Il restyling della sospensione cautelare delle sentenze tributarie

Analisi delle norme del Decreto legislativo in fase di approvazione, che vanno a proporre un nuovo quadro delle misure cautelari possibili all’interno sistema processuale tributario (Ignazio Buscema e Maria Matteo Verdicchio)

La sospensione cautelare…de iure condito

L’art. 47 del decreto n. 546/1992 prevede solo la possibilità di per il contribuente di chiedere la sospensione cautelare dell’efficacia esecutiva dell’atto impugnato.

L’art. 49 del citato D.lgs. 54/1992, esclude espressamente l’operatività, in ambito tributario, dell’art. 337 c.p.c.; disposizione che consente, in ambito civilistico, la richiesta sospensione dell’esecutività delle sentenze.

De iure condito, non è consentito al contribuente soccombente nel primo grado di giudizio, di chiedere al giudice di seconde cure la sospensione dell’esecutività della sentenza.

Il disposto dell’art. 49 del Digs. n. 546/1992, espressamente, esclude l’operatività, nell’ambito del processo tributario, dell’art. 337 c.p.c. e, correlativamente, degli artt. 283 e 373 c.p.c., in tema, rispettivamente, dell’esecutività della sentenza di primo grado e dell’esecuzione della sentenza pronunciata dal giudice dell’impugnazione.

L’attuale quadro normativo, che contiene una restrizione alla struttura del processo cautelare, non è adeguato alle finalità perseguite dalla giurisdizione cautelare: garantire la effettiva e piena attuazione del dictum della emananda sentenza definitiva.

Pertanto, attualmente non vi sono strumenti processuali idonei ad evitare che la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio (diritto soggettivo od interesse legittimo) sia esposta al rischio di un danno irreparabile durante il tempo necessario per il suo accertamento.

Peraltro, la Corte costituzionale con la sentenza 16 aprile 2012, n. 109 ha ribadito, alla luce dell’assunto secondo cui la tutela giurisdizionale, dovendo essere effettiva, non può consentire che la durata del processo (contenuta in tempi ragionevoli ai sensi dell’art. 111 della Costituzione) si risolva in vantaggio per la parte soccombente ed in danno per la parte vincitrice,che sussiste l’applicabilità, nel processo tributario:

  • dell’art. 373 c.p.c., relativo alla possibilità, per il giudice di appello, di sospendere la sentenza dallo stesso emessa e impugnata mediante ricorso per Cassazione;
     
  • dell’art. 283 c.p.c., relativo alla possibilità, per il giudice di appello, di sospendere la sentenza di primo grado.

Non è, quindi, fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, D.Lgs. n. 546/1992, nella parte in cui, così come erroneamente interpretata dal giudice di merito, esclude, nel contenzioso tributario, la possibilità di sospendere gli effetti delle sentenze.

 

De iure condendo: estensione della tutela cautelare nel processo tributario

Una delle principali modifiche prospettate dallo schema di decreto legislativo (n. 184), concerne la cosiddetta tutela cautelare nel processo tributario nei gradi successivi al primo.

Tale auspicata riforma legislativa (indispensabile per una completa, incisiva e significativa attuazione delle garanzie giurisdizionali a vantaggio sia del contribuente sia dell’Amministrazione finanziaria) diventa indilazionabile, ove si consideri che nel processo tributario la tutela cautelare è affidata, sotto il profilo strutturale normativo, soltanto al procedimento incidentale di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Spetta all’interpretazione costituzionalmente orientata della Consulta (sentenza n. 217 del 2010) avere affermato per quanto riguarda il ricorso per cassazione avverso una sentenza delle Commissioni tributarie regionali la garanzia costituzionale della tutela cautelare, in un senso non difforme da quella che è assicurata rispetto al ricorso per cassazione avverso qualsiasi altra sentenza.

Le nuove norme sul contenzioso prevedono, tra l’altro:
  1. l’estensione della tutela cautelare al processo tributario1;

  2. l’immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti.

In pratica, da un lato si vogliono fornire maggiori tutele al contribuente dandogli la possibilità di chiedere la sospensione degli effetti della sentenza, sia di primo grado che di appello, analogamente a quanto previsto dal Codice di procedura civile.

Dall’altro, si cerca di rendere più “equo” il meccanismo con l’esecutività immediata delle sentenze che, in caso di vittoria da parte del contribuente, si traduce nella possibilità, ad esempio, di ottenere immediatamente il rimborso senza dover aspettare tutti i gradi del giudizio

Il legislatore delegato, ha soppresso dal testo dell’art. 49, del digs n. 546 del 1992, le parole “escluso l’art. 337”.

