Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) è diverso dai licenziamenti disciplinari perché motivato da ragioni aziendali, come riorganizzazioni o chiusure, richiede specifici requisiti di legittimità, come un nesso causale tra la ristrutturazione e il licenziamento, e segue una procedura particolare, soprattutto nelle grandi aziende. Scopriamo quali sono le condizioni da rispettare, le differenze tra aziende piccole e grandi, le tutele per i dipendenti e i dettagli sulla procedura di conciliazione obbligatoria.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO), a differenza delle altre ipotesi di recesso unilaterale dal contratto decise dal datore di lavoro, è motivato da ragioni attinenti non alla condotta del dipendente (come accade per le ipotesi di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo) ma per ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro.
Trattandosi quindi di una fattispecie a parte rispetto ai licenziamenti disciplinari per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, il recesso per GMO sconta una procedura e dei requisiti di legittimità specifici. Analizziamoli in dettaglio.
Le condizioni di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Il licenziamento per GMO (intimato in forma scritta al dipendente) è da considerarsi legittimo esclusivamente in presenza delle seguenti condizioni:
- riassetto organizzativo dell’azienda effettivo e non pretestuoso, fondato su circostanze realmente esistenti al momento della comunicazione del recesso;
- nesso causale tra il riassetto interno e il licenziamento del lavoratore;
- scelta del dipendente da licenziare secondo criteri di correttezza e buona fede, sen