Analizziamo il caso pratico di uno storno per forniture non effettuate, a fronte di un acconto versato dal cliente, corretto tramite nota di credito.
In tema di detrazione IVA, in caso di variazioni dell’imponibile o dell’imposta ai fini della nota di credito e dei presupposti per ottenere il rimborso dell’imposta, è rilevante la qualificazione dell’operazione economica sottostante:
- se imponibile
o
- se fuori campo IVA,
dal momento che, nel primo caso, dev’essere verificata l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972 ai fini del rimborso, mentre nel secondo l’Amministrazione finanziaria è tenuta al rimborso, ma non in ogni caso, bensì solo entro il termine di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, salvo l’effettivo rimborso dell’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo.
E questo il principio dettato dalla Corte di Cassazione.
Il rilievo dell’Ufficio: fattura di acconto stornata con nota di credito
Le Entrate ritenevano che la fattura n. 1/2007 emessa da un contribuente nei confronti di una S.r.l. per l’importo di euro 380.000,00 ed euro 38.000,00 per IVA a titolo di acconto su prossime forniture, successivamente stornata con nota di credito n.29/2007, per mancata effettiva fornitura, corrispondesse ad una operazione finanziaria esclusa dal campo IVA, ex artt. 2 e 3 del d.P.R. n.633/72 e che l’emissione della nota di credito non rispettasse i criteri di cui all’art.26 del d.P.R. n.633/72.
Il contenzioso
La CTP adita condivideva in parte la prospettazione del contribuente, dichiarando non dovuta la somma richiesta per aggio e confermando le riprese nel resto, decisione riformata in sede d’appello con annullamento integrale delle riprese.
La CTR riteneva che fosse irrilevante la qualificazione dell’operazione economica, se un finanziamento o una reale operazione economica fatturata, in quanto nel primo caso il versamento dell’IVA era da ritenersi indebito e tout court rimborsabile, mentre nella seconda ricostruzione la detrazione era comunque dovuta, dal momento che il contribuente non avrebbe dovuto versare l’imposta.
Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione, prospettando la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 d.P.R. n. 633/1972, 21 d.lgs. n. 546/1992, e