Corte di Cassazione Civ. Sez. V, Sentenza del 05 luglio 2018 n. 17627 – Dichiarazioni di terzi nel processo tributario

La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha respinto la posizione interpretativa formulata da una Commissione Tributaria Regionale, secondo la quale “risultano inattendibili le prove acquisite con i questionari inviati ai clienti”, perchè “questa documentazione risulta valida a fini interni dell’amministrazione, ma non può essere esibita come prova processuale perchè la prova testimoniale non risulta ammissibile nel processo tributario

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28681/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Società …….s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, P.G. e Pa.Fr., rappresentati e difesi dall’Avv. Giuseppe Bruno, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Felice Astorino, in Roma, Via Ulpiano n. 29, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Regionale della Calabria n. 57/2/2012 depositata il 23 maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Lucrezia Fiandaca per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Svolgimento del processo

1.L’Agenzia delle entrate, a seguito di processo verbale di constatazione, emetteva avviso di accertamento nei confronti della società …….. s.n.c. e dei soci P.G. e Pa.Fr., con riferimento agli anni di imposta 2003, 2004, 2005 e 2006, ai fini Iva ed Irpef, in relazione all’attività di rivendita di auto usate.

2.La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente i ricorsi riuniti della società e dei soci, riducendo gli importi dei ricavi non fatturati per gli anni 2003, 2004 e 2005.

3.La Commissione tributaria regionale accoglieva gli appelli dei contribuenti evidenziando, tra l’altro, che nel processo tributario non era ammessa la prova testimoniale e non potevano essere utilizzate le risposte dei clienti al questionario ad essi inviato.

4.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

5.Resistevano con controricorso la società ed i due soci.

Motivi della decisione

1.Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, in quanto è errata l’affermazione della Commissione regionale per cui “risultano inattendibili le prove acquisite con i questionari inviati ai clienti”, perché “questa documentazione risulta valida a fini interni dell’amministrazione, ma non può essere esibita come prova processuale perché la prova testimoniale non risulta ammissibile nel processo tributario”. In realtà nel processo tributario sono pienamente utilizzabili come indizi le dichiarazioni scritte provenienti da terzi. Inoltre, dalla documentazione extracontabile, confrontata con le risposte ai 388 questionati inviati ai clienti, emerge la prova della sottofatturazione dei ricavi nel corso degli anni, nel mercato della vendita delle auto usate.

2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – Nella specie errata valutazione dei fatti di causa. Motivazione perplessa”, in quanto, trattandosi di società che opera con il regime di “iva a margine”, è stato alla stessa contestato un maggior margine positivo. La Commissione ha errato, dunque, laddove ha ritenuto che l’Agenzia non ha dimostrato le contestazioni alla società, mentre dai documenti emerge che le contestazioni sono suffragate dai documenti in atti.

3.I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di stretta connessione, sono fondati.

3.2. Invero, per la Suprema Corte, nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice (Cass. Civ., 7 aprile 2017, n. 9080; per Cass. Civ., 16 marzo 2018, n. 6616, anche il contribuente ha la possibilità di introdurre dichiarazioni scritte da terzo, aventi valenza indiziaria in proprio favore).

Pertanto, la Commissione regionale ha errato nel ritenere che le risposte scritte dei clienti al questionario loro inviato dalla Agenzia delle entrate non fossero utilizzabili in sede processuale, per il divieto della prova testimoniale che caratterizza il processo tributario.

3.3.Peraltro, la motivazione della sentenza della Commissione regionale si rileva insufficiente, non avendo provveduto a valutare tutto il materiale probatorio fornito dalle parti, e quindi sia le dichiarazioni scritte provenienti dai clienti della società e la documentazione anche di natura extracontabile rinvenuta, per valutare se gli indizi così ricostruiti fornissero la prova della pretesa evasione, sia le certificazioni del PRA (pubblico registro automobilistico), per accertare se la società si sia limitata o meno ad una mera attività di intermediazione nella vendita.

Infatti, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. c), consente di procedere alla rettifica del reddito anche quando l’incompletezza della dichiarazione risulta “dai verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti”, da cui derivino presunzioni semplici, desumibili anche da documentazione extracontabile ed in particolare da “contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e ss. cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta (Cass. Civ., 24 settembre 2014, n. 20094; Cass. Civ., 8 settembre 2006, n. 19329; Cass. Civ., 4 luglio 2011, n. 14637).

4.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione regionale della Calabria, in diversa composizione, che applicherà il principio di diritto di cui al paragrafo 3.2., e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione regionale della Calabria, in diversa composizione, che applicherà il principio di diritto di cui al paragrafo 3.2., e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2018