In sede di verifica fiscale, in caso di accessi ripetuti presso il contribuente è sufficiente una unica autorizzazione o deve essere reiterata?

al Fisco, per accedere (ai fini ispettivi) anche più volte presso i locali in cui opera il contribuente, basta una sola autorizzazione?

Con la sentenza n. 17357 del 16 luglio 2013 (ud. 3 maggio 2011) la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della reiterazione degli accessi.

Nel caso in questione, gli accessi della Guardia di Finanza presso la sede della società erano stati due, a distanza di tempo l’uno dall’altro, e secondo la società l’ordine dei servizio utilizzato per il primo accesso non era valido anche per il secondo, non potendo tale atto avere durata illimitata.

 

LA SENTENZA

L’art. 52, del D.P.R. n. 633 del 1972, prevede per l’accesso dei verbalizzanti nella sede dell’impresa la necessità di un’autorizzazione rilasciata dal capo dell’Ufficio da cui dipendono, “ma non richiede che l’atto sia reiterato per ogni singolo accesso ispettivo, ben potendo essere la autorizzazione rilasciata in via preventiva per una pluralità di accesi ispettivi, quando, come nella fattispecie, l’effettuazione della verifica per la sua complessità richieda più di un atto di questo tipo, non venendo per questo meno la unitarietà complessiva della operazione, nè potendosi ravvisare una lesione dei diritti di difesa del contribuente”.

 

Brevi note

La sentenza che si annota è sostanzialmente conforme alla pronuncia resa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.1444 del 22 gennaio 2013, che ha ritenuto necessaria una sola autorizzazione in presenza di accessi ripetuti (gli accessi della Guardia di finanza presso la sede della società erano stati due, a distanza di tempo l’uno dall’altro, con un unico ordine di accesso). Per la Corte, anche in quel caso, la norma non richiede che l’autorizzazione del Capo dell’Ufficio sia reiterata “per ogni singolo accesso ispettivo, ben potendo essere la autorizzazione rilasciata in via preventiva per una pluralità di accessi ispettivi, quindi, come nella fattispecie, l’effettuazione della verifica per la sua complessità richieda più di un atto di questo tipo, non venendo per questo meno la unitarietà complessiva della operazione, ne potendosi ravvisare una lesione dei diritti di difesa del contribuente (cfr. Cass., n. 16661/2011)”.

Con il termine accesso si suole indicare semplicemente e solamente l’ingresso dei verificatori nei locali ove il contribuente svolge la propria attività, ovvero nei casi e nei modi tassativamente previsti dalla legge, presso l’abitazione del contribuente.

Nella prassi degli uffici il termine accesso è utilizzato per indicare una visita di breve durata presso il contribuente (o nel luogo ove sono tenute le sue scritture contabili), poiché questa modalità istruttoria è comunemente utilizzata per effettuare riscontri e controlli riguardanti “conti” specifici o comunque circostanze ben determinate (in pratica l’accesso breve o mirato sostituisce il questionario in quanto rende più agevole, spedito e snello il controllo, consentendo di constatare, direttamente, le caratteristiche concrete dell’attività svolta).

In generale, viene ora inteso come accesso l’intervento specifico e non protratto nel tempo, finalizzato all’acquisizione di materiale istruttorio e compiuto sulla scorta delle ricerche preliminarmente svolte presso l’ufficio.

L’accesso consente, quindi, di procedere, nei luoghi ove il contribuente svolge la propria attività, a ispezioni documentali, ricerche di atti e documenti, verifiche, e a ogni altra indagine utile ai fini dell’accertamento.

È inoltre possibile accedere presso aziende ed istituti di credito o uffici postali con i quali il contribuente intrattiene rapporti (conti correnti, libretti di deposito…).

I diversi interventi di prassi che si sono succeduti nel corso di questi ultimi anni operano una distinzione tra:

  • accessi mirati, che comportano l’esame della corretta rappresentazione, da parte del contribuente, di fatti e circostanze fiscalmente rilevanti nei documenti contabili e nelle dichiarazioni fiscali, con la conseguente eventuale evidenziazione di recuperi d’imposte non dichiarate;

  • accessi brevi, che si risolvono nel mero reperimento e riscontro di dati.

 

Gli accessi brevi sono ritenuti “finalizzati anche al rafforzamento della presenza sul territorio” (in alternativa alla Guardia di Finanza).

L’accesso da parte dei verificatori può essere effettuato solo con apposita autorizzazione scritta, rilasciata dal capo dell’ufficio che ordina la verifica.

