Ignorare le specifiche esigenze dei lavoratori con disabilità costituisce una violazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione sanciti dalla Costituzione e dal diritto europeo.
Il caso analizzato riguarda il licenziamento di un dipendente disabile per superamento del periodo di comporto, sollevando interrogativi cruciali sulle tutele e sugli obblighi aziendali.
Si evidenzia la necessità di considerare le condizioni individuali dei lavoratori e adottare misure adeguate per evitare discriminazioni indirette.
Scopriamo le implicazioni di questa sentenza e cosa cambia per datori di lavoro e dipendenti.
Tutela dei lavoratori disabili e licenziamento discriminatorio
La Cassazione chiarisce i limiti del licenziamento per superamento del periodo di comporto
I lavoratori disabili sono tutelati dalle normative giuslavoristiche in modo specifico rispetto alla generalità dei dipendenti. Basti pensare ad es. ai benefici e alle agevolazioni previste dalla legge 104, oppure al testo della legge n. 68/1999, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, il loro inserimento, l’integrazione lavorativa e il collocamento mirato. E non meno importante è anche il D.Lgs. n. 216/2003 (di attuazione della Direttiva Europea 2000/78/CE) avente lo scopo di vietare ogni forma di discriminazione diretta o indiretta sul lavoro, inclusa quella basata sulla disabilità.
Ebbene, proprio in materia di discriminazioni, l’ordinanza n. 170 della Cassazione dello scorso 7 gennaio chiarisce a quali conseguenze va incontro l’azienda che licenzia il lavoratore disabile, senza tener adeguatamente conto della sua condizione in relazione alla durata del periodo di comporto.
Vediamo da vicino il rilievo di tale decisione e perché è di monito per la generalità dei datori di lavoro.
La vicenda giudiziaria e il rilievo della discriminazione indiretta sul lavoro
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