Una delle critiche più feroci che si attribuiscono al Business Plan è costituita dal fatto che i risultati che da esso scaturiscono sono labili. Si passano mesi e mesi e fare analisi di mercato, quindi si ipotizzano prezzi di vendita, si predispone il budget delle vendite e quindi il piano marketing… e alla fine, difficilmente i ricavi corrispondono al fatturato effettivamente realizzato.
Oppure…Si analizza il contesto della concorrenza, si ricerca il vantaggio competitivo… per poi scoprire dopo pochi mesi che una nuova impresa si è affacciata nel mercato di riferimento, e quindi il business strutturato deve essere rivisto.
Ha ancora senso, quindi, fare pianificazione?
In questo articolo alcune riflessioni per cercare di dare una risposta a questa domanda.
A cosa serve davvero un Business Plan?

Il Business Plan in questo contesto è quindi strumentale alla dimostrazione che l’erogazione del beneficio sia ben riposta: va da sé quindi che – generalmente – si costruiscono Business Plan ad hoc a seconda dei diversi scopi, senza preoccuparsi troppo se le stime considerate sono realistiche o meno.
Ma questo non è – a mio modo di vedere – quello che dovrebbe essere un Business Plan, anche se sono consapevole che, soprattutto in Italia, questo è il significato che siano abituati ad attribuirgli.
Il Business Plan, come dice la parola, fa riferimento alla pianificazione della propria azienda, a partire dal modello di business fino alla stima dei suoi risultati economici, patrimoniali e finanziari, e alla formulazione del suo piano strategico.
Il Business Plan quindi, più che una tabella Excel, un report, uno speech che dir si voglia, è il processo che conduce a tale risultato.
È durante la fase di analisi infatti che si individuano la nicchia di merc

