La fiscalità delle Aziende Sanitarie Locali

le Asl e le Aziende ospedaliere, nonostante la terminologia adottata che le definisce “aziende”, conservano la loro natura giuridica pubblica perché realizzano un fine pubblico: questa natura ibrida come influisce sulla determinazione del reddito?

Per aziende della sanità pubblica ossia del Servizio sanitario nazionale si intendono le Asl, le Aziende ospedaliere e gli Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico).

Le Asl e le Aziende ospedaliere, nonostante la terminologia adottata di “azienda”, conservano la loro natura giuridica pubblica perché realizzano un fine pubblico.

Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 sul “Riordino della disciplina in materia sanitaria” ha attribuito la natura giuridica alle Usl, denominandole Asl e dotandole di una serie di autonomie, quali quella organizzativa, patrimoniale, contabile e gestionale.

Rimane comunque di competenza delle Regioni la determinazione dei principi sulla organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela della salute, dei criteri di finanziamento delle Usl.

L’art. 73, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) elenca, tra i soggetti passivi ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (Ires), anche gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

In generale, dal punto di vista tributario, l’inquadramento di un ente non societario senza scopo di lucro tra gli enti non commerciali prescinde dalla configurazione giuridica assunta (fondazioni, comitati, associazioni, eccetera), in quanto l’unico elemento caratterizzante è rappresentato dall’oggetto principale o esclusivo dell’ente stesso.

Occorre dunque accertare, ai fini dell’imposizione e della misura dell’obbligo di contribuzione spettante sulle Aziende sanitarie locali, se esse svolgano o meno attività commerciale. Si rende infatti necessario verificare se le Aziende sanitarie locali possano essere ricondotte tra gli enti non commerciali e se ed a quali condizioni siano imponibili i proventi rinvenienti da attività istituzionali.

La particolare qualificazione giuridica delle Aziende sanitarie, come enti non commerciali, comporta in particolare che esse, benché siano soggetti passivi dell’imposta, non subiscano imposizione per la parte istituzionale delle attività svolte, nei limiti in cui essa rientri nella previsione di cui all’art. 74, comma 2, lettera b), del Tuir.

Le attività delle Aziende sanitarie locali collaterali a quella cui istituzionalmente esse sono preposte, non presentano, tuttavia, i caratteri dell’attività assistenziale, sanitaria e previdenziale, e pertanto, non rientrando nell’ambito di applicazione di cui all’art. 74, comma 2, lettera b), del Tuir, comportano l’assoggettamento ad Ires dei relativi redditi.

L’art. 148, comma 4, del Tuir individua le attività in relazione alle quali vi è una presunzione assoluta di commercialità; tra le predette attività ve ne sono alcune tipicamente praticate dalle Aziende sanitarie locali, come per esempio la somministrazione di pasti, le prestazioni alberghiere di alloggio, la gestione di spacci aziendali e di mense. Si tratta di attività produttive di reddito d’impresa, a prescindere dal soggetto che le esercita.

Altre attività assoggettabili ad Ires sono poi quelle esercitate in via secondaria, che abbiano natura di attività commerciale, perché finalizzate, non soltanto al pareggio di bilancio, ma alla realizzazione di un lucro, quand’anche questo venga finalizzato a coprire spese e costi della complessiva attività istituzionale svolta.

Il legislatore, dunque, come detto, non ha escluso le Aziende sanitarie locali, le Aziende ospedaliere e gli Irccs, così come gli altri enti pubblici inclusi gli enti locali, dai soggetti passivi Irpeg, perché essi possono esercitare eventuali attività commerciali in via secondaria ed accessoria, rispetto alle loro finalità istituzionali prevalenti, e di conseguenza possono ricavare anche redditi d’impresa, redditi da capitale (attività finanziarie), da fabbricati e redditi diversi.

