I contratti a tempo determinato sono regolati da limiti specifici, come la durata massima e il numero di rinnovi possibili. Esiste anche una regola nota come “stop & go”, che impone una pausa obbligatoria tra contratti consecutivi: 20 giorni per contratti superiori a sei mesi, 10 per quelli più brevi.
Non rispettare questa regola può convertire il contratto in uno a tempo indeterminato. Alcuni CCNL possono, tuttavia, modificare queste condizioni.
In questo articolo esploreremo il concetto di stop & go nel contesto dei contratti di lavoro a termine in Italia, una normativa essenziale che regola le pause obbligatorie tra contratti consecutivi e le sue implicazioni per datori di lavoro e lavoratori.
La normativa italiana riconosce il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato come la forma comune di rapporto di lavoro.
Di conseguenza, tutte le altre tipologie contrattuali, rappresentando una deroga al lavoro a tempo indeterminato, sono soggette ad una serie di limitazioni in modo da spingere le aziende verso la forma più stabile di contratto di lavoro.
Un esempio è il rapporto a tempo determinato.
Oltre ad essere soggetto a limiti di durata (ventiquattro mesi), di motivazioni (il regime delle causali) e numero di proroghe (quattro), la legge impone un periodo di stacco temporale tra un contratto a termine e quello successivo.
In gergo quest’ultimo istituto è definito, prendendo in prestito un termine inglese, stop & go.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Come funziona lo stop & go nel contratti a termine?
In virtù dello stop & go, in caso di riassunzione del lavoratore con con