Il settore giochi e scommesse presenta una fiscalità complessa. L’imposta unica sui giochi è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio, con obbligo delle ricevitorie, operanti per conto di bookmakers privi di concessione, al versamento del tributo e delle relative sanzioni, svolgendo anch’esse una attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione.
Va escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del “gestore per conto terzi”, titolare di ricevitoria, al “gestore per conto proprio”, bookmaker, sia irragionevole.
L’attività consiste, infatti, nella raccolta delle scommesse, il volume delle quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale.
Entrambi i soggetti partecipano, dunque, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse soggetta a imposizione.
Il caso del bookmaker estero privo di concessione
La Corte di Cassazione ha chiarito rilevanti aspetti in tema di imposta unica sui giochi a carico delle ricevitorie operanti per conto di bookmakers privi di concessione.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva notificato ad una società estera priva di concessione un avviso di accertamento, con il quale era stato contestato il mancato versamento dell’imposta unica sulle scommesse per l’anno 2008, quale soggetto obbligato in solido con una ditta italiana, esercente l’attività di centro trasmissione dati, con conseguente irrogazione delle sanzioni.
Avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso, che era stato rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale con sentenza poi confermata anche in secondo grado dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva in particolare ritenuto che, tenuto conto della disposizione contenuta nell’art. 1, comma 66, legge n. 220/2010 e degli effetti della pronuncia della Corte costituzionale n. 27/2018, la società ricorrente fosse da considerarsi soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse.
La società, per quanto di interesse, aveva quindi proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza per violazione dell’art. 3, Dlgs. n. 504/1998, dell’art. 1, comma 66, lett. b), legge n. 220/2010, nonché degli artt. 136, Cost., e dell’art. 30, comma 1, legge n. 875/1973, per non avere, a suo avviso, la CTR correttamente interpretato la sentenza della Corte costituzionale n. 27/2018.
In particolare, parte ricorrente evidenziava che in nessun passaggio della sentenza impugnata era stata analizzata la natura della responsabilità del bookmaker estero privo di concessione, essendo questa incentrata unicamen