Per quanto riguarda le sentenze delle Commissioni tributarie di primo grado, lo schema di decreto (art. 9, lett. v) ha aggiunto al primo comma dell’art. 52 del digs n. 546 del 1992, sei nuovi commi, con i quali si prevede:

  1. che il contribuente può chiedere alla Commissione tributaria regionale, la sospensione (totale o parziale) dell’esecutività della sentenza impugnata, laddove sussistano gravi e fondati motivi o, comunque, la sospensione dell’esecuzione dell’atto, se da questo possa derivargli un danno grave e irreparabile (secondo comma);

  2. che il presidente fissa la trattazione dell’udienza di sospensione per la prima camera di consiglio utile facendone dare comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima (terzo comma);

  3. che in caso di eccezionale urgenza il presidente, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria sospensione dell’esecuzione fino alla pronuncia del Collegio (quarto comma);

  4. che il Collegio, sentite le parti in camera di consiglio e delibato il merito, provvede sull’istanza del contribuente con ordinanza motivata non impugnabile (quinto comma);

  5. che la sospensione può essere subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria (sesto comma).

In riferimento alle sentenze delle Commissioni tributarie regionali ed agli atti oggetto delle stesse, il Legislatore delegato ha previsto l’introduzione, all’interno del digs n. 546 del 1992, dell’art. 62-bis, con il quale ha riconosciuto al contribuente la possibilità di chiederne la sospensione alla stessa Commissione tributaria regionale dinanzi alla quale è stato deciso l’appello.

Lo schema di decreto prevede la sostituzione dell’attuale art. 52 e l’introduzione del nuovo art. 62-bis, rispettivamente dedicati alla sospensione della provvisoria esecuzione delle sentenze impugnate in appello e in cassazione.

In particolare, l’art. 52, come novellato dallo schema di decreto legislativo, prevede (comma 2) che “l’appellante (dunque, anche l’amministrazione finanziaria, oltre che ovviamente il contribuente) può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi”.

Allo stesso modo, l’art. 62-bis, introdotto dallo schema di decreto legislativo, prevede che:“La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività allo scopo di evitare un danno grave ed irreparabile”.

La parte istante deve poi dimostrare di aver depositato il ricorso per cassazione per consentire alla Commissione tributaria regionale di pronunciarsi sull’istanza cautelare.

Dunque la distinzione tra le due disposizioni normative sta nell’oggetto della prova, dovendo la parte istante nella sentenza impugnata in appello fornire la dimostrazione dei gravi e fondati motivi su cui si basa la richiesta cautelare, mentre nella sentenza impugnata per cassazione la prova del danno grave ed irreparabile.

La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività.

A differenza però di quella di primo grado, in questa ipotesi occorre provare il “danno grave e irreparabile” e non gravi e fondati motivi.

Dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio è dovuto l’ammontare previsto nella pendenza del giudizio di primo grado ovvero l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione (che dovrà essere eseguita entro sei mesi e non più entro un anno).

Nessun intervento di particolare rilievo ha interessato invece la richiesta di sospensione cautelare nel corso del primo grado di giudizio, prevista dall’art. 47, D.Lgs. n. 546/1992 e l’unica ammessa prima della novella legislativa in commento, salvo la previsione (dettata dal chiaro intento di incentivare la snellezza e la celerità del processo tributario) secondo cui “il dispositivo dell’ordinanza deve essere immediatamente comunicato alle parti in udienza”.

De iure condendo, è configurata, dal 1 gennaio 2016, la possibilità di chiedere ed ottenere la sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate in appello e per cassazione.

Ciò in virtù della “necessità di uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare nel processo tributario”.

I giudici tributari, chiamati a vagliare le istanze di sospensione delle sentenze di primo e di secondo grado sfavorevoli al contribuente, non potranno più addurre a giustificazione del diniego la mancanza di una codificazione espressa.

Verrà meno l’incertezza sulla possibilità di chiedere ed ottenere la tutela cautelare anche oltre il primo grado di giudizio.

Anche l’amministrazione potrà chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo o di secondo grado sfavorevole e, in caso di concessione, il contribuente dovrà pagare le somme dovute in pendenza di giudizio di primo grado.

La sospensione della esecutività della sentenza favorevole al contribuente consente la riscossione delle somme esigibili nella pendenza del giudizio di primo grado (variabili a seconda del tipo di tributo).

 

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NOTA

1Se la sospensione cautelare è posta a garanzia di interessi meritevoli di tutela, che devono essere supportati dalla presenza del fumusboni iuris e del periculum in mora, sarebbe quanto mai illogica e contraria al principio della capacità contributiva, sancito anche dall’art. 53 Cost., la mancata facoltà del Giudice di secondo grado di concedere la sospensiva.

Non è conforme a razionalità che la commissione regionale non possa sospendere l’esecuzione della sentenza appellata come avviene nel secondo grado del giudizio civile ed amministrativo, anch’essi caratterizzati dall’identico requisito della generalità di giurisdizione e che “nel solo giudizio tributario il contribuente debba inevitabilmente soggiacere alla sentenza”, pur quando il pregiudizio derivante dall’esecuzione di essa non sia pienamente risarcibile.

 

26 agosto 2015

Ignazio Buscema e Maria Matteo Verdicchio