In fattura l’indicazione della prestazione resa deve essere effettuata con precisione, essendo certamente insufficiente una descrizione generica. La genericità della descrizione può determinare implicazioni sulla detraibilità IVA e sulla deducibilità dei costi. In questo articolo analizziamo anche la posizione in materia della Corte di Giustizia Europea
Fattura
Le prescrizioni recate dall’art. 21, comma secondo, n. 2, D.P.R. 633/72, sotto l’intitolazione “Fatturazione delle operazioni”, cosi recitano: “Per ciascuna operazione imponibile deve essere emessa una fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili. La fattura si ha per emessa all’atto della sua consegna o spedizione all’altra parte. La fattura deve essere datata e numerata in ordine progressivo e deve contenere le seguenti indicazioni:… 2) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”.
L’art. 21 del D.P.R n. 633/1972 elenca puntualmente i contenuti obbligatori della fattura. Gli elementi obbligatori da indicare sono la “natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto della prestazione” (art. 21, c. 2, lett. g).
Conseguenze di una descrizione generica in fattura
Le conseguenze di una descrizione generica in fattura sono:
- l’Amministrazione finanziaria è abilitata all’applicazione della sanzione per non conformità del documento al modello legale (articolo 9 del D.Lgs. 471/1997):
- viene disconosciuto il costo che il destinatario della fattura porta in detrazione in virtù della rivalsa (articolo 18 del D.P.R. 633/1972) dal cessionario/committente, con conseguente ripresa a tassazione della detrazione/deduzione operata ai fini Iva e delle imposte sui redditi (articolo 109 del D.P.R. 917/1986)
- nei casi più estremi, la fattura può essere considerata relativa a operazioni inesistenti, con eventuale rilevanza penale.
Descrizione generica e documentazione di supporto
L’indicazione della prestazione resa deve essere effettuata con precisione essendo certamente insufficiente una descrizione generica[1]. In questo caso, ove la descrizione della prestazione non fosse tale da individuare con certezza l’attività svolta sussiste il disconoscimento sia del diritto alla detrazione dell’Iva, ma anche del costo ai fini delle imposte sui redditi.
L’incertezza della fattura per descrizione generica fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto in essa enunciato, per cui l’Amministrazione finanziaria può contestare le operazioni e ritenere indeducibili i costi.
Inoltre, la semplice produzione di documenti di spesa non prova, di per sé, la sussistenza del requisito della inerenza all’attività di impresa. Infatti, perché un costo possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, non solo è necessario che ne sia certa l’esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa.
Per provare tale ultimo requisito, non è sufficiente, poi, che la spesa sia stata riconosciuta e contabilizzata, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto, dalla quale possa ricavarsi, oltre che l’importo, la ragione della stessa (Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 01-02-2018, n. 2548).
Il dettaglio delle prestazioni eseguite è un requisito richiesto dal legislatore per verificare l’inerenza dei costi per il destinatario del documento. L’Ufficio riscontra se le spese in questione siano o meno sostenute nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale[2