Sul punto si rileva che la Commissione Tributaria Centrale, con decisione n. 5901 del 9 ottobre 1989, ha ritenuto illegittimo l’ordine di accesso impartito telefonicamente, e la Corte di Cassazione, con sentenza n. 15209 del 30 novembre 2000, dep. il 29 settembre 2001, ha statuito che “dall’interpretazione dell’art. 52, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, si rileva chiaramente che esso prescrive un intervento preventivo dell’autorità che deve disporre l’accesso; tale disposizione deve essere data per iscritto, essendo eccezionali le ipotesi in cui l’Amministrazione agisce, con rilevanza verso terzi, con atti meramente verbali. Pertanto, la documentazione, acquisita a seguito di autorizzazione verbale all’accesso nei locali dell’impresa, è inutilizzabile, e, conseguentemente, è nullo l’avviso di accertamento che su di essa si fonda”. E pertanto, conclude la Corte, “dalla violazione delle norme procedimentali in materia di accertamento consegue la inutilizzabilità degli atti compiuti. E tale conseguenza conferma ulteriormente la necessità della emanazione di ordini e autorizzazione in forma scritta e così suscettibili di controllo giudiziario”.

L’autorizzazione deve contenere:

  • il nominativo e i poteri del soggetto che dispone la verifica;

  • l’ordine di accedere;

  • l’indicazione del soggetto da verificare;

  • le ragioni del controllo;

  • le effettive esigenze d’indagine esterna;

  • l’indicazione che la verifica, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, si svolgerà durante l’orario ordinario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento dell’attività stessa nonché alle relazioni commerciali o professionali;

  • le annualità da verificare;

  • la data dell’inizio della verifica;

  • la sottoscrizione del soggetto che autorizza la verifica.

 

In caso di opposizione all’accesso, i verificatori, con l’ausilio della Guardia di Finanza o di altro organo di polizia, possono ugualmente effettuare l’accesso.

In questo caso, il contribuente è esposto alle conseguenze amministrative (art. 11 del D.Lgs. n. 471/97) e penali (art. 337 c.p.p.).

L’art. 35 della L. 7.1.1929, n. 4, tuttora in vigore, dispone che “… gli ufficiali o gli agenti di polizia tributaria hanno facoltà di accedere in qualunque ora negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad una azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche”.

Pur se l’interpretazione letterale dell’espressione “qualunque ora” lascerebbe intendere che l’accesso possa avvenire in qualsiasi ora, per prassi consolidata, l’espressione va legata all’orario di normale apertura delle aziende o altro ufficio.

Ciò significa che, se l’orario normale dell’attività è quello serale o notturno (ristoranti, bar, cinema, discoteche…), l’accesso è permesso anche in tali ore.

Il momento dell’accesso è sempre delicato1, in quanto costituisce il primo momento di effettiva conoscenza dell’azienda, prima rappresentata solo attraverso i dati forniti dall’anagrafe tributaria.

I verificatori, adempiute le formalità di rito (esibizione delle tessere di riconoscimento e autorizzazione del soggetto che ha autorizzato la verifica), procedono, fra l’altro, a:

  • reperire ed acquisire oltre che tutti i documenti contabili obbligatori anche la documentazione extracontabile (brogliacci2, agende, appunti…);

  • acquisire i supporti magnetici rinvenuti e in presenza di mezzi informatici a visionare il programma di gestione e ad analizzare i dati registrati nell’hard disk del personal computer.

 

L’accesso può avere luogo nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali e agricole. Si tratta dei luoghi dichiarati ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 o comunque nei quali si svolge di fatto l’attività e cioè negozi, stabilimenti, filiali, succursali, sedi secondarie, depositi, magazzini e simili.

Ci è di supporto nell’interpretazione della norma l’art. 53 del D.P.R. n. 633/1972 e gli artt. 2135 e 2195 del codice civile, nonché l’art. 55 del T.U. n. 917/86, secondo cui per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale ancorché non esclusiva delle attività industriali, dirette alla produzione di beni e servizi; di intermediazione nella circolazione di beni e servizi; di trasporto, per terra, per aria e per acqua; bancaria o assicurativa; e altre attività ausiliarie alle precedenti.

Sono considerate commerciali, in ogni caso le attività dirette allo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni, ed altre acque interne, mentre, ai fini fiscali, sono considerate commerciali le attività di allevamento di animali, e manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici.

Costituiscono esercizio di attività agricola (art. 32 del T.U. n. 917/1986) nei limiti della potenzialità del fondo, le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura.

Rientrano, altresì, nell’attività agricola quelle relative all’allevamento di animali da mangimi ottenuti per almeno un quarto dal terreno e quelle dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici che rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.

L’accesso presso l’azienda può svolgersi anche in mancanza del titolare3, al quale dovrà poi essere notificata l’autorizzazione all’accesso e tutte le verbalizzazioni eseguite in sua assenza.