In pratica, ciò equivale a dire che per le Aziende sanitarie pubbliche non si può parlare di un’esclusione soggettiva dall’Irpeg, ma solo di un’esclusione oggettiva, da determinarsi volta per volta in base alle attività svolte.

Sono quindi da considerare attività istituzionali quelle che non rientrano nell’art. 2195 del codice civile, che sono rese in conformità alle finalità istituzionali, senza specifica organizzazione, ottenendo come pagamento corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.

Il reddito complessivo è determinato sommando i redditi di ogni categoria e sottraendo solo le perdite derivanti da imprese commerciali.

L’art. 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, prevede poi che per gli enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza l’aliquota Irpeg applicabile è ridotta della metà.

Ma la riduzione dell’aliquota del 50 per cento è applicabile anche alle Aziende del Servizio sanitario nazionale, o si deve applicare quella normale indicata dall’art. 77 del Tuir?

L’Agenzia delle Entrate a seguito di numerosi quesiti ad essa pervenuti dalle Asl ha emanato la Circolare n. 78/E datata 3 ottobre 2002, con la quale ha stabilito che alle Asl del Servizio sanitario nazionale non è applicabile l’agevolazione prevista dall’art. 6 del D.P.R. n. 601 del 1973.

Fino ad allora la maggior parte delle Asl ritenendo di rientrare a pieno titolo nella categoria degli ex enti ospedalieri avevano invece applicato l’Irpeg ridotta della metà.

Viceversa la circolare n. 78/E citata ha stabilito che alle Asl non si applica l’agevolazione dell’art. 6, in quanto, mentre gli enti ospedalieri hanno la finalità di provvedere al ricovero e alla cura degli infermi (ai sensi dell’art. 2 della L. n. 132 del 12 febbraio 1968), le Asl “svolgono attualmente non solo le originarie attività degli enti ospedalieri, ma anche attività del tutto nuove, che esorbitano dall’assistenza ospedaliera tipica degli enti ospedalieri“.

A maggior supporto delle sue conclusioni l’Agenzia delle Entrate, nella circolare citata, afferma che la distinzione tra “enti ospedalieri” e “Asl” era stata già sottolineata dal Tuir (D.P.R. n. 917/1986) all’art. 88 che “nell’indicare espressamente le Unità sanitarie locali (ora Asl) tra gli enti destinatari del trattamento di favore previsto in tale disposizione, ne aveva implicitamente sottolineato la peculiare natura e le aveva rese destinatarie di uno specifico trattamento tributario ai fini dell’Irpeg“.

De iure condendo, a dire il vero, bisogna sottolineare come il Servizio sanitario nazionale è stato istituito nel 1978 con la L. n. 833, laddove, prima di tale data, non esistevano né Usl, né Aziende ospedaliere ed il sistema assistenziale era frantumato in più sottosistemi per quanti erano gli enti mutualistici.

La previsione agevolativa della riduzione dell’aliquota dell’Irpeg alla metà prevista dall’art. 6 del D.P.R. n. 601/1973 non poteva dunque che fare riferimento agli “enti ospedalieri”, visto che allora ancora non esistevano le Usl create con la L. n. 833/1978. In seguito fino ai giorni nostri quelle che erano le funzioni svolte dagli enti ospedalieri sono poi passate alle Usl, oggi Asl e alle Aziende ospedaliere.

Se dunque è vero che le Asl svolgono anche altre funzioni ed attività, quali provvedere all’igiene dell’ambiente, alla prevenzione delle malattie, all’educazione sanitaria, all’igiene e medicina del lavoro, eccetera (ai sensi dell’art. 14 della L. n. 833/1978), non si può comunque negare che esse svolgono anche parte della originaria attività degli enti ospedalieri, insieme alle attuali Aziende ospedaliere.

