L'accesso all'abitazione di fatto

al fisco è negato l’accesso all’abitazione “di fatto” del contribuente (ad esempio l’abitazione della convivente) se sprovvisto delle necessarie autorizzazioni

L’accesso per ispezioni e verifiche può avvenire soltanto nel luogo autorizzato dal magistrato ma non può avvenire nell’abitazione della convivente.

La Suprema Corte, con la sent. 22 febbraio 2013, n. 4498, ha ritenuto che in tema di ispezioni o verifiche da parte dell’ufficio finanziario o della GdiF l’autorizzazione all’accesso ex art. 52 Dpr n. 633/72 legittima solo lo specifico accesso autorizzato e non negli altri luoghi dove c’è l’abitazione di fatto.

 

L’art. 52 Dpr n. 633/72 disciplina le ispezioni e le verifiche in tema di imposta sul valore aggiunto, prevedendo l’accesso di dipendenti dell’A.F. o della GdiF nei locali destinati all’esercizio di attivita’ commerciali, agricole, artistiche o professionali. In sostanza, nel D.P.R. n. 600 del 1973 sono previste le attività che possono essere svolte dagli Uffici preposti al controllo fiscale dei contribuenti e le diverse modalità operative connesse.I dipendenti che eseguono l’accesso devono essere muniti di specifica autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal dirigente da cui dipendono. Tuttavia per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica. L’accesso non è consentito al personale che non esibisca l’autorizzazione del procuratore della Repubblica: solo nel caso di gravi indizi di violazioni delle norme del presente decreto, allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture ed altre prove delle violazioni.

 

Nel caso in esame il contribuente ha impugnato alcuni avvisi di accertamento conseguenti a un verbale della guardia di finanza redatto a seguito di accesso presso una abitazione privata. La CTP ha accolto il ricorso in considerazione che l’accesso era stato autorizzato presso l’abitazione del ricorrente e non anche presso l’abitazione di fatto che lo stesso divideva con la convivente. Tale decisione era stata confermato anche in appello.

La SC, nel respingere il ricorso dell’ufficio secondo cui proprio il contribuente “aveva dichiarato di convivere” con la donna, ha ritenuto che l’autorizzazione di cui all’art. 52 Dpr n. 633/72 è stata prevista come filtro all’azione accertativa in materia fiscale per le fattispecie coinvolgenti il domicilio del contribuente. Tale autorizzazione in tema di ispezioni e verifiche, che non rappresenta un mero adempimento formale ma suppone l’accertamento dell’esistenza di specifiche condizioni previste per legge, legittima solo lo specifico accesso autorizzato, essendo la norma di stretta interpretazione (cfr. Cass n. 21779/2011, 19689/2011). Nel merito l’autorizzazione era stata rilasciata dalla Procura per l’accesso in un luogo ben definito (abitazione privata del ricorrente), mentre, in realtà, l’accesso era poi avvenuto nella casa della convivente del contribuente.

Da quanto sopra deriva il principio di diritto secondo cui in caso di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici finanziari dello Stato (o parte della guardia di finanza), l’autorizzazione all’accesso concessa dal procuratore della Repubblica, ex art. 52 Dpr n. 633/72, legittima solo lo specifico accesso in tal senso autorizzato ma non è consentito accedere “in altri luoghi ove si ritenga che l’abitazione debba essere individuata in via di fatto”.

Pertanto, nella considerazione che il domicilio è costituzionalmente inviolabile, la Suprema Corte ha ritenuto che l’accesso effettuato presso l’abitazione della convivente del contribuente non fosse legittimo ed ha rigettato il ricorso dell’ufficio dichiarando la compensazione delle spese.

 

20 maggio 2013

Enzo Di Giacomo