Cosa si nasconde dietro gli acronimi PFN ed EBITDA? Come si usano tali indicatori in fase di controllo dell’andamento della gestione? E quale valore hanno in sede di valutazione di azienda?
Il Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili ha di recente rilasciato, in tema di Ebitda e PFN (Posizione Finanziaria Netta), un Documento di ricerca.
Pur trattandosi di grandezze contabili tra le più importanti in ambito economico-finanziario, permangono numerosi dubbi in merito al loro calcolo ed uso.
La definizione e le modalità di determinazione di tali indicatori, specie a fini negoziali, sono soggette a costanti modifiche a seconda dei diversi casi di specie e dell’evoluzione della prassi professionale.
In tal senso il Documento fornisce un riepilogo degli orientamenti prevalenti in atto.
Nozione di EBITDA
Come noto, l’Ebitda è una grandezza utilizzata:
- come misuratore di performance economica, avente una elevata valenza informativa sia economica che finanziaria; se assunto in valore assoluto – trattandosi di una grandezza al lordo degli ammortamenti e dei costi non monetari in genere – è un’ottima approssimazione del flusso di cassa operativo aziendale, cioè della capacità della gestione di generare flussi di cassa idonei a far fronte ai fabbisogni finanziari; se, invece, rapportato ai Ricavi o al Valore della produzione (Ebidta margin) è un ottimo indicatore della redditività operativa aziendale;
- quale elemento alla base della valutazione dell’impresa all’interno delle operazioni di Merger & Acquisition.
La definizione di Ebidta (acronimo di Earnings before interests taxes, depreciation and amortization) non è statuita da alcuno standard setter, e il Documento di ricerca illustra i principali criteri di calcolo riscontrabili nella prassi professionale – nei due ambiti di utilizzo sopra evidenziati – tenendo conto che l’uso di tale parametro risponde a logic