che la fattura rilasciata riporti la dicitura “scissione dei pagamenti”.

Gli alberghi e i ristoranti dovranno quindi prestare particolare attenzione al momento dell’emissione della fattura qualora il rilascio del documento sia effettuato a seguito di apposita richiesta, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972. Se la richiesta sarà effettuata da un dipendente in trasferta per conto di una società quotata in borsa o da una società partecipata, ad esempio dallo Stato, il pagamento del “conto” dovrà essere effettuato al netto dell’Iva.

La stessa fattispecie si verifica, ad esempio, per il pagamento di una cena di lavoro effettuato dall’amministratore delegato (di una società quotata o partecipata) che utilizza la carta di credito aziendale o che paga direttamente chiedendo poi il relativo rimborso spese.

L’Agenzia delle entrate ha osservato come la scissione dei pagamenti non si applichi laddove la spesa non sia documentata dalla relativa fattura (Circ. n. 15/E del 2015). Si tratta, ad esempio, delle spese certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni, ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi ai sensi dell’art. 1, cc. 429 e ss. della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Nella predetta ipotesi di esclusione dallo split payment “devono ricondursi anche le operazioni certificate mediante fattura semplificata ai sensi dell’art. 21 – bis del DPR n. 633 del 1972”.

La soluzione del problema è solo parziale. Infatti è possibile ottenere la certificazione dei corrispettivi mediante la fattura semplificata qualora l’ammontare complessivo non sia superiore a 100 euro (art. 21 – bis, comma 1 del D.P.R. n. 633/1972). La fattura semplificata consente comunque all’impresa di conservare il diritto alla detrazione del costo e dell’Iva. Infatti, oltre alla descrizione dei beni ceduti e dei servizi resi, deve essere indicato l’ammontare del corrispettivo complessivo e dell’imposta incorporata, ovvero dei dati che consentono di calcolarla.

In questo modo, sia pure per le prestazioni di importo limitato, è possibile evitare l’applicazione della scissione dei pagamenti.

4 ottobre 2017

Nicola Forte