È possibile compiere accessi e verifiche anche presso gli autoveicoli ed i natanti adibiti al trasporto di persone, merci in conto proprio o conto terzi intestati all’impresa sottoposta a verifica. La verifica può essere effettuata con lo stesso ordine di accesso rilasciato per i locali destinati all’attività. Per le imprese individuali, devono considerarsi appartenenti alla ditta esclusivamente quegli autoveicoli e natanti inseriti nella contabilità della medesima.

L’accesso presso l’abitazione privata del contribuente4 (tutelata dall’art. 14 della Costituzione) può essere effettuato solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica (come ribadito dalla Corte di Cassazione, fra le altre, con sentenza n. 7368 del 1° aprile 1998, depositata il 27 luglio 1998, e ancora con sentenza n. 9568 del 5 marzo 2007, dep. il 23 aprile 2007) e in caso di gravi indizi di violazione delle norme fiscali, conformemente a quanto disciplinato dal comma 2, dell’articolo 52 del D.P.R. n. 633/1972 (sul punto, cfr. anche il pensiero della Corte Suprema, Sez. I, Civ., Sent. del 1° aprile 1998, dep. il 27 luglio 1998, secondo cui “nel caso di un accesso domiciliare effettuato … in mancanza della prescritta autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non sussiste il consenso del contribuente all’accesso, dato che dal verbale redatto … risultava che l’invito a procedere all’accesso rivolto ai militari operanti era stato formulato dal contribuente a seguito di ripetuti richiami alle conseguenze sfavorevoli che sarebbero derivate da un suo rifiuto di esibire i libri e i registri contabili custoditi nell’abitazione. Le attività tributarie di indagine compiute in dispregio del fondamentale diritto alla inviolabilità del domicilio non possono essere assunte di per sé a giustificazione ed a fondamento di avvisi di accertamento o di irrogazioni di sanzioni a carico di chi quelle attività costituzionalmente illegittime abbia subito, dato che in mancanza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica viene meno la prevalenza dell’interesse fiscale, anche costituzionalmente garantito dall’art.53 della Costituzione, sul diritto del contribuente alla inviolabilità del domicilio“).

E ancora la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9611 del 21 marzo 2008 (dep. l’11 aprile 2008), ha ribadito che l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica all’accesso ailocali, necessaria per entrare in quelli destinati promiscuamente adabitazione ed all’esercizio di attività commerciali, non richiede lenunciazione di “gravi indizi” di violazione delle norme in materia di IVA.Per l’accesso in locali destinati anche ad abitazione non è necessario quindi nessun altro presupposto legittimante, essendo in re ipsa l’accesso preordinato ad una ordinaria attività di ispezione fiscale.

 

2 agosto 2013

Gianfranco Antico

1 Per l’esame della complessa attività cfr. ANTICO-CARRIROLO, La verifica fiscale, Buffetti Editore, Roma, 2012; ANTICO, Le verifiche fiscali: modalità, limiti e garanzie del contribuente, in “Consulenza”, pag. n. 15/2008, 41. Vedi anche ANTICO, Attività di verifica: il valore del processo verbale giornaliero, in “Consulenza”, n. 43/2005, pag. 20.

2 Cfr. sul punto l’interessante intervento di BUETTO, Il contribuente risponde del suo brogliaccio–prima nota, in www.commercialistatelematico.com, Aprile 2008, che nell’esaminare la giurisprudenza di questi ultimi anni, conclude affermando che il contribuente risponde del suo brogliaccio e la Corte di Cassazione ci crede”.

3 Cfr. Cass. sentenza n. 27060 del 9 novembre 2007, dep. il 21 dicembre 2007, secondo cui non ha rilevanza nel processo tributario la violazione dell’art. 33, c. 6, del D.P.R. n. 600/1973 laddove prevede che le operazioni di verifica contabile siano compiute “alla presenza di un responsabile della sede o dell’ufficio”, in quanto tale presenza non integra un diritto della parte al contraddittorio, essendo sufficiente che gli esiti le siano comunicati. Infatti, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, c. 6, non prevede che le operazioni di verifica contabile siano fatte in contraddittorio, mentre il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, c. 6, in materia di Iva (tributo nella specie non in contestazione) stabilisce che il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente, il quale ha diritto di averne copia; ove non sottoscritto, dovrà essere indicata la causa della mancata sottoscrizione. “Le eventuali irregolarità di tale fase amministrativa sono tuttavia estranee al processo tributario in corso, che ha preso avvio dalla notifica dell’avviso di accertamento, derivante da un verbale di constatazione del quale i contribuenti avevano avuto piena conoscenza, avendolo ricevuto, come sottolinea la sentenza impugnata, a mezzo del liquidatore M. il 30.12.96, per cui il diritto di difendersi e di controdedurre delle parti private appare pienamente rispettato”.

4 Cfr. ANTICO, L’accesso domiciliare necessita dell’autorizzazione del magistrato, in “ Azienda&Fisco”, n. 15-16/2008, pag. 56