Rimborso IVA anche senza modello VR

il rimborso IVA è dovuto anche in assenza di presentazione del modello VR: analizziamo la giurisprudenza di merito e di Cassazione

La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con la sentenza n. 1248/2/16 del 26 Settembre 2016, ha nuovamente affermato la legittimità della richiesta di rimborso Iva anche in assenza di presentazione del modello VR.

Nel caso di specie l’istanza di rimborso del credito IVA era stata presentata dalla contribuente a seguito della cessazione dell’attività dell’impresa individuale di cui era titolare.

L’Agenzia delle Entrate sollevava dunque, in via preliminare, eccezione in ordine alla decorrenza del termine biennale di prescrizione, a suo dire mai interrotto dato che l’istanza presentata dalla contribuente era stata depositata in modo informale, senza utilizzare l’apposita dichiarazione redatta sul modello denominato VR.

I giudici della Commissione Tributaria Provinciale evidenziano però che la Corte di Cassazione ha recentemente affermato e poi ribadito il principio, che la stessa Commissione condivide pienamente, secondo cui la richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta IVA, formulata dalle imprese cessate, che, non proseguendo l’attività, non possono portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, è regolata dall’art. 30, c. 2 (ora comma1), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, sicché è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizioni specifiche (cfr Cass., 12 marzo 2015, n. 5024; Cass., 6 novembre 2013, n. 24889; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23580; Cass., n. 14070, n. 7685 e n. 7684 del 2012).

La domanda di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente, inoltre, sottolinea ancora la Commissione, doveva comunque considerarsi già presentata con la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale, la quale configura formale esercizio del diritto, mentre la presentazione del modello denominato VR costituisce, ai sensi dell’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, solo un presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, un adempimento prodromico al procedimento di esecuzione del rimborso (cfr.: Cass., n. 4857 e n. 4592 del 2015; Cass., n. 26867, n. 20069 e n. 10653 del 2014; Cass., n. 14070 del 2012; Cass., n. 20039 del 2011).

Secondo i giudici di merito, poi, la conclusione che, trattandosi di richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta risultata alla cessazione dell’attività, la fattispecie sia soggetta a prescrizione decennale ordinaria, proprio perché l’attività non prosegue, con la conseguenza che non sarebbe possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo è comunque coerente anche con il diritto comunitario, poiché, se è vero che gli stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l’osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l’esatta riscossione dell’imposta e la prevenzione di frodi, tuttavia è pur vero che tali misure non possono eccedere gli obiettivi sopra indicati (cfr.: Corte di giustizia, 11 dicembre 2014, in causa C-590/14, Idexx; Corte di giustizia, 8 maggio 2008, in causa C- 95/07 e C-96/07, Ecotrade; Corte di giustizia, 27 settembre 2007, in causa C- 146/05, Coilee), essendo il diritto al ristoro dell’IVA versata «a monte» basilare nel sistema comunitario, in forza del principio di neutralità (cfr.: Corte di giustizia, 22 dicembre 2010, in causa C- 438/09, Dankowski, p.to 34, con riguardo al caso di cessazione d’attività; Corte di giustizia, 18 dicembre 1997, in cause riunite C-286/94, C-340/95, C- 401/95, C-47 /96, Molenheide e altri).

Ed è del resto ormai definitivamente superato il diverso e più risalente orientamento secondo cui, in caso di cessazione dell’attività, solo una domanda di rimborso conforme al modello ministeriale corrisponderebbe allo schema tipico delineato dall’articolo 30 del decreto IVA, con la conseguenza che la domanda difforme resterebbe assoggettata alla decadenza biennale prevista, in via residuale, dal citato articolo 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992, ravvisandosi nella dichiarazione annuale l’esaustiva manifestazione di una volontà diretta all’ottenimento del rimborso, ancorché non accompagnata dalla presentazione dell’ulteriore modello.

Ne discende che, una volta manifestata in dichiarazione la volontà di recuperare il credito d’imposta, il diritto al rimborso, pure in difetto dell’apposita, ulteriore, domanda, non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza, ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.

Così ha del resto stabilito recentemente anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9970 del 15 maggio 2015.

La sentenza è peraltro la prima successiva ad una risposta ad un’interrogazione parlamentare a risposta immediata (n. 5-05400), con la quale l’Agenzia delle Entrate, dopo aver riconosciuto l’ormai consolidato orientamento della Corte, ammette che il termine entro cui può essere chiesto il rimborso, previa dimostrazione della sussistenza dei presupposti, è quello di prescrizione ordinaria.

La posizione dell’Amministrazione, secondo cui, il modello VR sarebbe sempre, indipendentemente dal fatto che sia stata fatta o meno richiesta di rimborso del credito Iva già in dichiarazione (quadro VX4), presupposto necessario per aversi la fattispecie legale di “domanda di rimborso”, soggetta al termine di decadenza biennale di cui all’art. 21 D.Lgs. 546/92, era del resto contraria alla giurisprudenza di legittimità formatasi negli ultimi anni, che, ha affermato il seguente consolidato principio di diritto: “in tema di rimborsi Iva, la compilazione del quadro VX 4 della dichiarazione unica, nel campo attinente al credito di cui si chiede il rimborso, è legittimamente considerata alla stregua di manifestazione di volontà di ottenere il rimborso; tale manifestazione di volontà identifica, invero, la domanda di rimborso fatta in dichiarazione e, ancorché non accompagnata dalla presentazione del mod. VR ai fini della determinazione dell’importo chiesto a rimborso nella dichiarazione, sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza sancito, in via residuale, dal D. Lgs. 546/92, art. 21” (cfr Cass. n.7684/2012, 7685/2012).

Dall’analisi della giurisprudenza sopra citata, possono quindi ricavarsi i seguenti principi:

  • la compilazione del quadro VX4 della dichiarazione, nel campo attinente al credito Iva di cui si chiede il rimborso, è considerata manifestazione di volontà di ottenere il rimborso;

  • se la compilazione del quadro VX4 equivale a domanda di rimborso, il relativo diritto deve considerarsi tempestivamente esercitato (in dichiarazione) e dunque sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza, sancito, in via residuale, dall’art. 21 D. Lgs. 546/92;

  • se l’istanza di rimborso (da intendersi come richiesta di esecuzione del rimborso) è presentata entro il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 cc., il contribuente ha diritto, una volta esperiti i dovuti controlli da parte dell’ufficio, ad ottenere il rimborso del credito chiesto in dichiarazione.

  • resta invece valida l’eccezione di decadenza biennale ex art. 21 per le istanze di rimborso presentate oltre termine dai contribuenti che non hanno manifestato in dichiarazione la volontà di volere il credito a rimborso, ovvero non hanno compilato il quadro VX, rigo 4.

E tali conclusioni, peraltro, valgono ancor più nei casi di società estinte, come quello affrontato dalla sentenza in commento.

15 luglio 2017

Giovambattista Palumbo