D’altronde sia le Asl che le Aziende ospedaliere svolgono attività sanitarie, che costituiscono l’attività istituzionale da considerare “non commerciale” ai fini Irpeg, ma anche altre attività correlate, in via accessoria e secondaria, che sono imponibili ai fini fiscali in quanto considerate “commerciali” (ad esempio, le sperimentazioni cliniche, la gestione della mensa, le attività di comfort alberghiero, le attività di assistenza zooiatrica, eccetera).

Inoltre tra Regioni e Regioni c’è una netta differenza.

In alcune Regioni, come, ad esempio, la Lombardia, dove si è creato un sistema caratterizzato della netta distinzione e separazione di ruolo e funzioni tra Aziende ospedaliere (soggetti produttori) e le Asl (soggetti committenti), le Asl (a partire dal 1° gennaio 1998 a seguito della legge regionale 11 luglio 1997, n. 31) non contengono infatti più al loro interno ospedali, in quanto anche i piccoli ospedali non costituiti in Aziende ospedaliere fanno comunque parte di queste ultime.

In altre Regioni, come, ad esempio, in Emilia-Romagna, non c’è invece questa distinzione e pertanto le Asl contengono ospedali che non sono distinti e che non fanno parte delle Aziende ospedaliere.

Non dovrebbero quindi essere escluse dall’ambito del favor legis enti come le Aziende sanitarie locali, istituzionalmente deputate alla tutela e salvaguardia della salute pubblica, riconosciuta dalla Carta Costituzionale come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

Nel settore dell’imposizione diretta, in via legislativa, potrebbe per esempio considerarsi la possibilità che le aziende del Servizio sanitario vengano, per esempio, esentate, sotto il profilo soggettivo, dal pagamento dell’Ires con riferimento almeno agli immobili destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale (è il caso, per fare degli esempi, degli stabilimenti ospedalieri, degli ambulatori, eccetera).

Si tratterebbe di una opportunità peraltro già prevista con riferimento alle aziende sanitarie private, in relazione alle quali, i predetti immobili sono considerati strumentali per l’esercizio dell’attività istituzionale e, quindi, non produttivi di reddito fondiario, in quanto rientranti nella determinazione del reddito d’impresa.

La Corte di Cassazione, però, con la recente Sentenza n. 682 del 16.01.2015, intervenendo sulla questione (seppur solo sotto un certo profilo), ha affermato che l’art. 40 del TUIR considera non produttivi di reddito fondiario, in quanto già tassati nel reddito di impresa, solo gli immobili strumentali all’esercizio di attività commerciali.

Nel caso di specie un’Azienda Sanitaria Locale aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dell’istanza con la quale era stato richiesto il rimborso di importi versati a titolo di IRPEG per gli anni 1999 e 2000, in conseguenza dell’assoggettamento ad imposizione del reddito fondiario di immobili strumentali all’esercizio dell’attività istituzionale svolta. I giudici di primo grado accoglievano il ricorso e la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Agenzia, evidenziando che, a suo avviso, il legislatore, con la previsione di cui all’art. 88, comma 2, lett. b) TUIR, della non commercialità, aveva inteso detassare l’attività di prestazione di servizi sanitari, che, diversamente, doveva essere considerata commerciale. Siffatta detassazione doveva quindi riguardare anche il reddito degli immobili che di fatto contribuivano alla determinazione del reddito economico dell’attività sanitaria esercitata. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, sostenendo che, essendo le Aziende sanitarie esenti da IRPEG solo sotto il profilo del reddito di impresa, ne derivava che gli immobili di proprietà dovessero ritenersi produttivi di reddito fondiario, così come stabilito dall’art. 108 TUIR, che contempla espressamente il reddito fondiario quale componente del reddito complessivo degli enti non commerciali.

Il motivo, secondo i giudici di legittimità, era fondato.

In tema di lrpeg, l’art. 88, comma secondo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 dispone, infatti, che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale e pertanto il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in reddito d’impresa ex art. 40, primo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986, con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari.

28 gennaio 2015

Giovambattista Palumbo